POLITICA
Legrottaglie: L’Italia è una e indivisibile, noi sempre più cittadini d’Europa pronti a raccogliere migliaia di firme a Fasano per abrogare l’autonomia differenziata
La consigliera comunale e membro dell’assemblea regionale del Partito Democratico della Puglia interviene in risposta al comunicato di Fratelli d'Italia sull'autonomia differenziata
Fasano - Questa la nota stampa della consigliera comunale e membro dell'assemblea regionale del Partito Democratico della Puglia Loredana Legrottaglie:
«Leggo con interesse il dibattito sulle ragioni che spingono Fratelli D'Italia a difendere una proposta di legge scellerata andando a rispolverare vecchi falsi storici che mi preme chiarire ai lettori. Il Titolo V è quella parte della Costituzione italiana in cui vengono “disegnate” le autonomie locali: Comuni, Province e Regioni. L'attuale struttura di queste ultime deriva da una serie di riforme del Titolo V cominciate negli anni Settanta e terminate con la riforma del 2001 (approvata con una maggioranza di centrosinistra e poi confermata da un referendum). Lo scopo di tutte queste riforme, compresa quella del 2001, era dare allo Stato italiano una fisionomia più “federalista”, nella quale i centri di spesa e di decisione si sarebbero spostati dai livelli più alti, lo Stato centrale, a quelli più locali, “avvicinandosi” così ai cittadini. La riforma del Titolo V della Costituzione richiamata nella nota stampa fu frutto di un percorso parlamentare iniziato dal governo Prodi, proseguito durante il governo D'Alema e ultimato durante il secondo governo Amato. E qui sfatiamo il primo falso storico che attribuisce all'allora leader dei Democratici di Sinistra esclusive responsabilità sul tema. La fase storica che vide poi questi Governi attivarsi per l'approvazione della proposta di modifica costituzionale era estremamente delicata e ne giustifica in parte le scelte. Come non ricordare le proteste secessioniste della Lega di Umberto Bossi che spingeva per la secessione e l'impulso federalista sul Governo messo in atto dalle Regioni del Nord?. Questo però non significa che i partiti oggi all'opposizione, tra cui il Partito Democratico, non possano legittimamente essere contrari ad alcuni aspetti specifici con cui l'attuale Governo intende proseguire il percorso arrivando a cedere ben 23 materie di competenza dello Stato. L'Italia non è uno stato federale, diciamolo una volta per tutte. Diciamo anche che la scelta di intercettare le richieste pressanti delle Regioni del Nord nel 2001 non fu opportuna e gli anni ne hanno dimostrato i tanti, troppi elementi di debolezza. La riforma del Titolo V è piena di pecche emerse negli ultimi 20 anni, incongruenze normative che solo la Corte Costituzionale ha potuto arginare in una conflittualità permanente che si è innescata da allora fra Stato e Regioni. Oggi possiamo dire con certezza che quel processo non ha provocato i risultati sperati, ne tantomeno diminuito il divario tra Nord e Sud. Il disegno di legge approvato dal Governo Meloni lo scorso 19 giugno in Parlamento, frutto di un “baratto” politico che accontenta Salvini per ottenere in contraltare il sostegno sul Premierato fortemente voluto dalla Meloni, stabilisce i principi e le procedure che dovranno essere seguiti da Governo e Regioni in un eventuale percorso per concedere maggiore autonomia a queste ultime. Proprio questi principi e procedure sono opachi e fortemente criticabili non solo dai partiti di opposizione ma da tanti costituzionalisti. A tale quadro di notevole incertezza, si aggiunge il nodo della perequazione infrastrutturale che è oggi quasi priva di fondi. Se originariamente vi erano 4,6 miliardi di euro, con i disegni di legge nn.13, 44 e 145 del 2023, ad oggi la legge di Bilancio per il 2024 ha definanziato il fondo di perequazione riducendone l'importo a soli 900 milioni di euro. Anche per queste ragioni le cinque Regioni governate dal centro-sinistra, Puglia, Campania, Sardegna, Toscana ed Emilia Romagna stanno procedendo nel presentare ricorso alla Corte Costituzionale in quanto l'autonomia differenziata violerebbe l'art. 2 della Costituzione che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. La nota di FI fa riferimento a modifiche fortemente volute a garantire i LEP (livelli essenziali di prestazione) ma non dice che sono previste clausole finanziarie che ne impediranno di fatto la realizzazione. Cito testualmente: “Dall'applicazione della presente legge e di ciascuna intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il finanziamento dei Lep sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard è attuato nel rispetto degli equilibri di bilancio.” Quindi senza soldi per i Lep come si potrà garantirli? (e qui sfatiamo la seconda falsità) Cedute le 23 materie cosa rimane allo Stato centrale? E se il residuo fiscale rimane nelle casse regionali il debito pubblico chi lo pagherà? Come vedete le incognite sono innumerevoli e sarebbe inopportuno dilungarmi in tecnicismi. Noi lo ribadiamo, l'Italia è una e indivisibile e questa legge fa prefigurare un disastro sociale di portata storica. Risulta ridicolo usare a pretesto una modifica del 2001 fatta in un quadro storico differente. Oggi serve più Italia per essere più Europa. Non servono tante “Regioni stato” ma più Stato. Per questo a Fasano raccoglieremo migliaia di firme che dovranno centuplicarsi per diventare milioni in tutta Italia. In un mondo che deve sovranazionalizzarsi per dare più forza all'Europa non ci si può differenziare Regione per Regione su temi tanto sensibili. Lo diremo con forza nei prossimi mesi e siamo già impegnati per abolire con la campagna referendaria questo annunciato disastro normativo».
di Redazione
23/07/2024 alle 06:42:38
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