LACRIME AMARE
Tanti amici e sportivi per l'ultimo saluto a Peppino Palmisano
Ad Alberobello si sono tenuti i funerali di uno dei personaggi sportivi di Fasano più amati in assoluto
FASANO - Un lungo applauso e una bandiera biancazzurra sventolante: sono uno dei tanti momenti che hanno segnato l'ultimo saluto a Peppino Palmisano, uno degli sportivi fasanesi più amati in assoluto. I funerali si sono tenuti questa mattina (mercoledì 23 aprile) ad Alberobello, città dove Peppino si era trasferito da anni. Tantissimi gli amici che non hanno voluto mancare stringendosi attorno alla famiglia del tecnico scomparso. In prima fila i suoi amici di sempre: Franco Schiavone, Peppino Fanizza, Vito Ancona e Romano Iacovazzi per citarne qualcuno. E poi tanti giocatori e tecnici del passato e in attività: Vito Sgobba, Vincenzo Cosa, Michele Lagioia, Nannino Lomartire, Linuccio Baccaro, Donato Colucci e Vittorio Insanguine per fare qualche nome. Presenti anche delegazioni dell'Us Città di Fasano e del Pezze di Greco e una rappresentanza della tifoseria organizzata fasanese.
Il feretro è stato portato a spalla sino alla chiesa dove si è tenuto il rito funebre celebrato dal Priore di Alberobello, don Leonardo Sgobba, peraltro cugino di Peppino Palmisano. Nella sua omelia don Sgobba ha ricordato la simpatia e umanità che ha contraddistinto Peppino nella sua vita terrena e ha chiuso con delle parole di don Oreste Benzi: "Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è".
Al termine della cerimonia funebre il tecnico del Fasano Romano Iacovazzi ha voluto dedicare un suo personale e commosso saluto al suo mentore. "Una delle cose più strane del mondo è vederti adesso con un'espressione così seria, tu che hai sempre praticato l'allegria - ha detto tra le lacrime il giovane allenatore -. Mi risulta strano non sentirti ironizzare anche in un momento come questo, Perché certamente tu lo avresti fatto se solo potessi parlarci. Eppure io lo sento il tuo inconfondibile vocione rauco che un po' scocciato ci dice "Oh, v'avet a finesc de chiang?". Ed allora, grande mister, voglio dirti grazie per tutto ciò che mi hai regalato dal punto di vista umano, e per tutto quello che mi hai insegnato. Calcisticamente devo tutto a te ed adesso sarà tutto più complicato senza i tuoi consigli e senza le tue critiche schiette e precise. Sei stato il mio padre calcistico tanto che qualcuno ci accomunò a Mazzone e Bisoli. Ma poi, a parte il calcio, diventasti un punto di riferimento determinante della mia vita. D'altronde com'era possibile non rimanere contagiati ed affascinati dalla tua bontà, dalla tua intelligenza, dalla tua genialità, dalla tua simpatia e dal tuo carisma? Persino in quest'ultimo periodo della tua esistenza mi hai lasciato il più importante degli insegnamenti. Hai affrontato la tua malattia con dignità, orgoglio e con la consueta ironia. Hai preteso che nessuno dovesse avere commiserazione e pena per te. Adesso mi piace pensare che il Signore ti abbia chiamato a se per godere finalmente della tua ineguagliabile compagnia. Io il Signore sento di doverlo ringraziare perché ci ha fatti incontrare, arricchendo così la mia vita della tua preziosa amicizia. Quante battaglie calcistiche condivise e quante risate ci siam fatti. Quanti aneddoti porterò per sempre nella mia memoria ma soprattutto nel mio cuore. Potrò raccontare alle mie bambine di te, come se raccontassi loro di una bellissima fiaba, in cui non ci sono né streghe e né principi, ma c'è semplicemente un grande uomo. Sussurrerò alle loro orecchie con grande fierezza e con un sorriso spontaneo: "questo è il mister, un mito".
di Alfonso Spagnulo
23/04/2014 alle 14:02:53
Lutto nello sport fasanese: è morto Peppino Palmisano
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