CAPITOLO FINALE
Difformità edilizie a Masseria Monsignore: la Cassazione assolve Roberto Donadoni
Si conclude una vicenda che andava avanti da quasi dieci anni: con il tecnico del Bologna assolti anche i fasanesi coinvolti
FASANO - Cala il sipario su una vicenda durata quasi dieci anni e che ha visto protagonista l'attuale tecnico del Bologna ed ex allenatore della Nazionale Roberto Donadoni. La Cassazione ha annullato, senza rinvio, la sentenza di condanna emessa contro di lui in appello circa la realizzazione, secondo l'accusa in difformità del progetto, di alcune parti di Masseria Monsignore, struttura acquistata sul territorio fasanese dallo stesso Donadoni. Per la Suprema Corte i reati sono ormai prescritti e di conseguenza ha assolto Donadoni da ogni accusa. Lo stesso dicasi per gli altri condannati in Appello ovvero i fasanesi Oronzo Velo (costruttore), Giovanni Gallo (geometra) e Antonello Carrieri (all'epoca dirigente dell'Ufficio tecnico comunale). Per tutti, proprio in appello, era arrivata la condanna a cinque mesi di reclusione e al pagamento di 45mila euro di multa. Verso questa decisione i legali avevano presentato ricorso in Cassazione con i giudici che il 9 maggio scorso hanno sentenziato come ormai i reati fossero in prescrizione ed ha quindi assolto tutti.
A dire il vero anche la condanna in appello era giunta come un fulmine a ciel sereno dopo che il sostituto procuratore generale aveva chiesto l'assoluzione degli imputati ma i giudici avevano comunque voluto confermare la condanna di primo grado. La vicenda risale all'8 ottobre del 2009 quando, su richiesta del sostituto procuratore Antonio Costantini, il giudice delle indagini preliminari Eva Toscani dispose il sequestro della masseria Monsignore e dei terreni circostanti appartenenti a Roberto Donadoni e alla moglie, quest'ultima assolta in primo grado. Secondo il pubblico ministero era inevitabile il sequestro della masseria e di tutto il resto per evitare si proseguisse, secondo il capo di accusa, nella lottizzazione abusiva che i Donadoni stavano perpetrando nella loro tenuta in contrada Pettolecchia acquistata un paio di anni prima. Il 10 novembre del 2009 i militari delle Fiamme gialle avevano effettuato un altro sequestro nella stessa tenuta. In quella occasione avevano apposto i sigilli a quella parte della struttura interessata ai lavori di ristrutturazione. Il sequestro del 10 novembre avviene a seguito del sopralluogo effettuato il giorno precedente dai finanzieri ai quali era giunta segnalazione anonima che le opere erano state realizzate in maniera difforme rispetto al nulla osta ricevuto dal Comune di Fasano. Il giudice di primo grado sentenziò che non ci fu nessuna lottizzazione abusiva, ma solo ma una difformità nella realizzazione delle opere previste. Contestualmente il giudice liberò la masseria, che era stata sottoposta a sequestro, da ogni vincolo giudiziario e la restituì ai proprietari, con l'obbligo, però, di ripristinare le opere originarie. I giudici di appello confermarono la sentenza che ora la Cassazione ha annullato.
di Redazione
11/06/2017 alle 06:29:40
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