SENTENZA EMESSA
Incidente mortale a Forcatella: assolto automobilista
Secondo il giudice del Tribunale di Brindisi Vitoronzo Bellomo di Casamassima non ha alcuna responsabilità sulla morte del noto avvocato monopolitano Licci
FASANO - Assolto dall'accusa di omicidio colposo perché il fatto non sussiste. Questo ha sentenziato il giudice del Tribunale di Brindisi Francesco Cacucci nei confronti di Vitoronzo Bellomo di Casamassima coinvolto, l'11 luglio del 2013, sulla Savelletri-Torre Canne, all'altezza di Forcatella, in un incidente stradale che costò la vita al noto avvocato monopolitano Maurizio Licci. Bellomo era alla guida della sua Opel Zafira e stava percorrendo la Savelletri-Torre Canne quando, mentre stava per svoltare sulla strada comunale 40 Cerasina-Torre Spaccata, venne urtato dalla Vespa Piaggio 300 che proveniva dalla direzione opposta. L'urto non fu violento ma le condizioni di Licci apparvero subito gravissime tanto che gli fu praticato in loco un massaggio cardiaco da un operatore sanitario residente a Forcatella. Il professionista morirà durante il trasporto all'ospedale di Ostuni. Non è stato facile per il giudice ricostruire quanto accaduto. Sono state visionate le foto scattate dai vigili urbani di Fasano e lette le varie relazioni tra cui quelle del medico legale Antonio Carusi che effettuò l'autopsia sul corpo di Licci.
Ma a risultare fondamentale nell'assoluzione di Bellomo è stato il parere dell'ing. Angelo Nocioni a cui il giudice aveva affidato, al pari di Carusi, un incarico peritale. Nocioni ha stimato in 55/56 Km orari la velocità di marcia della Vespa condotta da Licci. Quindi superiore al limite fissato per quel tratto di strada che per molti era di 50 km orari (come si evince dalla segnaletica verticale) ma che si è scoperto essere, invece, provvisoriamente, di 30 km orari, come da segnaletica orizzontale, in quanto vi era il pericolo di presenza di sabbia sulla carreggiata, fattore che potrebbe anche aver determinato la “scivolata” della due ruote. Secondo il perito, quindi, “se il motociclo avesse tenuto una velocità di marcia conforme alle indicazioni derivanti dalla segnaletica verticale presente in prossimità dell'intersezione, l'impatto non si sarebbe verificato o avrebbe avuto conseguenze meno gravi”. Addirittura, sempre secondo Nocioni la moto, se avesse rispettato il limite imposto dei 30 km orari non si sarebbe neppure scontrata con l'auto e si sarebbe fermata dopo 5 metri dall'inizio della frenata. Il perito ha comunque ravvisato profili di negligenza verso l'automobilista per non aver notato l'arrivo del ciclomotore. I rilievi effettuati hanno appurato, per la moto, dieci metri di frenata e 5 di scarrocciamento sull'asfalto dopo la caduta., segno evidente, per il perito, di una velocità oltre i limiti. Per di più non si esclude che la morte di Licci sia dovuta all'impatto del torace sul manubrio dopo la caduta, quindi ben prima dell'impatto con l'auto.
Supposizioni suffragate dalle valutazioni operate dal medico legale Carusi che nel descrivere le ferite riportate dall'avvocato parla di “scarse caratteristiche di vitalità” qualificandole come “lesioni agoniche”. Si tratta, in altri termini di lesioni che si verificano immediatamente prima della morte. In poche parole, per il medico legale, quando Licci ha urtato l'auto trascinato dalla sua moto aveva già la funzione cardiaca che stava venendo meno. Quei segni, si legge quindi, “indurrebbero a ritenere che quando Licci è caduto al suolo, dopo la frenata, avesse già subito il trauma toracico riscontrato che gli ha poi provocato la morte.
di Redazione
02/02/2017 alle 06:41:57
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