DA OSSERVATORIO - MAGGIO 1995
Orazio Ferrara in carica dal 1980 al 1981
I ritratti dei sindaci di Fasano a cura di Secondo Adamo Nardelli pubblicati su Osservatorio e successivamente nel libro "Medaglioni fasanesi"
Orazio Ferrara
FASANO - Le elezioni comunali dell'8 giugno 1980 videro la Dc in corsa con una lista acefala, malgrado la presenza del prof. Antonio Carbonara che aveva rivestito la carica di sindaco nella legislatura precedente. Ciononostante, l'ex sindaco fu il primo degli eletti con 2.672 voti di preferenza e doppiò il secondo. Il clima arroventato all'interno della Dc diede luogo a una affannosa gara interna per la conquista del primo scanno della città. Vi concorsero il prof. Carbonara, il dott. Giovanni Narracci, secondo degli eletti con 1.320 voti di preferenza, e il dott. Vincenzo Pagliarulo, che era stato sindaco per un breve periodo dal gennaio all'ottobre del 1974. Un'attività frenetica dei gruppi di sostegno di quelle candidature non approdò alla scelta, radicando i contrasti che divennero insanabili, anche se i tre concorrenti abbondavano di titoli validissimi per assumere l'alta carica. Fu decisamente avversato il prof. Carbonara, gravato dal sospetto che stesse lavorando alla formazione di una terza corrente interna, in contrasto con quelle dei due maggiori leaders del partito cattolico locale, Rubino e Martellotta. Altrettanto difficile si presentava la scelta tra Narracci e Pagliarulo. Ciò indusse, in forma compromissoria, alla scelta di una personalità istituzionale, ben vista all'interno del partito e stimata nell'opinione pubblica. Così l'avv. Orazio Ferrara, capogruppo consiliare dc, il 25 settembre del 1980, alle ore 11.45, fu eletto sindaco della città con 21 voti favorevoli, mentre al dott. Emanuele Vinci, candidato del Pci, furono indirizzati 11 suffragi. La giunta, eletta successivamente, si compose di 5 assessori democristiani, di cui effettivi Domenico Guarini, Vincenzo Pagliarulo e Renato Sabatelli, e supplenti Stefano Convertini e Paolo Pace, e 3 assessori effettivi socialisti: Domenico Mileto, Giambattista Lisi e Dino Cofano. Così nacque il governo bicolore composto da democristiani e socialisti.
Nel suo discorso di ringraziamento, il neo-sindaco fece appello all'unità del gruppo consiliare dc, del quale conosceva le lacerazioni. Dicendosi consapevole delle difficoltà del suo compito e appellandosi alla “fasanesità”, dichiarava che la sua visione della vita non era manichea, nella consapevolezza che «la verità sta in tutte le parti, vale a dire che in ogni fiammella che brucia nel cuore di un uomo c'è anche una parte di giustizia». Concludeva con un appello alla collaborazione generale, per risolvere i problemi della città in un confronto serrato e sereno, assicurando garanzia di dibattito, per dar corpo alla speranza di crescita politica e civile della città. L'avv. Ferrara, all'epoca, aveva già una notevole esperienza amministrativa, avendo ricoperto la carica di vicesindaco dal 1957 al 1959 nell'amministrazione Perrini, di assessore provinciale dal 1965 al 1980, e avendo partecipato all'amministrazione dell'Ospedale e dell'Azienda di Cura e Soggiorno di Fasano. Nel breve periodo del suo governo si segnalano alcuni provvedimenti di una certa importanza, quali: il piano di ristrutturazione di uffici e servizi municipali; il progetto per la costruzione di scuole materne in via Piave, via Meucci e a Pezze di Greco; l'approvazione del progetto per la costruzione della rete idrico-fognante nelle frazioni; il piano per favorire l'integrazione sociale dei cittadini portatori di handicap; l'attuazione della variante al Prg di Speziale, Pozzo Guacito e Montalbano. Il Comune in quell'epoca patrocinò una grande manifestazione per protestare contro la diffusione della droga, che vide una moltitudine di studenti adunati in piazza Ciaia, ai quali il sindaco rivolse la sua calda parola. Erano gli anni in cui Fasano era divenuta la capitale pugliese del commercio e dello spaccio di stupefacenti a causa di certe presenze inquietanti nel nostro territorio, e veniva considerata una città dove il tasso di crescita dell'uso di droga aveva assunto proporzioni drammatiche e mietuto le prime vittime.
