DECISIONE GIUDIZIARIA
Difformità edilizie a Masseria Monsignore: confermata in appello la condanna per Roberto Donadoni
Oltre che per l'ex ct della Nazionale condanne confermate anche per il costruttore Oronzo Velo, il geometra Giovanni Gallo e l'allora dirigente dell'ufficio tecnico comunale Antonello Carrieri
FASANO - I giudici di appello confermano in toto la sentenza di primo grado. L'ex commissario tecnico della Nazionale Roberto Donadoni, il costruttore Oronzo Velo, il geometra Giovanni Gallo e l'allora dirigente dell'Ufficio tecnico comunale Antonello Carrieri si sono visti confermare nel secondo grado di giudizio la condanna a cinque mesi ciascuno di reclusione (per Donadoni pena sospesa) e al pagamento di 45mila euro di ammenda per avere realizzato opere in difformità del progetto nel corso della ristrutturazione di masseria Monsignore, la tenuta rurale sul territorio di Fasano acquistata da Roberto Donadoni con l'intenzione di farne il suo buen ritiro in terra di Puglia. A ricorrere in appello avverso la sentenza del giudice di primo grado erano stati i legali degli imputati. Il sostituto procuratore generale aveva chiesto l'assoluzione dell'ex commissario tecnico e degli altri tre imputati.
I giudici hanno, invece, confermato la sentenza del giudice Genantonio Chiarelli. Per conoscere le motivazioni della decisione della Corte di appello bisognerà attendere il deposito della motivazioni che avverrà tra novanta giorni. La vicenda risale all'8 ottobre del 2009 quando, su richiesta del sostituto procuratore Antonio Costantini, il giudice delle indagini preliminari Eva Toscani dispone il sequestro della masseria Monsignore e dei terreni circostanti appartenenti a Roberto Donadoni e alla moglie, che è stato assolta in primo grado. Secondo il pubblico ministero era inevitabile il sequestro della masseria e di tutto il resto per evitare si proseguisse, secondo il capo di accusa, nella lottizzazione abusiva che i Donadoni stavano perpetrando nella loro tenuta in contrada Pettolecchia acquistata un paio di anni prima.
Il 10 novembre del 2009 i militari delle Fiamme gialle avevano effettuato un altro sequestro nella stessa tenuta. In quella occasione avevano apposto i sigilli a quella parte della struttura interessata ai lavori di ristrutturazione. Il sequestro del 10 novembre avviene a seguito del sopralluogo effettuato il giorno precedente dai finanzieri ai quali era giunta segnalazione anonima che le opere erano state realizzate in maniera difforme rispetto al nulla osta ricevuto dal Comune di Fasano. Il giudice di primo grado sentenziò che non ci fu nessuna lottizzazione abusiva, ma solo ma una difformità nella realizzazione delle opere previste. Contestualmente il giudice liberò la masseria, che era stata sottoposta a sequestro, da ogni vincolo giudiziario e la restituì ai proprietari, con l'obbligo, però, di ripristinare le opere originarie. I giudici di appello hanno confermato la sentenza ma i legali difensori faranno ora ricorso in Cassazione.
di Redazione
14/01/2015 alle 03:00:00
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