VICENDA DA CHIARIRE
Intrighi e misteri del caso Moro narrati al Teatro Sociale di Fasano
Interessante incontro organizzato dal Lions Club Fasano Host con l'onorevole Gero Grassi e Maria Fida Moro a parlare dello statista scomparso
FASANO - Nessun sceneggiatore al mondo avrebbe mai potuto scrivere una storia così ingarbugliata, fatta di coinvolgimenti italiani e stranieri, pezzi mancanti, tanti silenzi ma che sono costati la vita a tanti uomini. Parliamo del rapimento e l'uccisione del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Ieri sera (lunedì 16 marzo), proprio nella ricorrenza della straga di via Fani, il Lions Club Fasano Host presieduto da Ilio Palmariggi ha voluto organizzare, al Teatro Sociale (esaurito in ogni ordine di posto), un convegno sul tema "Chi è perché ha ucciso Aldo Moro". Ospiti della serata l'onorevole Gero Grassi, promotore della seconda commissione d'inchiesta sulla vicenda Moro, e Maria Fida Moro, figlia dello statista, accompagnato dal figlio Luca Moro,
Ad aprire la manifestazione il cerimoniere del Lions Alfonso Belfiore che ha subito passato la parola al presidente Palmariggi che ha introdotto il tema dell'incontro. Poi l'intervento di Gero Grassi. Il parlamentare ha ricostruito, documenti di Stato alla mano e sottolineando che non avrebbe detto niente di suo ma che si sarebbe attenuto soltanto a quanto appurato dalle commissioni di indagini (una relazione estratta da oltre due milioni di pagine e documenti), passaggi politici nazionali ed internazionali emersi nelle ricerche della Commissione su una vicenda adombrata ancora da troppe ambiguità. Ha raccontato di come nel 1974 fu ammonito, negli Stati Uniti, di voler perseguire il suo piano politico per portare tutte le forze politiche italiane a collaborare. "O la smette di fare queste cose o la pagherà cara. Veda Lei come vuole intenderla” gli fu detto da Kissinger, Segretario di Stato Americano). E Moro se ne rende conto tante che nel 1977 dice “A me capita come Berlinguer. Lui non è compreso in Unione Sovietica, io negli Stati Uniti e in gran parte della Germania”. Si vuole bloccare la sua idea di fare accordi con i comunisti.
E così Grassi snocciola, nomi date, luoghi, avvenimenti, particolari, intrecci. Racconta di quel 16 marzo 1978, il giorno del rapimento. Moro si dirige in Chiesa per pregare. Quando esce, sale sulla Fiat 132 diretta alla Camera dei Deputati, ma la scorta per raggiungere il luogo arriva in via Fani percorrendo quindi un giro molto più lungo. "E' come - dice Grassi - se voi di BFasano, per recarvi a Bari andiate prima a Brindisi". Perché questa decisone? Il Ministero degli Interni non ha mai dato, in 36 anni, la striscia delle telefonate che la macchina della polizia ha ricevuto in quella mezz'ora. L'operazione di via Fani dura 3 minuti. Rita Algranati, giovane brigatista alza un mazzo di fiori per segnalare agli altri brigatisti l'arrivo dell'auto del Presidente Dc. Alberto Franceschini, membro delle Br, ha sostenuto che senza la copertura della Cia, del Kgb, del Mossad, loro non avrebbero potuto né rapire né tenere nascosto Moro a Roma per 55 giorni. Grassi parla anche di due giornalisti ventenni scomparsi nel nulla, colpevoli di aver fotografato inconsapevolmente terroristi italiani che si addestravano con uomini del Mossad, ma tutti agli ordini di gente dei servizi segreti italiani. Narra di quanto accaduto il 2 aprile 1978, il lunedì di Pasqua, quiando alcuni professori tra cui Romano Prodi si inventano una seduta spiritica. Evocano l'anima di Don Sturzo e posano al centro un piattino il quale, stando a quello che sostiene Prodi, segnala “Gradoli”, “Bolsena” provincia di Viterbo. Il giudice Priore, istruttore del caso Moro, dice che le sedute spiritiche non esistono e che sono un malcelato modo di coprire la fonte. Non ci fu nessuna seduta spiritica. La “seduta spiritica” fu un incontro avvenuto nell'Università di Cosenza tra Beniamino Andreatta e Franco Piperno, brigatista e professore universitario. Questa seduta spiritica ha però un risvolto, nessuno sapeva dove fosse via Gradoli. Il 18 marzo 1978, due giorni dopo il rapimento Moro, la polizia riceve una segnalazione e raggiunge il posto, cioè via Gradoli. Alle sei di mattina i poliziotti fanno irruzione nel palazzo segnalato: dei quattro appartamenti presenti, solo uno non apre la porta. Lì c'è Mario Moretti, brigatista. "Ma non è importante sapere chi sta dentro l'appartamento - dice Grassi - quanto chi sta fuori. E fuori c'è il vice questore Elio Cioppa, un iscritto alla P2. Ma di via Gradoli nessuno sapeva dell'esistenza, nonostante in quella stradina periferica, privata, lunga 2 km e percorribile a senso unico i servizi segreti possedevano ben 6 appartamenti. La posizione socialista fu quella di trattare. La posizione dei comunisti e dei democristiani fu di non trattativa".