Nella seduta di consiglio comunale dell'8 giugno 1981, a distanza di appena otto mesi, l'assessore anziano Mileto diede lettura di una nota datata 3 aprile 1981 con la quale Ferrara rassegnava le dimissioni dalla carica di sindaco «avendo esaurito l'àmbito del mandato» che definì «a termine». Nel prendere la parola, il sindaco dimissionario si scusò per il ritardo della conclusione del suo mandato, dovuto a problemi interni di alcuni partiti che non avevano consentito la soluzione programmata dell'apertura a una più vasta formula, e cioè a quella cosiddetta di “solidarietà nazionale”. L'avv. Ferrara, certamente uomo di stile, così come accettò la carica, con discrezione e senza rumori, desiderava uscirne in punta di piedi. Parole di riconoscimento morale vennero da tutti i banchi del consiglio, anche da quelli dell'opposizione. In particolare, dai banchi socialdemocratici, pur auspicando la fine dell'egemonia democristiana nella politica locale, si espresse il rammarico per le dimissioni del sindaco Ferrara e, con riferimento al passato, per quelle obbligate del dott. Pagliarulo, per la capacità di entrambi di offrire segni di presenza politica viva e valida. Messe ai voti, le dimissioni del sindaco, con 16 astensioni e 17 voti favorevoli su 33 presenti, furono accettate con presa d'atto.
Chi è Ferrara? Ama Orazio, che traduce correntemente dal latino. Dove nasce l'attrazione per il grande amico di Mecenate? Forse dall'omonimia, che vorrebbe più completa con l'abolizione del suo cognome, il quale suggerisce l'idea di un luogo di residenza. Magari preferirebbe chiamarsi Orazio Sesto Cicero. Col grande poeta latino il Nostro sembra condividere l'orgoglio per l'umiltà delle origini: il venosino del padre banditore, salsamentario o esattore; il fasanese del genitore falegname e vigile urbano. È umiltà oppure orgoglio? Orazio Quinto Flacco esigeva che si attribuisse ai suoi meriti ciò che si toglieva alla sua modesta origine. Forse, col subconscio, “Orazietto”, riferendosi alla modestia materiale delle sue origini, vuole umanamente far rilevare il successo desiderato, perseguito e conseguito a prezzo di duri sacrifici. Nasce a Pezze di Greco l'8 giugno 1930. Dopo le elementari compie gli studi ginnasiali presso l'istituto dei salesiani di Cisternino, considerati i “Gesuiti dei poveri”. Consegue la maturità classica e si impiega presso la Banca Fasanese per trarre i mezzi necessari al corso universitario, per completare il quale si dimette dall'istituto di credito, e si laurea in giurisprudenza presso l'Università di Bari. Ha assolto con grande correttezza ai molteplici incarichi pubblici esercitati. Talvolta, come Celestino V, ha pronunciato “il gran rifiuto”, com'è accaduto di recente in relazione alla sua designazione a presidente del Coreco di Brindisi. Comunque, gli fa piacere ricevere le offerte, che annota con lo stesso scrupolo del cacciatore che conserva i trofei. Di temperamento allegro, sprizza serenità da tutti i pori. Ride sonoramente e ha il culto delle buone relazioni e dell'amicizia. Antropometria ridotta e cuore grande: “Raro licor in picciol vaso”.
Anche Orazio Ferrara ha il suo Mecenate e professa l'amicizia con grande letizia ed entusiasmo. È il prof. Giuseppe Ruggiero, insigne maestro di diritto, verso il quale si sente profondamente legato, e che gli fu relatore nella seduta di laurea. Orazio “Sesto Cicero” è riuscito a trapiantarlo a Fasano, dove il più importante sodalizio artistico locale, Fasanomusica, ha elevato Ruggiero a suo protettore nominandolo presidente onorario. E che il giureconsulto sia il suo Mecenate, lo si deduce anche dal fatto che, pur non avendogliela donata, forse per fargli risparmiare l'imposta sugli immobili, gli ha messo a disposizione comodataria la sua villa di Roccaraso, che Ferrara può pienamente utilizzare, e utilizza, quando il suo talento di sciatore (ma sa sciare?) lo spinge verso quella località di sport invernali. Soltanto che, a differenza di Orazio Quinto Flacco, che bramava con la villa che gli fu donata da Mecenate «la serena pace, lontano dal mondo cittadino, pieno di intriganti, di beghe a non finire, di seccatori», Orazio “Sesto Cicero” è costretto dai tempi e dalle esigenze esistenziali a stare tra i rumori e gli intrighi della vita moderna. Tuttavia non si lascia impigliare. La sua presenza nella vita pubblica, sociale e professionale è improntata alla massima correttezza e a pregevoli comportamenti umani.
Secondo Adamo Nardelli
di Redazione
04/05/2012 alle 05:02:55
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