WOW!FASANO
Il viaggio di Roberto Vecchioni tra musica, amore e poesia VIDEO
Il 'professore' è stato accompagnato nella sua esibizione in piazza Ciaia dall'Orchestra della Magna Grecia

Fasano - Non poteva avere miglior conclusione la quattro giorni offerta in Piazza Ciaia da “Fasano Musica” dal 15 al 18 luglio, nonostante la dolorosa rinuncia all'omaggio a Ennio Morricone con l'Orchestra da Camera di Roma, spostato per motivi meteorologici dal 17 luglio all'11 settembre 2021 al Parco Rupestre Lama d'Antico. Graziato dal tempo, il concerto di ieri sera ha visto come protagonista Roberto Vecchioni, 78 anni da poco compiuti e portati con disarmante classe e semplicità. Inutile sottolineare l'importanza che questo cantautore ha avuto per la musica italiana; lo dimostrano la sua prolifica discografia e soprattutto l'intensità dei testi delle sue canzoni, toccanti e intense poesie che vivono di vita propria anche al di fuori del contesto musicale.
L'artista, originario di Carate Brianza, è stato sorretto musicalmente dalla sua band, alla quale si sono magistralmente uniti i venticinque musicisti dell'Orchestra della Magna Grecia, vanto tutto pugliese e fucina di tanti giovani talenti nostrani. Trait d'union tra la band e l'orchestra è stato il maestro Lucio Fabbri, polistrumentista, arrangiatore e direttore d'orchestra, volto celebre tra i cultori di musica – su tutte si vedano le sue collaborazioni con la PFM e Fabrizio De André.
L'influenza e la maestria di Fabbri hanno consentito una perfetta fusione tra i musicisti, con un gusto nei tempi e negli interventi che hanno deliziato i presenti. Un tocco di classe che si è aggiunto alla poesia di Vecchioni e che ha offerto uno tra i più emozionanti concerti nella nostra zona degli ultimi anni.
L'idea di combinare l'esibizione di Vecchioni all'orchestra tarantina, si deve agli organizzatori di “Fasano Musica”, come racconta in apertura la vice-presidente Emma Castellaneta, che sottolinea con orgoglio che le esibizioni di Vecchioni con l'Orchestra saranno solo due in tutta Italia, a Fasano e a Taranto.
Il “viaggiatore” Roberto Vecchioni è salito sul palco in punta di piedi, emozionato per un ritorno in scena dopo i lunghi mesi di stop causati dalla pandemia. Il lungo viaggio musicale del 'professore' ha toccato tutti i periodi della sua lunga discografia, che ebbe inizio proprio cinquanta anni fa. L'inconfondibile mimica, la sua gestualità e i suoi sorrisi conquistano immediatamente i presenti.
Il “professore” non pare essere sul palco davanti a centinaia di spettatori. Sembra di vederlo lì in aula, davanti ai suo adoranti alunni che lo hanno seguito per tanti anni, mentre spazia tra il latino e il greco e la sua personale visione della vita.
Il concerto ha offerto ai presenti un vero e proprio concentrato del pensiero di Roberto. Insieme ad alcune tra le canzoni più significative della sua carriera, l'artista ha riservato lunghe presentazioni per ognuno dei brani eseguiti, deliziando i presenti con la sua cultura e sensibilità, mai ostentate e mai fini a se stesse. Solido e ben affiatato il gruppo di musicisti che formano la band di Vecchioni: Roberto Gualdi (dalla PFM) alla batteria, Antonio Petruzzelli al basso, Massimo Germini alle chitarre e il già citato Lucio Fabbri che ha suonato dalle tastiere alla chitarra. L'Orchestra è stata diretta da Pasquale Veleno.
“Una notte, un viaggiatore”, anticipata da un lungo prologo declamato dal cantante, è il pezzo d'apertura del concerto fasanese e anche dell'ultimo album di Vecchioni, “L'infinito”, pubblicato dall'artista nel novembre 2018 e prodotto da Lucio 'violino' Fabbri. Sempre dall'ultimo 'microsolco' – come si diceva un tempo – arrivano i quattro brani successivi. Il primo è “Ti insegnerò a volare (Alex)”, dedicata ad Alex Zanardi; nonostante uno schermo che fungeva da “gobbo”, Vecchioni dimentica una strofa ma a fine canzone, da grande mestierante, ricanta 'a cappella' il testo dimenticato perché “glielo dovevo”, come conclude l'artista. “Due anni a cantare le canzoni allo specchio, due palle così” – scherza Vecchioni col pubblico, confermando la gioia condivisa con i musicisti per essere finalmente tornati sul palco. “Ogni canzone d'amore”, valzer carico d'amore e vera e propria dichiarazione pubblica per la sua compagna, “Formidabili quegli anni” e la delicata “L'infinito”, che introduce con un lungo monologo in un improbabile napoletano.
