ASPETTANDO LA FASANO-SELVA
Aneddoti e personaggi - 2
Come nasce e si evolve, con fatti e aneddoti raccontati in cinque puntate, la classicissima automobilistica fasanese
Angela Ponzone, abile pilotessa
Nata ad Abano Terme (Padova) nel 1920, laureata in lettere classiche all'Università di Roma con 110 e lode, Angela Ponzone si trasferì a Fasano con la sorella Jole nel 1940. Dieci anni dopo, nel 1950, ebbe in regalo una Vespa. Poi acquistò una Topolino con la quale si spostava quotidianamente a Martina Franca, dove insegnava al liceo classico. Abile guidatrice, fu sollecitata nel 1954 dall'avv. Aquilino Giannaccari a prender parte con la sua macchina alla settima edizione della Fasano-Selva. Dopo una missione di alcuni anni con l'Unesco in Africa, si sposò in Calabria, ove attualmente vive a Villa San Giovanni.
Il manifesto fatto affiggere dal sindaco Maria Chieco Bianchi
Ai corridori che riportano per la terza volta sulle pendici della Selva il canto lieto dei loro motori e la dimostrazione della loro valentìa e del loro ardimento, porgo a nome della cittadinanza un cordiale saluto di benvenuto.
La nostra città, che tanto insistentemente anela a progredire in ogni settore della sua vita economica e sociale, guarda con occhio particolarmente affettuoso a questa manifestazione automobilistica che ogni anno dà rilievo al nome di Fasano di fronte all'attenzione degli sportivi di tutta Italia ed auspica un pieno successo organizzativo, tale da dar vita ad un'altra indimenticabile giornata motoristica. A coloro che giungono da altre città e da altre regioni per recare il loro apporto agonistico alla III Coppa Selva di Fasano vada, oltre al nostro saluto e al nostro benvenuto, anche un cordiale ringraziamento.
Dal Palazzo di Città, 21 agosto 1949
Il sindaco Maria Chieco-Bianchi
Gentildonne “da corsa”
Da un verbale di convocazione alla Casina Municipale del Comitato “Coppa Selva” presieduto da Luigi Amati e dal sindaco Maria Chieco Bianchi, risultano coinvolte nell'organizzazione della gara anche alcune gentildonne fasanesi: le signorine Lina e Ninì Bianco, Antonietta Attoma, Maria Petrella, Lucia e Matilde Russi, Lina Calefati, Elia Saponaro, Luisa Stella, Maria L'Abbate; le signore Cenzina Saponaro, Rita Amati, Maria Albano, Carmela Di Tano, Pia Mancini, Beatrice Di Ciaula, Mabi Di Palma, Maria Ruppi.
Iscrizione in segreto per Sandro Chieco
Nel 1950 il carburante è fornito dagli organizzatori: a fine gara, ai primi tre classificati viene prelevato il campione.
La S.A. Pirello assegna premi in denaro ai primi e secondi di tutte le classi categoria Turismo.
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Questo il testo di una lettera, datata Modena 17-8-1950, con la quale il popolare pilota Giuseppe Ruggiero, proprietario di una Maserati 2000, tratta il suo ingaggio con Luigi Amati per partecipare alla quarta edizione della Fasano-Selva:
«Caro Luigi, sono a Modena in attesa di essere consegnata la Maserati 2000 il cui motore l'ho fatto riparare onde partecipare a Senigallia che è categoria sport. Se non mi dovessero capitare guasti, gradirei molto partecipare a Fasano, prima per salutare tutti i vecchi amici e poi per mantenere la promessa a mio zio S.E. Vitolo l'ultima volta che l'ho visto, ma come sai, le spese sono forti per poter trasportare e accudire una Maserati 2000, per cui mi rimetto nelle tue mani per poter ottenere il massimo rimborso spese che si aggira sulle 200.000. Inoltre ti sarei grato se tu volessi telegrafarmi presso il comitato sportivo automobilistico Senigallia dove mi tratterrò fino a lunedì 28 p.v. Come consigliato da Siciliani a Pescara, scrivo in pari data ad Apruzzi a Brindisi. In attesa, mi è caro salutarti affettuosamente».
