SPETTACOLO TEATRALE
Al Teatro Sociale di Fasano 'Il diavolo con le zinne'
L'esilarante commedia di Dario Fo è andata in scena ieri sera (sabato 17 gennaio), rivisitata dalla Compagnia molfettese 'Il Carretto Teatro', per la rassegna 'Psiche e manie'
FASANO – Quando, nel 1997, il Premio Nobel Dario Fo scrisse “Il diavolo con le zinne”, cucì addosso all'amata moglie Franca Rame un personaggio della commedia dell'arte tutto nuovo: nella trama, infatti, la protagonista, da serva vecchia e pettegola, diventa una perpetua smaliziata, con seno e sedere enormi, che provoca l'amore, fino a conquistarlo, del proprio padrone, un giudice laico e incorruttibile. Ieri sera (sabato 17 gennaio) è stato compito della compagnia molfettese “Il Carretto Teatro” riproporre, sul palcoscenico del Teatro Sociale di Fasano, il divertente intreccio, nel secondo appuntamento della rassegna “Psiche e Manie” organizzata dal Gruppo di Attività Teatrali “Peppino Mancini” con il patrocinio dell'amministrazione comunale.
Questa la storia: in una città italiana del Cinquecento c'è un giudice, Alfonso de Tristano, che trova i colpevoli di ogni crimine. Un giorno accade che qualcuno brucia la cattedrale della città e sottrae anche una statua d'oro: «Mi sono liberamente ispirato – scriveva l'autore a margine dell'opera – a ciò che succedeva nelle città post-comunali come Firenze, Roma, Napoli. Tutte soffrivano di una costante: gli incendi. Incendi a lebbrosari, chiese, ospedali... che prontamente venivano sostituiti da banche, cattedrali, palazzi signorili, e dove, alla base di tutto, vi erano speculazione e corruzione».
Il giudice scopre il colpevole del furto, e viene a sapere da lui che questo era stato commissionato da un misterioso personaggio, che si rivela essere il capo delle guardie cittadine, ufficialmente morto nel rogo della cattedrale, mentre faceva l'amore con una ragazza. Il peccatore, in realtà, è ancora vivo e cerca di nascondersi a Crotone per non incorrere nella condanna: dalla sua parte ha i potenti della città, che uccidono tutti i testimoni per impedirgli di rivelare lo scandalo.
Contro il giudice nel frattempo vi è una congiura infernale: il diavolo ha deciso di impadronirsi di lui, entrando nel suo corpo sotto forma di supposta. Ma il diavoletto si sbaglia ed entra nel corpo della sua fedele (e brutta e vecchia) serva Pizzocca. Il demonio decide così di usare la circostanza per rovinare il giudice con uno scandalo sessuale: fa crescere a Pizzocca seno e sedere a dismisura, e la fa scoprire nuda a letto con lui, persona di costumi austeri, ma che di fronte alla seducente perpetua, cede. È l'amore che alla fine salverà il giudice e la sua serva: condannati e respinti dalla società, i due saranno tuttavia liberi di amarsi.
«Il lavoro va avanti – spiega ancora Dario Fo – in un crescendo di grande comicità, in una girandola di cardinali corrotti, falsi testimoni, serve e diavoli in supposta. Naturalmente ogni concomitanza con la cronaca dei nostri giorni è del tutto involontaria; si sa, gli antichi hanno sempre copiato spudoratamente scandali e personaggi della nostra attualità!». La compagnia teatrale di Molfetta, grazie alla regia di Francesco Tammacco, ha offerto un adattamento brillante ed esilarante: eccezionale soprattutto il personaggio di Pizzocca, donna dalle mille sfumature.
Il prossimo appuntamento della rassegna “Psiche e manie” è previsto per domenica 22 febbraio, alle ore 21, al Teatro Sociale, dove andrà in scena il testo di Carlo Goldoni “Le smanie della villeggiatura” reinterpretato dalla Compagnia barese “Piccola Ribalta”.
di Antonella Argento
18/01/2015 alle 07:25:01
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