RICHIESTA DI PENE
Inchiesta patenti facili: il pubblico ministero chiede condanne per otto persone
L'inchiesta partì nel luglio del 2010 grazie alla denuncia di una donna fasanese a cui erano stati chiesti 2mila euro per il superamento dell'esame a quiz
FASANO – Escogitarono un sistema al fine di favorire chi avesse avuto difficoltà agli esami a quiz per la patente: un orologio con telefonino cellulare e una trasmittente per i suggerimenti. Questa mattina (giovedì 21 marzo) sono state otto (cinque con rito ordinario) le persone finite davanti al giudice dell'udienza preliminare Paola Liaci per l'udienza in cui il pubblico ministero Pierpaolo Montinaro ha formulato le richieste di condanna. Per Giuseppe Lanzillotti, 37 anni, titolare di una scuola guida di Carovigno sono stati chiesti tre anni di reclusione; due anni per Giuseppe Flora, 55 anni, titolare di un'autoscuola di Ostuni, e un anno e quattro mesi per Marco Borini, 21 anni di Imola, uno dei beneficiari della patente con trucco.
L'inchiesta, denominata ‘Patente 2.0' porto' nel marzo del 2012 all'esecuzione di 8 ordinanze di custodia cautelare. Le altre cinque persone coinvolte hanno scelto il processo con rito ordinario: Giuseppe Caramia, 46 anni di Alberobello, titolare di una scuola guida a Fasano, Antonio Massaro, 57 anni, di Brindisi, Angelo Ferrari, 45 anni di Brindisi, Adriana Bolognini, 56 anni, di Brindisi e Vito Antonio Retta, 54 anni di Brindisi, questi ultimi due ispettori della motorizzazione civile di Brindisi. I reati che furono contestati dal gip erano associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la fede pubblica ai titolari di scuola guida, induzione, mediante inganno, a formare atti pubblici ideologicamente falsi, presentazione, come propria, di opera altrui a titolari di scuola guida e candidati. Dal gennaio 2011 furono effettuate dalla Guardia di Finanza di Fasano numerose intercettazioni telefoniche a supporto dell'attività investigativa. Secondo quanto fu accertato bastavano 2mila euro per superare i test della prova scritta. La sentenza è ora prevista per il 18 aprile prossimo.
“Chi doveva sostenere la prova di esame, presentato normalmente come privatista, era dotato - secondo quanto appurato dalla Guardia di Finanza - di una trasmittente, costituita da un orologio con incorporato un telefono cellulare, nonché di due telefoni cellulari, in modalità vibrazione, tenuti il primo nella tasca sinistra e il secondo nella tasca destra. In particolare, l'orologio-cellulare, serviva a comunicare ad altro soggetto dell'organizzazione, normalmente appostato nei pressi della Motorizzazione, dotato di materiale utile per la soluzione dei test e di precise cognizioni in materia sulle domande d'esame. Costui, ricevuto il contenuto della domanda, faceva squillare il telefono posto nella tasca destra o nella tasca sinistra dell'esaminando, a seconda della correttezza o meno della risposta. Ricevuto il segnale l'esaminando indicava la risposta sul proprio test, così falsando l'intera prova”. A denunciare tutto fu una donna fasanese, G. L. Anche a lei era stata fatta la proposta indecente: sarebbero solo bastati 2mila euro. Ma la donna, nel luglio del 2010, si presentò alla Guardia di Finanza, a Fasano, per raccontare tutto e partirono le indagini.
di Redazione
21/03/2013 alle 22:58:50
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