INCONTRO CULTURALE
Peppino Mancini, attore di successo e uomo fasanese di valore
Ieri pomeriggio (giovedì 13 marzo) l'Università del Tempo libero ha organizzato un appuntamento per raccontare la carriera e l'umiltà dell'attore teatrale e televisivo
FASANO – Il teatro fissa emozioni e sentimenti, mettendo in scena le storie degli uomini d'ogni tempo accomunati da passioni ed istinti mondani: proprio grazie a quest'arte antichissima, metafora della vita, molti personaggi sono stati eternati e altrettanti attori sono stati consacrati dal grande pubblico. Tra i professionisti del palcoscenico del secolo scorso, vi è il fasanese Peppino Mancini, protagonista di numerose pièces di successo e dei primi filmati televisivi in bianco e nero in onda sulla Rai a cavallo degli anni '60.
Ieri pomeriggio (giovedì 13 marzo) la locale Università del Tempo Libero ha organizzato, col patrocinio del Comune, un appuntamento per omaggiare la figura del celebre concittadino: nell'incontro, che rientra nella rassegna “I giovedì culturali: omaggio alla cultura fasanese”, sono intervenuti la prof. Palmina Cannone, il consigliere regionale Antonio Scianaro, il sindaco Lello Di Bari, il presidente dell'Utl Antonio Carbonara, Armando Bianco (fondatore del gruppo teatrale amatoriale “Peppino Mancini”) e i figli dell'attore, Antonietta e Donato.
Peppino Mancini, nato a Fasano nel 1919, si laureò in legge ma dimostrò nel tempo l'amore e la forte propensione per il teatro: nonostante la disapprovazione dei genitori, infatti, per quattro anni (dal 1945 al 1949) egli frequentò la Scuola del Piccolo Teatro di Bari e studiò al Centro Universitario Teatrale; ebbe modo, così, di esibirsi al Piccinni ed anche al Teatro Sociale fasanese, dimostrando un grande talento che si riversò nei drammi più famosi rappresentati al Petruzzelli (ad esempio, l' “Antigone”, in cui Mancini impersonò il crudele Creonte).
L'attore fasanese ebbe una personalità poliedrica; attorno agli anni '50 si trasferì a Roma per le prime esperienze televisive e di prosa radiofonica: una tra le testimonianze più belle di quel periodo è la lettura appassionata del XXXIII canto dell'Inferno dantesco (il racconto del conte Ugolino). Negli ultimi anni di vita, tuttavia, Peppino Mancini tornò al suo primo amore, e dopo aver fatto parte del Teatro Stabile di Prosa di Bari, della Compagnia dei Giovani di Roma e degli Studi di Napoli, recitando anche in spettacoli di spessore come “Sei personaggi in cerca di autore” di Pirandello o “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, si spense prematuramente nel 1976 a causa di un arresto cardiaco.
Tutta l'attività dell'attore fasanese si basava su uno studio duro e continuo, ma non mancarono per lui le gioie del matrimonio con Pia (figlia di Damaso Bianchi, colui che fece costruire il Minareto alla Selva) e le giornate trascorse nelle campagne fasanesi di Masseria Casaburo. Peppino Mancini fu arruolato anche in guerra per un anno durante il secondo conflitto mondiale ma, nonostante la frenesia della sua professione e i regolari viaggi di lavoro, i due figli Antonietta (psicologa) e Donato (giornalista) lo ricordano sempre come un «padre affettuoso, presente, modello di valori e di operosità: un uomo d'altri tempi che ha inseguito i propri sogni creando una bella famiglia e facendosi stimare da tutti i concittadini».
Dopo tanti sacrifici, il mestiere del teatro è riuscito a rendere immortale il nome e l'esempio di Peppino Mancini, un professionista che con la sua arte ha onorato Fasano.
di Antonella Argento
14/03/2014 alle 07:00:25
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