BRUTTO PERIODO
Xylella: dopo Ostuni trovato batterio anche a Martina Franca e si teme ora per Fasano
Il batterio va diffondendosi e il nostro territorio, anche se non risultano casi, è ora pressoché circondato: giunti in Puglia gli ispettori Ue
FASANO - Prima Ostuni, ora Martina Franca. Il batterio Xylella si espande e crescono i timori anche per il territorio fasanese. Non si registra per fortuna alcun caso sul nostro territorio ma il timore cresce dati i recenti avvenimenti. Ieri (mercoledì 16 novembre) sono arrivati in Puglia gli ispettori dell'Unione Europea chiamati a supervisionare il lavoro della Regione sul fronte dell'emergenza Xylella Fastidiosa. Ma l'allarme che un tempo aveva riguardato solo il Salento ora va certamente esteso all'intero territorio regionale considerato che, come detto, è proprio di questi giorni l'individuazione di un ulivo infetto anche alle porte di Martina Franca. Precedentemente gli effetti del batterio da quarantena che provoca un disseccamento rapido, si erano registrati anche nelle campagne di Ostuni. Una geografia del fenomeno che desta preoccupazione e che preme ai confini di altri territori regionali a forte vocazione olivicola. Ma non è soltanto il settore agricolo e agroalimentare ad essere preoccupato. Fibrillazioni si registrano anche nel comparto del turismo, specie quello rurale, che da sempre si identifica con il paesaggio di ulivi della nostra regione.
Intanto si mobilitano le associazioni di categoria. "Credo che ormai ci siano abbastanza elementi per sancire che la problematica relativa alla Xylella non può rimanere una emergenza relegata a pochi territori della Puglia ma che interessa l'intera regione – ha dichiarato il vicepresidente regionale della Cia Giannicola D'Amico -. La scoperta del focolaio a Martina Franca conferma quanto abbiamo sempre sostenuto ovvero che il batterio non avrebbe aspettato i tempi della giustizia, della burocrazia, della politica, delle polemiche. Dopo il “caso” di Ostuni ora il batterio minaccia la provincia di Taranto. Oltre a ciò altrettanto allarmante è il paventato rischio che Bruxelles decida il blocco della movimentazione dei prodotti agroalimentari pugliesi a causa del mancato rispetto delle misure ordinate dell'Europa. Tale rischio va assolutamente scongiurato. Tutte le istituzioni e la politica a qualunque livello – prosegue D'Amico - non possono permettere un simile blocco (oltre a quello già in atto relativo all'embargo russo in vigore sino al 31 dicembre 2017 che già tanti danni ha causato) che affosserebbe per sempre l'agricoltura pugliese mettendo in ginocchio e mandando sul lastrico decine di migliaia di aziende agricole e altrettanti posti di lavoro”.
"Solo da qualche settimana - ricorda Gianni Cantele, Presidente di Coldiretti Puglia - è stata avviata la prima seria campagna di monitoraggio, invocata da Coldiretti Puglia fin dall'estate del 2014, che deve individuare, con la migliore precisione possibile, il margine più settentrionale del contagio. Nessuna strategia di difesa ha senso senza questa certezza. La malattia, oggi riconosciuta anche da chi irresponsabilmente ne ha sempre negata l'esistenza, è la peggior fitopatia al mondo con la quale la nostra regione dovrà fare i conti per molti anni, almeno fino a quando la scienza non troverà una cura. Intanto avanza inesorabilmente e non possiamo più permetterci ulteriori perdite di tempo".
La Puglia agricola è sempre più divisa fra un nord, fortemente preoccupato per il proprio futuro, dove il batterio non è insediato e ogni singolo focolaio andrebbe affrontato secondo normativa, cercando al più presto, secondo Coldiretti Puglia, di contrattare con l'Unione Europea sulla regola dei 100 metri, proponendo misure meno drastiche basate su monitoraggi pianta per pianta e lotta al vettore, non appena il nostro potere contrattuale torni ad essere quello di un Paese credibile. "Il sud della Puglia, che corre il rischio di veder sparire l'olivicoltura e il florovivaismo per consunzione - denuncia il Direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - il futuro agricolo non lo riesce neanche più a vedere. Nessuna delle imprese che ha subito estirpazioni o blocco della commercializzazione è stata in alcun modo rimborsata, la gran parte degli olivicoltori dei frantoi e delle cooperative olivicole rischiano di chiudere nei prossimi 2-3 anni. Il divieto di impianto di olivo e di tutte le specie sensibili, di fatto congela tutto e tutti in un limbo di insostenibile e insopportabile inedia".
di Redazione
17/11/2016 alle 05:24:13
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