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Tra reale e virtuale: il lato scuro del mondo dei videogames
In Italia i gamers sono arrivati alla cifra record di 29 milioni. In pratica un italiano su due ha la passione dei videogiochi. Questo nuovo tipo di passatempo ha coinvolto tutto. Si stima, infatti, che solo il 51% dei giocatori sia di sesso maschile.
FASANO - Secondo i dati pubblicati dall'AESVI (l'associazione che riunisce tutti gli editori più importanti del settore dei videogiochi), il giro di affari è arrivato a 952.000 euro, con un incremento del 6.9%.
Quello che stupisce, è che a giocare maggiormente, non siano gli adolescenti o i giovani, bensì gli adulti (fascia compresa tra i 35 e i 44 anni) con il 24.3%. Molti genitori, infatti, decidono di giocare con i figli perché reputano i videogames ottimi strumenti per esaltare alcune qualità come l'intuito e l'osservazione.
Il mondo dei videogames ha, però, un lato oscuro. Potremmo definirlo un vero e proprio processo di dipendenza. Questo si crea quando un gamer non riesce più a scindere la realtà dal virtuale. Di fatto, l'individuo, inizia a manifestare un comportamento ossessivo-compulsivo verso la tecnologia che lo spinge ad estraniarsi dal mondo che lo circonda. Chiusi nella loro stanza e attaccati al computer, o ad un altro strumento elettronico, gli individui perdono di vista gli affetti e le attività di ogni giorno, smettendo letteralmente di vivere.
Questo tipo di disturbo si manifesta soprattutto con i giochi di ruolo online multiplayers. Con essi, il gamers inizia ad immedesimarsi nel proprio avatar, non riuscendo più a scindere sé stesso dal personaggio del gioco. Per lui, il mondo virtuale è quello reale e non concepisce alcun tipo di relazione al di fuori di esso. Questo significa che gli altri giocatori (distanti migliaia di chilometri e che non ha mai visto) vengono classificati come “amici” o “nemici” in base al ruolo che recitano nel gioco e non ad un effettivo legame con l'individuo in sé.
L'ultimo esempio di “follia ludica” è relativo a Pokemon Go. Il gioco giapponese è stato causa di numerosi incidenti, appunto perché i giocatori, erano talmente assorbiti dalla ricerca dei Pokemon da dimenticarsi totalmente di camminare e agire nel mondo reale. Così vi sono stati incidenti in montagna o al mare, alcuni anche con gravi conseguenze.
Come riconoscere i soggetti affetti da questa particolare “febbre del gioco”? Sintomi frequenti sono legati alla distrazione, al tempo passato di fronte al computer e, soprattutto, a “crisi d'astinenza” che il soggetto manifesta quando non sta giocando. Queste crisi possono manifestarsi anche in attacchi di rabbia nel momento in cui gli viene tolta la possibilità di giocare.
È chiaro che questi sintomi si manifestano per lo più in soggetti già di per sé vulnerabili. Si tratta di individui con problemi relazionali e con disagi psico-fisici. Vi è però un'altra categoria da tenere sotto osservazioni: sono coloro che hanno la mania di essere competitivi ad ogni costo e in ogni campo. Anche questi, infatti, possono sviluppare un disturbo ossessivo-compulsivo , spinti dalla voglia di essere migliori in un dato gioco.
Non esiste una cura a questo tipo di patologie, perché non si tratta di vere e proprie malattie, ma, piuttosto, di una forma di “bipolarismo tra reale e virtuale”. Gli studiosi consigliano, per evitare rischi, di dare (o darsi) delle regole di consumo del gioco. Per questo sono consigliabili lunghe pause che permettano al soggetto di staccarsi dalla realtà fittizia e di immergersi in attività sociali reali.
Questo implica anche un uso risotto del telefonino nel momento in cui si è fuori. Insomma, il rimedio alla patologia è fare quello che tutti facevano prima dell'avvento del computer.
Come direbbe il professor Keaton: “vivere con saggezza, in profondità, succhiando tutto il midollo della vita, [...] per sbaragliare tutto ciò che non era vita e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”.
di Redazione
27/08/2016 alle 19:44:02
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