TEATRO DI COMUNITà - MULAB
Al MuLab vanno in scena i burattini di Carlo Formigoni
Ieri 19 maggio con “La bella e la bestia” si è conclusa la rassegna di Teatro di Comunità, che ha visto il museo di Pezze di Greco attrarre numeroso pubblico
Pezze di Greco - Una rosa è la sola richiesta che Bella osa fare al suo babbo, che va in città per ritirare un credito; da questo viaggio, però, il babbo ne tornerà mortificato: imbattutosi in un castello incantato che gli ha dato ristoro, rimane incastrato in un patto stretto con la bestia che lo abita. Per non morire, al posto suo deve andarci una delle sue tre figlie.
È così che inizia La Bella e la Bestia, la fiaba la cui origine si perde nel tempo (alcuni studiosi ne rivedono le radici in Amore e Psiche di Apuleio).
La versione di ieri 19 maggio al Museo Laboratorio di Arte Contadina di Pezze di Greco ha avuto una messa in scena peculiare: a narrare la magica storia di Bella sono state antiche marionette siciliane ottocentesche. Sul testo e regia del compianto Carlo Formigoni, con la produzione di Teatro dell'Altopiano, lo spettacolo ha visto recitare e manovrare i pupi gli attori Renza De Cesare, Salvatore Laghezza, Annarita Santomanco e Patrizia Fazio.
Per l'ultimo appuntamento che ha chiuso la seconda edizione del Teatro di Comunità La Bella e la Bestia è stata una scelta che ha attirato pubblico di tutte le età, fedele seguace della rassegna. La messa in scena, curata nei dettagli, ha rappresentato il vero punto di forza dell'opera: antiche marionette sapientemente gestite hanno fatto immergere gli spettatori in un'epoca senza confini temporali. La pura e dolce Bella, in perfetta antitesi con le sorelle, sceglie di sacrificarsi al posto del padre e di restare nella dimora della bestia; contrariamente all'apparenza, Bella è da subito trattata come una regina. Oltre gli stereotipi, la giovane incontra la gentilezza di chi la ospita: a simboleggiare il dualismo dell'uomo, la bestia è brutale nell'aspetto e nobile nell'animo ed è anche metafora dell'amore adulto e fedele. Se da un lato la bestia deve agire per amare e soprattutto farsi amare, dall'altro Bella deve imparare ella stessa ad amare in maniera consapevole: tutto ciò è simboleggiato dalla rosa che chiede in dono al padre, il quale la ruberà dal giardino del castello incantato. L'avvenuta maturazione dei due protagonisti è rappresentata dalla metamorfosi della bestia che si tramuta in principe: i due, rinnovato il patto d'amore, evolvono e raggiungono la maturità dei sentimenti.
Con La Bella e la Bestia si è chiusa una rassegna di ben 16 appuntamenti, avviata a novembre, che ha visto il Museo Laboratorio di Arte Contadina di Pezze di Greco trasformarsi in luogo di aggregazione culturale e di diffusione d'arte. Non solo teatro: il calendario del Teatro di Comunità ha organizzato anche incontri di poesia, spettacoli per bambini e danza.
«Tutti gli eventi sono stati apprezzati – ha dichiarato a Osservatorio.oggi Dario Lacitignola, uno degli organizzatori della rassegna –. La varietà è stato il punto di forza del cartellone: l'idea alla base è stata portare visioni differenti, non canoniche, non “classiche”. Mi viene in mente la parola “fermento”: il Teatro di Comunità è stato proprio questo, abbinato alla scelta di proporre qualcosa di non “già visto”. Come un museo mostra, una rassegna di teatro deve mostrare più generi e deve contaminarsi. È stato anche un investimento, ad esempio il palco è stata un'introduzione di questa edizione, che ovviamente permarrà al museo per qualsiasi altro evento. In questa seconda edizione si è scelto di curare maggiormente il pubblico. A tal proposito, l'idea del cappello (alla fine di ogni spettacolo è stato possibile lasciare un'offerta ndr) si fonda sulla nostra convinzione che il teatro debba essere accessibile a tutti e ognuno debba contribuire in base alle proprie possibilità. L'idea del cappello è un atto democratico: lo spettatore dà un valore alle emozioni ed è bello che sia il pubblico a prendersi cura dello spettacolo, perché è il pubblico stesso che ci aiuta ad autosostenerci».
«Da parte del Museo Laboratorio di Arte Contadina – ha affermato la responsabile delle attività del MuLab, Antoliana Palmisano – ci sono stati grande entusiasmo e disponibilità. Il Teatro di Comunità ci ha dato molta visibilità, perché tanti sono stati i visitatori limitrofi e stranieri che hanno scoperto il Museo. Ospitare la rassegna ha significato anche vedere il Museo cambiare forma: fino a qualche mese fa, mai avremmo immaginato di dover stravolgere la sala centrale per uno spettacolo, come è stato per Dreamborn».
«Il Teatro di Comunità ha generato cultura a Pezze di Greco – ha dichiarato Franco Chialà, segretario dell'Associazione “Presepe Vivente” e sostenitore della rassegna –. Sicuramente, per le prossime edizioni cercheremo di selezionare con più occhio gli spettacoli in modo da dare una direzione artistica più decisa al calendario. Soprattutto, la rassegna è stata ed è un modo per conoscere il territorio e valorizzare i nostri talenti».
di Sara Altamura
20/05/2024 alle 05:56:47
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