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Il passaggio del testimone organizzativo dall'Automobil Club Bari a quello di Brindisi probabilmente non è indolore e suscita l'irritazione dei coniugi Francesco e Maria Chieco, che evidentemente preferiscono disertare la classica fasanese. Il figlio Sandro, però, non vuole perdere l'occasione di gareggiare e quindi viene segretamente iscritto alla gara dal suo grande e fidato amico, Luigi Amati. Ecco il testo di un messaggio manoscritto, datato Bari 24-8-1950, inviato da Sandro Chieco a Luigi Amati tre giorni prima della gara:
«Caro Luigi, stamane nel ricevere la posta ho trovato la tua lettera. In detta lettera apprendo che avete provveduto alla mia iscrizione per la corsa della Selva; quindi vorrei avere la conferma se effettivamente è stata fatta e se è sempre libera per me, inoltre desidererei sapere se è proprio necessario che io faccia la prova ufficiale, perché ci terrei a serbare l'incognito fino all'ultimo momento. Ti prego di rispondermi per mezzo stesso di Panico e ringraziandoti di tutte le attenzioni che mi usi, cordialmente ti saluto. Sandro».
Venuta a conoscenza della cosa, Maria Chieco, il giorno dopo, invia da Bari il seguente telegramma al “povero” don Luigi, trovatosi suo malgrado fra l'incudine e il martello:
«La tua sensibilità non ti ha suggerito astenerti nota corsa. Pregoti non influenzare tue pressioni mio figlio. Maria Chieco».
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Questo invece il testo con il quale Aurelio Lorenzetti, miglior pilota barese dal 1948 al 1954 (anno in cui cessò la sua attività per motivi di salute), nonché meccanico preparatore (titolare del “Garage Adriatico”, importante officina meccanica in via Dante a Bari), assicura a Luigi Amati la sua partecipazione alla gara:
«Gent.mo dottor Amati, gradita la sua cordiale lettera, poi le racconterò gli incidenti impensati avuti durante il circuito di Enna. Sarò presente come sempre alla sua gara, sabato mattina sarò a Fasano sperando questa volta di avere un poco di fortuna. Gradisca distinti saluti.
Aurelio Lorenzetti».
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Il comitato esecutivo del 1950 vede in prima linea, oltre ai componenti del consiglio direttivo e della commissione sportiva dell'Automobile Club di Brindisi, anche quattro fasanesi: l'avv. Vittorio Saponaro, l'ing. Michele Bianchi, il dott. Beniamino Pepe e don Cataldo Melpignano.
E dopo la corsa... tutti a pranzo
Ecco il testo dell'invito recapitato ad autorità e piloti per il pranzo ufficiale organizzato dopo la gara e per la cerimonia di premiazione:
Gli Automobile Clubs di Bari e di Brindisi si onorano invitare la S.V. ad intervenire al pranzo ufficiale che avrà luogo alle ore 13.30 del 23 agosto, alla Selva di Fasano, dopo la disputa della gara automobilistica nazionale
2º Trullo d'Oro
6ª Coppa Selva di Fasano
nonché alla festa della premiazione, alle ore 22, nei giardini della Casina Municipale della Selva.
La Selva di Fasano dovrà essere raggiunta alle ore 8 del mattino del 23 agosto, dato che a tale ora avrà inizio la chiusura del percorso, con conseguente arresto totale del traffico su tutta la rete stradale interessata.
La Topolino di Luigi Pepe
Luigi Pepe (1922-1991), funzionario del Comune di Fasano, coltivò sin da giovane una grande passione per i motori. E poiché, non ancora ventenne, già lavorava, non ebbe difficoltà ad acquistare una motocicletta e un'automobile, sia pure usate. Proprio con la moto fu vittima di un grave incidente sugli ultimi tornanti della Selva, in seguito al quale gli rimase una leggera zoppìa. Una Topolino “balestra corta”, prestigiosa vettura Fiat degli anni '50, fu l'auto scelta da Luigi: erano tempi duri, quelli del dopoguerra, e il possesso di una macchina, sia pure utilitaria, non era alla portata di tutti. Per la sua passione sportiva, Pepe era un frequentatore assiduo delle poche officine dell'epoca, ove nacque l'amicizia con abili meccanici: Agostino Di Bari (futuro gestore del Teatro Kennedy), Vito Sibilio e Achille Boggia. La Topolino di “don Luigi”, nella mani di tali esperti, venne preparata a puntino per prendere parte alla Fasano-Selva del 1954, sotto la spinta di Luigi Amati e Maria Chieco Bianchi.
Samuele Renna, l'automobile nel Dna
Nato nel 1928 con la passione per i motori nel Dna, essendo figlio di un meccanico, Lorenzo, che aveva l'officina in via Roma, Samuele Renna corona il suo sogno di cimentarsi col brivido delle gare nel 1954, dopo aver acquistato una Topolino. Sollecitato da Onorato Mancini, per l'occasione affida la preparazione della sua macchina all'esperto Mondino Ventrella. Si classifica al settimo posto: non avendo brillato nel tratto cronometrato da Cisternino a Ostuni, dove arriva nono, recupera sui tornanti della Selva, dove riesce a far segnare il sesto tempo nella classe Turismo 750. La sua dedizione al mondo automobilistico si concretizza poi anche nel lavoro: apre infatti un fornitissimo negozio di autoricambi.
