GIOVANI ATTIVI
Studio 54 di Fasano a scuola di recitazione con Michele Oliveri
Il noto attore tedesco delle fiction ‘Un ciclone in convento’, ‘Tempesta d’amore’ e ‘Rosamunde Pilcher’ insegna teatro a Fasano con un solo motto: essere se stessi
FASANO – Essere se stessi, oggigiorno, è una sfida impegnativa: è necessario combattere quotidianamente contro le maschere che la società, le istituzioni e l'insieme delle relazioni interpersonali impongono esteriormente al proprio io più intimo. Uno dei modi per liberarsi dai soliti schemi o per imparare a fingere consapevolmente è il teatro, un'arte che si avvicina alla vita fino quasi a corrisponderle: e allora, per giungere al cuore delle cose e portare in scena una importante passione, i ragazzi della scuola fasanese di danza e spettacolo “Studio 54” hanno cominciato a sperimentare la recitazione con un grande maestro, Michele Oliveri, noto soprattutto come attore delle fiction “Un ciclone in convento” (Raiuno), “Tempesta d'amore” (Rete 4) e “Rosamunde Pilcher” (Canale 5), ma essenzialmente animale da palcoscenico non solo sul piccolo schermo, ma anche nei teatri d'Italia e di Germania.
Oliveri, in realtà, è stato già conosciuto dalla cittadinanza in occasione della produzione de “La banda di Nino”, il cortometraggio realizzato nel nostro territorio nel 2010 ma mai pubblicato. «Dopo vari impedimenti – spiega lui che era autore e supervisore dell'opera – ho preso io stesso in mano il lavoro che sto montando e completando come promesso»; il breve film, in cui hanno preso parte numerosi fasanesi, racconta la storia d'amore tra due bambini di una piccola città del meridione: Adriana, la figlia benestante di un professore, canta nel coro; Nino invece, figlio di un povero pescatore, suona in giro con un gruppo di amici di strada musicanti. I due iniziano un rapporto segreto e si danno appuntamento per il primo bacio…
La scuola “Studio 54” ha aggiunto l'apprendimento della recitazione alla propria offerta formativa per accrescere il bagaglio culturale degli allievi. Oliveri è docente del metodo Stanislavskij, uno stile di insegnamento messo a punto dall'omonimo attore russo (che solitamente lo chiama psicotecnica) nei primi anni del ‘900. La preparazione si basa sull'approfondimento psicologico del personaggio da interpretare ma, ancor prima di entrare in una parte, i ragazzi vengono posti faccia a faccia col proprio io: “to be yourself” (essere se stessi), e quindi conoscere limiti, virtù, forze del mondo interiore umano, è il motto, l'obiettivo, il desiderio che ognuno deve raggiungere prima di essere in grado di vestire i panni di qualcun altro.
Come comprendere, in maniera fattiva, chi si è al di là delle maschere convenzionali? Per scoprire i sentimenti degli allievi, Oliveri li invita, con esercizi, parole e gesti, ad esternare le emozioni più intime e a padroneggiare le impressioni derivanti da tutti e cinque i sensi; a questa fase iniziale di conoscenza segue il concetto di immedesimazione. Si può affermare che l'importanza del metodo sta soprattutto nel fatto che, per la prima volta, il processo creativo dell'attore viene sottoposto ad un'analisi rigorosa da parte di un professionista, capace di utilizzare alcuni principi della moderna psicologia.
Due sono, per Stanislavskij, i grandi processi alla base dell'interpretazione: personificazione e reviviscenza. Il primo parte dal rilassamento muscolare e prevede lo sviluppo dell'espressività fisica, dell'impostazione della voce, di logica e coerenza delle azioni fisiche con la caratterizzazione esteriore. La reviviscenza, invece, chiama in causa le funzioni dell'immaginazione e prosegue con la divisione del testo in sezioni per lo sviluppo dell'attenzione, l'eliminazione dei cliché, e l'identificazione del tempo-ritmo, il tutto destinato a trasmettere quello che l'attore sente.
La sperimentazione degli allievi di “Studio 54” sta portando i suoi frutti con l'opera “Art”, una commedia, ambientata a Parigi, scritta alla fine degli anni '80, che raffigura uno spaccato di vita quotidiana di tre amici, in accesa discussione al riguardo di un quadro: Serge, facoltoso appassionato di arte contemporanea, acquista, per una cifra stratosferica, uno strano dipinto del maestro Antrios, di fatto una grossa tela bianca. Yvan e Marc cercano di fargli capire che sulla tela non c'è nulla ma lui si ostina a vederci un quadro astratto costituito da linee cangianti (le trame del tessuto). La conversazione sul significato dell'arte comprometterà l'amicizia fra i tre, che addirittura scarabocchieranno la tela: non sveliamo l'arguto finale che i fasanesi potranno gustare nella messa in scena dei promettenti giovani attori, che saranno noti al grande pubblico con il nome di Minimal Club.
di Antonella Argento
27/03/2015 alle 02:57:24
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