MOSTRA PITTORICA
'Toilet!' e l’iper soggettivismo
'Allarghiamo il buco dell'ozono' propone una mostra di iper soggettivismo di 'denuncia'

FASANO - 22 Giugno 2012, presso i Bagni Pubblici di Via Giardinelli, si è tenuta la mostra di iper soggettivismo, “Toilet!”, promossa e organizzata dal movimento culturale e politico Allarghiamo il buco dell'ozono, sotto lo pseudonimo di Tempesta2.
L'idea di una mostra di tale tipo nasce dalla visita scolastica a un museo di scultura contemporanea del territorio pugliese, ospitante opere di dubbio valore, quantomeno culturale. In seguito alla visita, si venne a scaturire una riflessione, un dibattito sul vero senso dell'arte e precisamente sul compito, che quest'ultima dovrebbe perseguire. Sbalorditi dall'assoluta amena indifferenza provocata dalla visione delle opere di tale complesso museale e ancor più irritati dal modus operandi della guida, pagata con un piccolo ma significativo contributo, la cui illustrazione critica andava a spronfondare nell'urticante leziosità, essendo concentrata esclusivamente sulle tecniche con cui i vari artisti in allestimento avevano realizzato tali manufatti, si è deciso di dar vita a una vera contestazione, senza fronzoli e molto punk: la creazione dell'iper soggettivismo.
Quest'ultimo non è una corrente letteraria, non ha ambizioni di tal fattura, bensì come esclusivo compito ha quello di far aprire gli occhi sull'incosistenza valoriale non solo del panorama artistico contemporaneo ma ugualmente sulla sperficialità e l'ipocrisia con cui i fruitori di tale panorama si approcciano all'arte. Il vincolo del figurativo ha rappresentato per anni il punto di partenza per un'arte, radicata fortemente dal punto di vista politico e sociale nella contemporaneità. L'abbandono di questo vincolo ha sì fruttatto uno scarto qualitativo dal punto di vista estetico, andando a definire nuovi canoni di bellezza, svincolati dalla razionalità, ma ugalmente ha portato sull'orlo della sopportazione le sperimentazioni pretenziose e ridicole degli artisti.
L'iper soggettivismo si prende gioco di tutto questo quadro sociale, in cui l'arte viene vista come un bene di consumo, come un arredamento per condomini, seppur ben consapevole di non avere limiti ma di esser esso stesso tale. L'iper soggettivismo è un vincolo, oltre cui non ci si puo' spingere. Esporre tele bianche su un gabinetto, auspicando che sia poi il visitatore a immaginare l'opera sulla base del solo titolo, è un gesto estremo, fortemente provocatorio, che incita a svegliarsi. Andare a una mostra non deve essere come andare a un buffet, non ci si deve sentire sazi, bensì frastornati. La scelta del luogo ospitante la mostra e la precisa volontà di spargere sul pavimento del bagno spazzatura è la metafora di un'arte che ritorna a sporcarsi le mani nel viscido della realtà non empirica e un incitazione acchè la stessa arte ridiventi nuovamente popolare, la cui fruizione, insomma, non sia più ad esclusivo appannaggio di una sola classe sociale, istruita e avente idonee basi culturali. L'arte ritorni ad essere gratuita e universale, a smuovere le masse, a fornire iconografie epocali e non idiomi pseudo-intelettuali. In conclusione gli stereo sugli sgabelli, recitanti solo il titolo dell'opera e, poi, per il resto dei minuti della registrazione su disco, gracchianti un robotico “bla bla bla”, sono un gesto irrisorio nei confronti di quelle guide impettite e non aperte al dialogo, che sono solite parlare dell'opera, soffermandosi in esclusiva sulla tecnica dei dipinti e affidandosi per l'interpretazione alla soggettività di ogni fruitore/visitatore. Se il senso dell'opera, che d'essa è assolutamente il fulcro esistenziale, è soggettivo, a questo punto che lo sia anche l'opera stessa.
Ecco cosa hanno visto gli organizzatori dipinti su quelle tele: “Butthole surfers” (1981) di Henry Aspern [Dunfermline, 22 settembre 1956 – Detroit, 10 gennaio 1999] Traduzione: surfisti del buco del culo - Amenità classiste. Un pescecane rosso, ferito alla pinna destra, in un moto di voracità hollywoodiana, nuota possente sotto la lucida tavola gialla chiara di un surfista, vittima dello stereotipo storico-sociale di bellezza e alla continua ricerca circolare e incocludente di adrenalina; ricerca dovuta a una vita stentata da borghese, sazio di guadagni. Ignaro del pericolo, il futuro lo attende al varco come una bronzea spada di Damocle sul calvo capo di un anziano saggio della Nuova Zelanda.
“氷でキリン"(1936) di Wy Azuma [Ibaraki, 18 agosto 1910 – Krasnoyarsk, 25 dicembre 1950] Traduzione: giraffa su lastra di ghiaccio – Una savana di lastre di ghiaccio bollente, irrimediabilmente decontestualizzante, ospita l'iconografia storica di una giraffa viola su una verde lastra di ghiaccio, il tutto nel mentre dello slancio di un vecchio leone, con simbolismi aztechi sul suo manto e cavalcato da un uomo d'affari di Wall Street, per azzannare l'animale, frutto del darwinismo, di cui sopra.
“La vache sur la chaise” (1971) di Kim Foster [Kankan, 18 agosto 1910 – Kankan 25 dicembre 1950] Traduzione: La vacca sulla sedia – Al centro del dipinto una vacca con dei pattini d'argento al collo e un giornale di estrema destra, sporco di sange, tra le zampe. Alle spalle del bovino, l'impiccagione suicida di un dolce canarino giallognolo, con nel becco una sigaretta rollata alla meno peggio e in piedi su una sediolina da bambola, di fronte a un televisore, trasmettente la sigla di una soup di genere latino-americano.
“Gorilla in a fridge” (1977) di Lisa Cave [Perth, 19 aprile 1931] Traduzione: Gorilla in frigorifero – In una cella frigorifera, un gorilla, racchiuso a sua volta in un vecchio frigorifero, canta con voce un malinconico blues del delta, dinanzi a un pubblico di uomini nudi e a testa in giù. Tutta la scena racchiusa in una nuvoletta da fumetto, sbocciata dalla mente di un dolce neonato appisolato nella culla, accanto alla sedia a dondolo della sua nonna, che nel frattempo le legge favole di ogni sorta.
Comunicato stampa dell'Associazione "Allarghiamo il buco dell'ozono."
di Redazione
25/06/2012 alle 17:17:34
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