Danze e fisarmoniche alla Casina
Fasano-Selva vuol dire, da sempre, anche mondanità. Così, in onore dei piloti, sabato 28 agosto 1954 si tiene nella Casina Municipale una serata danzante con gli ospiti Rossella Del Rio, Gemmj (sic) De Carolis e il quintetto del maestro Sabatino. Domenica 29 agosto, inoltre, ancora un intrattenimento alla Casina con un concerto di fisarmonicisti di fama nazionale.
Gli anni rombanti di Onorato Mancini
Come vivevano i fasanesi le prime edizioni della corsa? Abbiamo sollecitato i ricordi personali del 78enne Onorato Mancini, bancario in pensione, che nei primi anni '50 fu il giovane pilota che più degli altri si distinse nello sfrecciare con la sua Cinquecento sui tornanti silvani.
«La gara era considerata una grande festa di paese, come una sagra alla quale tutti partecipavano – ricorda Onorato quasi con commozione –. Non a caso il centro del paese nei giorni della corsa era tutto imbandierato col tricolore. In quella settimana tuto era vissuto in funzione della corsa: le normali attività subivano un fermo quasi totale. La gara aveva raggiunto momenti di intensità superiori persino a quelli della festa patronale. Allora Fasano non era la città turistica di oggi, non aveva gli alberghi. Ospitare i piloti che arrivavano nella nostra città creava seri problemi logistici, che gli organizzatori risolsero brillantemente coinvolgendo gli stessi cittadini fasanesi. I proprietari di ville alla Selva venivano tutti interpellati: ospitavano i piloti forestieri per qualche giorno nelle loro abitazioni, offrendo vitto e alloggio. Tanti erano costretti a trasferire per l'occasione letti e materassi dalle abitazioni di Fasano alla Selva per poter dare la giusta accoglienza ai piloti forestieri. Nella prima edizione, dopo la gara, vi fu una cena di gala nel giardino della villa di mio zio Donato Mancini, di fronte all'attuale pizzeria “Pappone”: camerieri di un famoso ristorante barese servirono un pasto favoloso. Da Bari erano stati portati alla Selva anche tavoli, sedie, tovaglie e posate. Negli anni successivi si svolsero tante serate di gala, con cantanti d'eccezione, alla Casina Municipale».
La corsa ebbe facile presa sui cittadini: Fasano aveva pure una solidissima tradizione di bravi meccanici...
«Molti meccanici locali si sono affinati o sono stati conosciuti proprio in conseguenza della Fasano-Selva. Allora i regolamenti consentivano al dilettante e all'appassionato pilota di fare da sé, apportando le migliorie necessarie ad aumentare la potenza dei mezzi. All'epoca, ogni meccanico appassionato di auto da corsa dava sfogo alle sue fantasie. Si creava una sorta di simbiosi fra pilota e meccanico per tirare il massimo dalla prestazione della macchina. Nei primi anni Cinquanta ricordo che Ariosto Carrieri era uno dei meccanici più preparati. Anche lui si cimentò in una Fasano-Selva, utilizzando la macchina che si era fatto prestare dal vescovo di allora! Della mia stessa età era Mondino Ventrella, che mi ha sorretto come meccanico per tanti anni. Veniva dalla scuola dello zio, Vito Ventrella. Anche il padre di Enzino Gallo, Giovanni, autista di piazza, si cimentò per un paio di anni nella Fasano-Selva. I meccanici fasanesi andavano per la maggiore in tutto il Meridione: si era creato un vero dualismo con quelli baresi».
Nei primi anni '50 il pilota fasanese che riuscì a dare più soddisfazioni fu proprio Onorato Mancini...
«Non voglio peccare di immodestia, ma qualche soddisfazione me la sono tolta. Correvo con una “Cinquecento B”. Era uno dei primi tipi della Cinquecento; aveva ancora il balestrino dietro ma presentava una delle prime innovazioni sul motore della prima serie: la testata con valvola in testa (il modello precedente era con valvole laterali). Questa innovazione permetteva migliori prestazioni, ma era pericolosissima, perché era una macchina che camminava sulle balestre, strettissima di carreggiata. Il mio exploit per la verità non lo ebbi alla Fasano-Selva ma al “Trofeo Trullo d'Oro”, che nel 1952 prese il posto della Fasano-Selva. Era una gara che coinvolgeva l'intera zona dei trulli e comprendeva, nel finale, anche il tracciato della Fasano-Selva. Erano 100 chilometri: li percorsi in un'ora e 8 minuti. Una cosa incredibile per una macchina che sviluppava al massimo dai 110 ai 112 km orari. La mia auto era preparata da Mondino Ventrella. Disputai la mia ultima gara nel 1962».