E' un fiume in piena Grassi nel narrare una storia dai lati ancora molto oscuri. "Ha soprattutto tanti lati oscuri - dice a Osservatoriooggi il parlamentare -. Pochi lati evidenti. La Commissione sta comunque lavorando bene. Quando ho iniziato questo viaggio per l'Italia avevo capito che la verità non ci fosse. Carlo Bo definì il delitto Moro un "delitto d'abbandono". In questi 37 anni ci sono state tante persone tra magistratura, Carabinieri, forze di polizia, pezzi di Governo che hanno contribuito a non far emergere la verità. Perché far emergere la verità sul caso Moro significa evidenziare le malefatte di un pezzo d'Italia. Devo dire per onestà che l'Italia non si è ribellata. Ha accettato tutto passivamente. Cosa che invece in questi giorni non sta succedendo. Questo mio incontro a Fasano è, nel giro di 13 mesi, la 132esima puntata.In tutta Italia c'è la riscoperta del caso Moro e soprattutto da parte dei giovani la voglia di sapere la verità perché quella verità è la verità della storia d'Italia. Sono contento di come stanno andando le cose e sono contento dell'attenzione dei media, che hanno anche le loro responsabilità per aver coperto nel '78 tante verità che invece oggi riscoprono di voler dire ai cittadini italiani che cosa è successo non solo il 16 marzo ma soprattutto nei 55 giorni di prigionia"
Grassi non manca di parlare anche del coinvolgimento del clero. "Il Vaticano - dice - tramite Paolo VI, fece di tutto per salvare Moro. Ci fu una trattativa ma non sappiamo chi bloccò questa trattativa. Sono convinto che don Antonio Mennini sia stato nel carcere delle Brigate Rosse dov'era Moro anche se lui continua a negare. Lui ha incontrato Moro a fin di bene. Ha confessato Moro e gli ha dato l'estrema unzione. Non capisco perché non voglia ammetterlo. Quando parliamo del clero dobbiamo invece dire che nel rifugio Br di via Giulio Cesare a Roma, dove furono arrestati Morucci e Faranda, che poi era la casa del capo del Kgb in Italia, professor Conforto, fu trovata carta intesta dell'Istituto Pro Deo, il cui capo era Padre Morleon, un agente Cia, e carta intestata con l'indirizzo privato di Marcinkus, che abitava a Roma in via della Nocetta. Anche qui c'è un pezzo del Vaticano, quello del Papa, che lavora per salvare Moro. Probabilmente c'è un altro pezzo che fa esattamente l'opposto".
"Il caso Moro coinvolge 50 anni - conclude Grassi -. Pensare di scoprire tutta la verità sarebbe folle da parte mia. Credo però che grandi elementi di novità, nel giro di un anno, possiamo aggiungerli e consegnarli alla storia".
Maria Fida Moro, invece, non ha voluto assolutamente toccare il tasto rapimento-uccisione. "Io e Luca vogliamo ricordare mio padre per le cose belle - spiega -. Le vicende le lasciamo chiarire all'onorevole Grassi che lo fa davvero bene. Il dolore è sempre forte e poi tutte le cose nuove che vengono a galla non ti aiutano anche se servono alla verità. Solo in favore della verità terrestre. A me interessa la verità spirituale di papà che vogliamo sia ricordato come persona e non come oggetto. Certo in Puglia è più facile ricordarsi della sua persona. La nostra famiglia è morta insieme a papà tanto tempo fa". La figlia dello statista ha anche preparato un dvd con immagini felici raffiguranti Moro.
Al vicesindaco Gianleo Moncalvo il compito, invece, di ricordare Francesco Zizzi, il poliziotto fasanese di scorta a Moro assassinato nel suo primo giorno di servizio. Il giovane amministratore, visibilmente emozionato, ha raccontato di come da bambino fosse accompagnato spesso dal padre (amico di Zizzi, ndr) a visitare la tomba dell'agente ucciso e di come sia cresciuto considerandolo un eroe.
I saluti finali, prima dello scambio di doni tra i relatori, sono stati affidati al Governatore del Distretto Lions Giovanni Ostuni.
di Redazione
17/03/2015 alle 06:21:45
Leggi anche:
_0.jpg)
Taglio su misura + piega gloss a soli € 20
Eligio Parrucchieri ti invita a conoscere i suoi prodotti.

Stazione di servizio Q8 Cacucci
Carburanti e servizi
Efficienza e puntualità nei servizi e prodotti offerti alla clientela