GAT PEPPINO MANCINI
Nunca Más: il dramma argentino del GAT Peppino Mancini al Teatro Sociale
Ieri 23 maggio l’opera della “Peppino Mancini”, nata dalla ricerca storiografica di Irene Sansonetti, ha scosso il pubblico – Ottima prova di drammaturgia per Gerry Moio
Fasano - Mai più, nunca más: l'urlo di chi è sopravvissuto alla strage dei desaparecidos divenne un rapporto nel 1984, redatto dalla Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas (CONADEP), e riportò testimonianze di torture, sequestri ed eliminazione di persone invise al regime militare di Videla.
Dalla ricerca storiografica di Irene Sansonetti, avviata prima della pandemia, è nata un'opera per il teatro, Nunca Más, a cura del G.A.T. “Peppino Mancini” che ha visto Gerry Moio come drammaturgo e Mimmo Capozzi alla regia. Ieri 23 maggio al Teatro Sociale, con replica oggi 24, sul palco hanno dato un'ottima prova attoriale Danilo Angiolino, Federica Colucci, Ketty Loconte, Alessandro Leogrande e lo stesso Gerry Moio.
L'atmosfera è cupa, tetra: in una lugubre redazione il giornalista Nahuel Echeverri (Gerry Moio) sta conducendo un'inchiesta che, come lui stesso la descrive, ha più il sapore di un “horror tour” argentino. In secondo piano, seduto a una scrivania, il giornalista scrive dei desaparecidos, ma il tono e le parole appaiono più come un'accusa alla coscienza dei singoli che una testimonianza dell'orrore della strage. Quattro sedie davanti a lui, quattro testimonianze: donna Taty (Ketty Loconte), madre del desaparecido Alejandro, Pablo Diaz (Alessandro Leogrande), giovane sopravvissuto alla Notte delle matite, l'ufficiale della marina Adolfo Scilingo (Danilo Angiolino) e la giovane Victoria (Federica Colucci), figlia adottata da due militari del regime di Videla.
Con una luce che a turno ha illuminato gli attori, l'opera ha sin da subito mostrato le storture di un'inchiesta condotta sulle coscienze. Quasi come sotto tortura, i singoli testimoni hanno non solo narrato la storia di chi è rimasto, ma hanno anche resistito alle invadenti e distorte domande di Echeverri. A voler impersonare il regime dittatoriale stesso, il giornalista maliziosamente si è spinto a indagare la psiche degli intervistati, distorcendo (o smascherando?) le coscienze dei quattro.
A prendere la parola per prima è stata donna Taty, madre di Alejandro, un giovane e promettente studente militante contro il regime e silente poeta. Il dolore straziante per un figlio scomparso e mai più riabbracciato si è concretizzato in una protesta, quella delle madri di Plaza de Mayo soprannominate “las locas”, le pazze, che nel 1977 hanno presieduto la Casa Rosada, il palazzo presidenziale argentino, in cerca di verità e giustizia. Le ha fatto seguito Pablo Diaz, unico sopravvissuto dei 234 studenti uccisi nella Notte delle matite spezzate il 16 settembre 1976, operazione della polizia di regime che portò al sequestro, alla tortura e alla sparizione di 233 liceali. Diaz poté testimoniare, ma la condizione di sopravvissuto lo ha schiacciato per anni. Penultimo a prendere parola è stato il controverso ufficiale Scilingo, che si è dichiarato indifferente alle operazioni di sequestro a cui lui stesso ha partecipato: con i vuelos de la muerte (i voli della morte) centinaia di dissenti politici venivano drogati e gettati in mare vivi. A testimoniare per ultima è stata Victoria, giovane donna attivista strappata dai suoi genitori biologici, dissidenti del regime, e adottata da due militari.
Con un racconto duro e inquisitorio, Nunca Más ha fatto luce su un dramma dimenticato perché lontano nel tempo e soprattutto nello spazio: alla fine del mondo, tra il 1976 e il 1983 si è consumata una delle stragi più cruente della Storia. Il taglio registico e drammaturgico ha reso l'opera originale e non banale.
Nunca Más, in replica al Teatro Sociale questa sera 24 maggio ore 20.30 sipario ore 21.00, sarà anche replicato per le scuole.
di Sara Altamura
24/05/2024 alle 09:28:34
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