È vero che all'epoca il mezzo meccanico veniva provato e riprovato lungo il percorso nelle settimane precedenti?
«Certo. Nelle notti che precedevano la gara tantissimi giovani fasanesi non andavano a dormire. Si appollaiavano lungo il percorso nelle curve più importanti e aspettavano noi piloti, soprattutto locali, che approfittavamo della strada libera per provare i mezzi. I tornanti erano come un palcoscenico, e di appassionati ne arrivavano anche tanti dai centri vicini. Quasi si bivaccava per tutta la notte: si portava qualcosa da mangiare e da bere, si passavano ore e ore a discutere su chi era più bravo, sul pilota più spericolato, sulle prestazioni delle macchine. Erano tanti gli appassionati che entravano nelle officine per vedere all'opera i meccanici sulle auto».
Quali erano le macchine più spettacolari?
«La più ambita era il famoso “Alfone”, un'Alfa Romeo 1900 in dotazione alla Polizia Stradale. Prima di quella, una macchina che primeggiava spesso era l'Aprilia, una velocissima 1600 della Lancia. Sono state auto pionieristiche nella velocità».
Anche il percorso era diverso: nelle prime edizioni la linea di partenza era nel centro cittadino...
«La prima edizione prese il via dalla Villa Comunale, le altre da corso Garibaldi o piazza Ciaia: le macchine sfrecciavano in piazza Ciaia e, attraverso via San Francesco, si immettevano in via Taranto. Un'altra volta, in occasione del Trofeo Trullo d'Oro, la gara, partendo dalla piazza vicino alla sede dell'Azienda di Soggiorno, scendeva per corso Garibaldi fino a Savelletri. Proprio in quell'occasione fu inaugurata la strada che da Savelletri porta a Torre Canne. Quando si partiva da corso Garibaldi, moltissime macchine andavano a sbattere già alla prima curva, in piazza, vicino al cosiddetto “Circolo dei Galantuomini”. Poi, per evitare il blocco del centro cittadino, la partenza fu trasferita in via Taranto, all'altezza della Posta. Infine, sempre più lontano dal centro abitato, vicino al campo sportivo, e successivamente sotto il Sacro Cuore».
Nelle prime edizioni la strada era molto stretta. Quali erano le curve più pericolose?
«Oggi tante curve sono state completamente eliminate dal tracciato. La più difficile negli anni Cinquanta era quella del Sacro Cuore: dopo un lungo rettilineo si affrontava quella curva, dove puntalmente tanti finivano fuori strada perché si arrivava a forte velocità. Altre curve insidiosissime erano la Madonnina e la Vernesina, dove molti si “cappottavano” (allora le gomme erano strette e alte). L'arrivo era fissato quasi vicino al Ristorante “Il Fagiano”. Era uno spettacolo per i villeggianti silvani. Ora da molti di loro la gara viene ritenuta un “fastidio”, anche per l'inciviltà di alcuni spettatori che invadono le proprietà private senza il minimo rispetto per le cose altrui».
Chi, allora, poteva permettersi il lusso di disputare le gare automobilistiche?
«Per correre con le auto c'è sempre stato bisogno di molto denaro. Già possedere una macchina e farla elaborare comportava esborsi alla portata di pochi. Io potevo permettermelo, perché disponevo dell'entusiasmo e dell'aiuto di altri. Per l'acquisto della mia Cinquecento spesi 700 mila lire. Ma per la sua preparazione ho avuto sempre l'aiuto dei meccanici. Il balestraio Nicola Tasselli, un grande esperto nel settore, mi preparava quasi gratis le balestre in acciai speciali. Spesso le gomme ci venivano regalate dalle case produttrici. Io ebbi un treno di gomme dalla Firestone, che era all'inizio della sua attività produttiva. Si riusciva a gareggiare più con l'entusiasmo che col danaro, perché anche una spesa di 100 mila lire non era possibile a tutti. Ho concluso la mia carriera di pilota a 33 anni, dopo un doppio “cappottamento” subìto nei pressi del Canale di Pirro. Ero alla guida di una 850 Abarth: un motore troppo potente in confronto alla struttura della macchina. Rimasi ferito ad una gamba: gli impegni di lavoro in banca, però, non mi consentirono di stare a riposo. Fui costretto a tornare al lavoro, seppure con la gamba ingessata...».
di Redazione
06/06/2013 alle 00:26:58
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