QUESTIONE ANNOSA
Riscossione tributi: la strana storia di Tricom e Serti
Le società che si occupano della riscossione sono state 'protette' nel corso degli anni da una politica che non riesce ora a venirne fuori
FASANO - È sempre più alla ribalta il problema del servizio di riscossione dei tributi locali: un affare da circa un milione di euro l'anno per la Serti spa di Roma, la società che attualmente gestisce l'appalto. L'intricata storia prese il suo avvio nel 2006, quando l'allora sindaco Vito Ammirabile, il 5 ottobre, con una delibera di giunta, affidò ad una società privata, la “Centro Tri. Com. Spa” la riscossione di tutti i tributi locali, nonostante in campagna elettorale, con un goffo tentativo di emulazione berlusconiana, nel contratto con la città sottoscritto al Teatro Kennedy alla vigilia delle elezioni comunali, si fosse impegnato ad assicurare entro sei mesi la «gestione interna dei tributi comunali». Cosa gli fece cambiare idea, non si è mai saputo!
La “Tri. Com. srl” era stata costituita nel marzo del 2004 dal Comune di Polignano (detentore del 51% del capitale sociale di 120 mila euro) e dalla San Giorgio Spa (socio privato con il 49%). Successivamente, nel 2006, il Comune di Fasano, su proposta del Comune di Polignano, acquistò il 5% delle quote di proprietà polignanese. Come società mista a prevalente capitale pubblico la “Tri. Com.” fu chiamata a gestire la riscossione Ici e Tarsu per i Comuni di Polignano e Fasano. A questa società veniva riconosciuto un aggio dell'8% sulle somme riscosse e il 16% sulle imposte recuperate all'evasione. Quando il servizio venne avviato, in molti sussurrarono che alla società fu fornita una lista di dieci persone da assumere: fra queste, oltre ad alcuni dipendenti “co.co.co” che già operavano nell'ufficio tributi, anche i nomi di alcuni congiunti di assessori e consiglieri comunali. Ma torniamo alla composizione societaria che era così ripartita: Comune di Polignano 46%, Comune di Fasano 5%, Tributi Italia 49%, subentrata nel frattempo a San Giorgio spa. In pratica, il capitale pubblico aveva il 51%, mentre quello privato il 49%. Ed ecco un'altra decisione difficile da spiegare. I sindaci di Fasano e Polignano dell'epoca concessero al socio privato, minoritario, la maggioranza numerica dei consiglieri di amministrazione. Immaginiamo una Srl dove chi ha il 51% nomina tre consiglieri e chi detiene il 49% ne nomina cinque e quindi, di fatto, decide ogni cosa. Qualunque atto deliberativo, dunque, poteva essere assunto mettendo in minoranza colui che deteneva la maggioranza delle quote. Un'aggravante in ambito pubblico, perché la legge fissava un paletto preciso proprio per evitare che il socio minoritario scappasse con la cassa, com'è poi di fatto avvenuto. E così i due Comuni, essendo minoritari in consiglio di amministrazione, non ebbero la forza (o la volontà?) di determinare che i quattrini incassati dell'Ici e della Tarsu non finissero sui conti correnti del socio minoritario.
Bisogna ricordare, comunque, che il Comune di Polignano nel 2009, quando si rese conto che i soldi pagati dai suoi cittadini finivano nelle tasche di Tributi Italia, revocò l'appalto! Quando Tributi Italia, dopo aver razziato denaro non solo a Fasano, ma in tantissimi altri comuni italiani, è stata dichiarata fallita, all'amministratore di quella società, Giuseppe Saggese, con decisioni a livello nazionale, sono state evitate la bancarotta fraudolenta ed una decina di anni di carcere, anche perchè l'allora ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, pare avesse troppe pressioni interne al suo governo, che tifavano per Saggese. Tra questi, pare ci fosse anche l'ex ministro Raffaele Fitto. Va ricordato, inoltre, che Tributi Italia Spa, nella procedura fallimentare era assistita anche dall'avvocato Donato Bruno, uomo di spicco di FI a livello nazionale. Ma le responsabilità delle giunte locali, restano. Cerchiamo di capirne la ragione.
Nel momento in cui il buon ministro Tremonti decise di dare un salvagente a Tributi Italia inserendola nella leggina salva “aziende in crisi”, i sindaci interessati avrebbero dovuto far ricorso al Decreto, sostenendo che Tributi Italia non era e non è la proprietaria della “Tri. Com.”, come di tutte le altre Società Miste, perché tutte sono a prevalente capitale pubblico. Questo avrebbe comportato il particolare rilevante che i Comuni, poi, avrebbero potuto mettere in mora il socio privato per la restituzione del malloppo e l'appropriazione indebita. Non avendo fatto ricorso in tempo utile, oggi si ritrovano che il Commissario straordinario per la “gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni della società Tributi Italia”, Luca Voglino (nominato nel novembre 2010 dal governo Berlusconi), ha ceduto la gestione ad una nuova società. La Serti e quindi “Tri. com.”, come ogni altra azienda mista, è passata automaticamente ad un nuovo gestore senza che i Comuni siano stati in grado di tornare in possesso della gestione dei loro Tributi. Il Comune di Fasano, che nel maggio del 2009 vantava un credito di oltre 3 milioni di euro da Tributi Italia, solo a fine luglio scorso è stato ammesso alla procedura fallimentare per il recupero del credito residuo di circa 900 mila euro di tasse pagate dai cittadini fasanesi, che Tributi Italia ha incassato a suo tempo e non ha mai riversato nelle casse comunali. Si spera che quella somma possa essere totalmente recuperata.
Nel frattempo, l'equilibrio di bilancio viene mantenuto da 900 mila euro di aggio che il Comune di Fasano non ha versato alla Serti. Ciò perchè finalmente, ma solo dopo che i buoi erano scappati, il sindaco Di Bari decise che i versamenti delle tasse comunali andavano pagati direttamente sui bollettini di conto corrente intestati al Comune di Fasano. Nei mesi scorsi, intanto, dopo l'avvento della Serti, sono stati mutati alcuni termini contrattuali dell'appalto: l'aggio sui circa 15 milioni di euro annuali incassati è sceso dall'8 al 6% per le riscossioni ed è raddoppiato dal 16 al 32% per le somme recuperate all'evasione (circa 150 mila euro l'anno). In molti ora si chiedono cosa fare per il futuro. Il vice sindaco Moncalvo sembra sia orientato a proporre alla Serti una rinegoziazione del contratto, soprattutto per quanto riguarda la scadenza, che non deve andare oltre i prossimi cinque anni. A Palazzo, invece, non sembra prendere piede il discorso della internalizzazione del servizio: in una relazione del dirigente del settore ragioneria è stato quantificato in circa 700 mila euro il costo, ma soprattutto sembrerebbe problematico il discorso dell'assunzione del personale. Il dibattito che ne scaturirà, sarà sicuramente incandescente. E sul prossimo numero di Osservatorio edizione cartacea, in edicola da venerdì 26 settembre, altre scottanti verità sulla questione.
di Redazione
24/09/2014 alle 06:39:03
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