NESSUN COLPEVOLE
Mina Martinelli e l'avvocato Chiriatti spiegano il perché hanno richiesto la riapertura del processo sulla morte di Palmina
La sorella di Palmina non si darà pace fino a quando non verrà fuori tutta la verità circa la tragica morte della 14enne fasanese
I ragazzi di Libera sotto la targa che intitola una piazza a Palmina Martinelli
FASANO - «Finché avrò vita mi batterò affinché mia sorella abbia giustizia». A parlare è la 46enne Giacomina Martinelli, per tutti Mina, la battagliera sorella di Palmina, la 14enne fasanese bruciata viva nel novembre del 1981. Mina vive ormai da anni lontana da Fasano ma non ha mai smesso di lottare per cercare la verità su quanto accaduto oltre 30 anni fa. Ora ha depositato una denuncia al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi Marco Dinapoli per chiedere che il processo venga riaperto. «Mi auguro che il procuratore accetti questa denuncia – dice Mina -. Succeda quel che succeda voglio la verità a tutti i costi. Ma non è per me ma è Palmina che la vuole. Addirittura se fosse rimasta in vita si sarebbe ritrovata in galera per calunnia. Non mi arrenderò mai. Se mi sarà rifiutata questa ennesima richiesta mi rivolgerò a qualche corte europea. Finché avrò vita lotterò. Devo ringraziare l'avvocato e i periti che si sono messi a disposizione gratuitamente per quello che stanno facendo. Trent'anni fa non tutto è stato fatto come si deve. E poi una prima vittoria l'ho ottenuta. Se la città di Fasano ha voluto dedicare una piazza a mia sorella vuol dire che anche la gente non pensa ad un suicidio. Io vivo e lotto per Palmina».
Come detto è stato l'avvocato leccese Stefano Chiriatti a presentare formalmente la denuncia. «La perizia del professor Vittorio Pesce Delfino, che in realtà è un trattato in quanto molto precisa dal punto di vista tecnico, stravolge quanto affermato dai giudici nei vari processi – spiega Chiriatti -. Questo in base ad un esame di elementi di fatto rielaborati con metodi computeristici. La Cassazione ha parlato di insussistenza di prove. Non si sarebbe trattato di omicidio ma di suicidio. Ora abbiamo voluto sottoporre all'attenzione del professor Pesce Delfino quegli elementi per cui la Cassazione a suo tempo emise quella sentenza a una perizia fatta con tecniche attuali attraverso perizie virtuali per verificare se l'ipotesi del suicidio potesse reggere prendendo elementi necroscopici come foto e misure di Palmina Martinelli. E dal nostro punto di vista non regge. Nella sostanza la perizia dimostra che si è trattato di un omicidio. Ad opera di chi non lo sappiamo anche perché due imputati, all'epoca, sono stati assolti con formula ampia da questa accusa e la legge non permette che una persona possa essere processata due volte per lo stesso fatto. Ma ora le cose sono cambiate: se è vero che è stato un omicidio qualcuno lo ha commesso e la procura dovrà aiutarci a capire chi è stato. Il fatto che si dica che è stato un suicidio quando suicidio non è stato allora questo urta la sensibilità della famiglia ma anche della gente comune. Noi vogliamo che sia stabilito che si è trattato di omicidio ad opera di ignoti. Se poi questi diventeranno noti tanto di guadagnato, saremo più contenti. Ma per noi andrebbe già bene che in giudizio si accertasse che la morte di Palmina è stata un omicidio»
di Alfonso Spagnulo
02/10/2012 alle 16:09:09
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