EDITORIALE
Odiare, seduto al PC, comincia a costar caro
La condanna di Romano Bianco, per offese sul web, impone qualche riflessione sulla consolidata abitudine di sfogare i propri peggiori istinti tramite i social, pensando di restare impuniti
Fasano – La condanna nel giudizio di primo grado subita da Romano Bianco, uno dei più assidui e dissacranti frequentatori del web, sarà utile a far capire a tanti “diffamatori”, “sapientoni” e “infallibili profeti” che comincia a restringersi la possibilità di sfogare i propri peggiori istinti tramite i social, pensando di restare impuniti.
La vicenda è nota, Romano Bianco durante la campagna elettorale del 2016 si era particolarmente distinto sulla sua bacheca Facebook nell'attaccare il candidato sindaco Giacomo Rosato e la candidata di Fasano Democratica, Loredana Legrottaglie, che sosteneva Rosato. Entrambi si rivolsero all'autorità giudiziaria sporgendo querela nei confronti di Bianco: con la Legrottaglie è stata concordata una transazione; Giacomo Rosato invece non ne ha voluto sapere ed è andato sino in fondo al giudizio. Ora, sia pure a distanza di tre anni, è arrivata la condanna penale. A determinarla, secondo il giudice Francesco Cacucci del Tribunale di Brindisi, è stato il fatto che Bianco aveva deformato il logo dell'azienda di Rosato “Banco Metalli Italiano”, che si occupa di acquisto di oro e argento, nella scritta “Brutto Mestiere Italiano”, usando gli stessi caratteri e gli stessi colori del logo. La sentenza ha previsto il pagamento di mille euro di multa e il pagamento altresì di 960 di spese processuali sostenute per il giudizio per ciascuna delle parti civili oltre a una provvisionale di 1.000 euro.
Dopo il processo penale, ora la vicenda si sposta nelle aule del Tribunale Civile che dovrà quantificare i danni subiti dal Rosato. E si tratterà probabilmente di cifre a cinque zeri.
Per la cronaca, Giacomo Rosato è assistito dagli avvocati Ylenia Lorè e Giuseppe Palazzo, mentre il Banco Metalli, è difeso dall'avv. Gianmichele Pavone.
L'augurio è che questa sentenza serva da deterrente ai tanti professionisti dell'uso distorto del Photoshop, fautori della menzogna e della diffamazione sul web, che quotidianamente sono impegnati nel provare a infangare la reputazione di chi non la pensa come loro o, in altri casi molto frequenti, dell'avversario politico che si vuole abbattere.
Ma che i tempi stiano cambiando per chi pensa di dire tutto quello che gli passa per la testa sul web, senza rendersi conto delle diffamazioni provocate e dei guai giudiziari a cui si espone, lo testimonia un'iniziativa lanciata con l'hasthtag #OdiareTiCosta.
È di questi giorni la notizia che l'avvocato Cathy La Torre dello studio Wildside Human First Legali Associate con sede legale a Bologna e la filosofa siciliana Maura Gancitano di Edizioni Tlon hanno lanciato la campagna #OdiareTiCosta, un hashtag ma soprattutto un team di professionisti di diversi ambiti che aiuteranno le vittime di hate speech ad avere giustizia, nella forma di un risarcimento economico che, si spera, possa disincentivare a lungo termine i comportamenti scorretti sui social.
«L'iniziativa nasce da Wild Side e Tlon proprio per tenere insieme la strategia giuridica e il dibattito pubblico su questo tema, dunque non si tratta solo di una campagna mediatica, ma di una pratica che vogliamo rendere epidemica – ha spiegato Maura Gancitano in una intervista al Tgcom24 –. Lo scopo è permettere a chi riceve commenti di odio sui social di tutelarsi e a chi ha l'abitudine di insultare e minacciare online di percepire che ciò che sta facendo è illecito. Le cause legali su questo fenomeno sono poche, costosissime, lunghe, quindi non alla portata di tutti. “OdiareTiCosta” vuole semplificare le procedure e cambiare il modo in cui si percepisce ciò che accade sul web».
Il team è composto da avvocati, esperti forensi, hacker etici, investigatori privati ma anche filosofi, scrittori, divulgatori.
«“OdiareTiCosta” – ha affermato poi l'avvocato Cathy La Torre– è una rivoluzione culturale e giuridica applicabile a chiunque sia vittima di offese, ingiurie, frasi impronunciabili. Il senso che vogliamo trasmettere è che anche essere offesi gravemente una sola volta ci rende vittime di odio e perciò meritevoli di tutela legale. Quindi è rivolto a chiunque, ragazzi, minorenni, donne, uomini che ogni giorno subiscono sui social offese indicibili magari solo perché esprimono un'opinione in dissenso con la cultura dominante».
C'è da augurarsi, ma ci speriamo poco, che prima di scrivere le più grandi corbellerie, ci si fermi un attimo a riflettere…
di Gianni Mastro
23/07/2019 alle 18:06:42
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