Fabiano Amati: 'E' finito il tempo dei piccoli ospedali: occorre proiettarsi al futuro'

FASANO - Il nuovo piano assunzioni messo in atto dalla Asl di Brindisi che ha letteralmente ignorato l'ospedale di Fasano ha aperto un fronte di polemica sul futuro della sanità locale nelle more della costruzione del nuovo ospedale Monopoli-Fasano blindato ieri (giovedì 29 dicembre) dal decreto Milleproroghe approvato dal Consiglio dei ministri. In queste polemiche è stato tirato in ballo spesso il consigliere regionale Fabiano Amati che replica.

«Per quanto concerne Fasano non è cambiato nulla – ribadisce il consigliere regionale -. Il vecchio ospedale sarà riconvertito progressivamente in Pta con il protocollo che firmeremo tra qualche giorno in vista della nascita del nuovo ospedale. Molti, se dobbiamo parlare seriamente, non riescono a capire che la stagione dei piccoli ospedali di base è finita. Per disposizioni legislative e per buon senso. Ci stiamo proiettando in una fase nuova. La provincia di Brindisi sarà servita dal Perrino, da Francavilla Fontana e dal nuovo ospedale Monopoli-Fasano. Tutto il resto sarà un accompagnamento progressivo ai Pta, i quali, se ci fossero, assolverebbero alla domanda di salute ma non alle malattie tempo-dipendenti. I pronto soccorso, ad esempio, sono intasati perché fanno codici bianchi, codici gialli e codici rossi. L'assenza di un ospedale tra Bari e Brindisi va ad intasare gli ospedali di Brindisi e di Bari appunto. E di cosa discutiamo allora? Se parla Ostuni invidia il territorio vicino e i politici di quest'ultimo. Lo stesso fanno Fasano e Mesagne. Tutte queste opinioni, se si mettono assieme, fanno venir fuori una grande contraddizione e quindi l'esigenza di proiettarsi verso il futuro. Mettiamoci in testa che gli ospedali devono curare gli acuti e le malattie tempodipendenti. Questo se dobbiamo usare le parole della serietà. Se poi dobbiamo eccitare il popolo, per motivi di lotta politica, io non sono attrezzato. Le opinioni mediocri vengono ricordate solo come battute. Invece le opere grandi passano alla storia come grandi opere. E c'è bisogno che la classe politica scelga di far parte di questa seconda branca»