“La mia ragazza”, che con la sua dolcezza fa vibrare le corde emozionali di tutti i presenti, arriva dal suo album “Bei tempi” del 1985. Segue “Le rose blu”, canzone ispirata da un'esperienza dolorosa della malattia che aveva colpito il giovane figlio di Vecchioni, che chiudeva il disco “Di rabbia e di stelle” del 2007, dove proponeva l'emozionante arrangiamento del pianista Patrizio Fariselli, noto ai più per essere il barbuto tastierista degli Area. Lunghi applausi del pubblico e grande commozione dell'artista, che si dichiara “indifeso” di fronte al calore del pubblico. Si prosegue seguendo lo stesso tema con l'emozionante “Figlia” (da “Elisir”, 1976). Vecchioni continua a raccontarsi al pubblico, presentando finanche una piccola lezione di storia della Magna Grecia che sfocia nel racconto di un immaginario incontro tra Beethoven e Francesco Guccini, con tanto di una gustosa imitazione del cantautore emiliano. Un assaggio dell'esperienza di Vecchioni come oratore, che fa intendere quanto fosse seguito e amato dai suoi studenti.
Si torna alla musica: arriva il divertissment di “El bandolero stanco”, dal disco omonimo del 1997, con i suoi ritmi latini che consentono i primi timidi tentativi di danza del pubblico, fino a quel momento abbastanza immobili e compassati sulle scomode sedie di plastica distribuiti in Piazza Ciaia. La scaletta prosegue con una nuova canzone dall'ultimo disco del 2018 con un altro colpo al cuore emozionale, la bellissima “Cappuccio rosso”, canzone che ha preso ispirazione dalla storia di Ayse Deniz Karacagil, la coraggiosa ragazza turca morta nel maggio 2017 per combattere l'Isis “Viola d'inverno”, ispirata come racconta Vecchioni a una leggenda dei pellerossa che riguarda la fine della vita, tocca gli animi dei presenti per l'intensità delle parole e dell'interpretazione dell'artista lombardo.
“Le mie ragazze” - era il brano d'apertura dell'album “Il cielo capovolto” del 1995 - sfiora le corde soprattutto delle donne presenti al concerto, che si sono riconosciute nelle parole della canzone. Si va verso il finale della lunga esibizione, riservato a quelli che un tempo venivano definiti come i 'cavalli di battaglia'. Si inizia con “Ninni” (da “Calabuig, stranamore e altri incidenti” del 1978), ispirata a un racconto di Jorge Luis Borges, seguita dall'intensa “Velasquez” (ancora da “Elisir”), seguita con attenzione dai presenti.
“Sogna ragazzo sogna”, dal disco omonimo del 1999, che fu singolo di successo, è un inno che incita a non perdere i propri sogni e a far fondo alla propria fantasia. Il sogno dei presenti è di sicuro quello di poter tornare al più presto a una vita normale, dopo mesi costretti a vivere distanziati per colpa del Covid e questo concerto, così come le altre serata organizzate per la 37esima edizione di “Fasano Musica”, hanno regalato sprazzi di normalità ai tanti spettatori che hanno riempito Piazza Ciaia, pur con i limiti e le imposizioni dettate dal momento. Lo sottolinea Vecchioni con le sue parole che non ammettono fraintendimenti: “Tutto passa. Passerà anche questo stronzetto con le cornine, che noi – anzi gli altri - hanno addosso. Passerà sicuramente”.
L'esibizione si conclude con uno dei recenti successi di Vecchioni, la celebre “Chiamami ancora amore”, con il quale l'artista ha conquistato l'edizione 2011 del Festival di Sanremo, che raccoglie la classica standing ovation dei presenti. Concerto finito? Per nulla. Gli immancabili bis sono riservati a due canzoni che il pubblico ha seguito con particolare trasporto. L'immancabile “Luci a San Siro”, dal suo primo album “Parabola” del 1971, cantata dai presenti con gli immancabili lucciconi negli occhi e la coinvolgente “Samarcanda”, dal disco omonimo del 1977, cantata anche dal senatore Nicola Latorre, seduto con la consorte in prima fila, che non ha voluto perdersi questo importante evento fasanese.
“Voglio una donna”, previsto come brano finale, è stato tolto all'ultimo momento in scaletta dall'artista, che ha preferito chiudere così due ore e mezza di concerto. I testi di Vecchioni sono poesia, un concentrato delle emozioni di una vita, capitoli di un libro che racconta di volta in volta storie ed esperienze diverse, di sicuro vicine alla sua esperienza ma riconducibili anche a quella di ognuno di noi, una narrazione coerente ma discontinua, che sembra non avere mai inizio, col finale riservato a tutti i protagonisti che si riconoscono in quel “viaggio”. L'esperimento di unire la voce di Vecchioni all'orchestra è perfettamente riuscito e ci si augura che in futuro l'ensemble offerto per il momento soltanto al pubblico pugliese possa esibirsi anche nel resto d'Italia. Una serata che sarà difficile dimenticare, “per chi l'ha vista e per chi non c'era” come cantava un altro grande e sensibile cantautore nostrano. L'unico rammarico per i presenti, il continuo e rumoroso vociare di bambini e adulti che sostavano nelle strade adiacenti a Piazza Ciaia, che ha disturbato i momenti più intimisti del concerto e che andava gestito sicuramente meglio.
Nino Gatti.
di Redazione
19/07/2021 alle 10:34:44
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