DIFESA PUBBLICA
Marco Schiavone: 'Non ho assolutamente colpito l'arbitro con una testata'
Il calciatore del Savelletri squalificato per cinque anni si difende, in una nota, dalle accuse riportate nel referto arbitrale
FASANO - Cinque anni di squalifica per aver colpito con una testata l'arbitro. Questo è quanto riporta il giudice sportivo che, in un certo senso, ha posto la parola fine alla carriera calcistica di Marco Schiavone, giocatore del Savelletri ed ex Fasano. Ma il calciatore non ci sta e affida ad una lunga nota la sue difesa.
«E' giunto il momento - afferma Schiavone - di rendere chiaro quanto accaduto. Quello che la maggior parte delle testate giornalistiche hanno riportato in merito ai fatti avvenuti allo stadio di Montalbano, seppur in parte vero, per altri versi invece si dissocia completamente dalla realtà. La prima cosa che ci tengo a fare è scusarmi pubblicamente dell'unico gesto di cui sono realmente responsabile, ovvero l'essermi avventato contro l'arbitro a seguito di un ingiustificato - a mio avviso - cartellino rosso. Gioco a calcio dall'età di dieci anni, è sempre stata la mia più grande passione coltivata tra le strade e la piazza del mio paese, Savelletri, e so quanto importante sia il valore di questo sport e quanto sbagliati siano messaggi del genere, come quello di cui mi sono reso protagonista. Di questo me ne scuso, seppur consapevole che poter perdere la lucidità è un qualcosa che può accadere a chiunque».
«Ma la cosa più importante, dopo aver riconosciuto il mio errore - afferma Marco Schiavone -, è smentire totalmente il gesto che mi è stato attribuito dal direttore di gara e dal giudice che mi ha punito con la squalifica di cinque anni. Non ho mai, e sottolineo mai, dato una testata all'arbitro. Mi sono avventato contro il direttore di gara portando le mie mai ad altezza del suo collo, ma essendomi reso conto di quello che stavo facendo, ho avuto la prontezza di fermarmi, invitato a farlo anche dai miei compagni di squadra. Sarebbe bello poter pagare per quello che ho fatto, e non per le mistificazioni degli eventi accaduti, perché così come riconosco il mio errore, al tempo stesso riconosco quello che mi ha sempre contraddistinto. Un carattere buono, conciliante e sempre pronto all'ascolto. E questo, e ne sono convinto, potrebbe testimoniarlo chiunque ha avuto la fortuna di conoscermi e giocare con me. Cinque anni di squalifica mi sembrano non solo un'esagerazione ma un accanimento che nulla ha a che fare né con il senso di giustizia, né tantomeno con i valori che questo sport da sempre ci insegna. Tipo quello della lealtà e dell'onestà, soprattutto intellettuale».
di Redazione
10/02/2018 alle 06:13:08
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