MEDAGLIONI FASANESI
Luigi Pepe
Carrellata di personaggi illustri fasanesi pubblicati su Osservatorio e pubblicati sul volume "Medaglioni Fasanesi" di Secondo Adamo Nardelli
Luigi Pepe
(da “Osservatorio”, dicembre 1997)
Venne al mondo, inconsapevole, nel sesto giorno del febbraio del ventiduesimo anno di questo secolo, e ne ripartì, senza averne avuto il desiderio, il diciottesimo giorno del dodicesimo mese del primo anno dell'ultima decade. Aveva 69 anni. Negli ultimi istanti della sua vita, rivolgendo lo sguardo malinconico alla consorte, disse: «Lina, che peccato!». Al suo primogenito Ninni, dopo qualche istante, sussurrò: «Sto morendo». Si concluse così il transito terreno di un uomo che aveva innalzato la modestia a valore sociale, esercitandola nella pubblica funzione, in quella che non si svolge su sfondi di teatralità, ma riguarda il rapporto tra la gente povera e la burocrazia.
Precursore dell'ammodernamento della struttura burocratica e del suo avvicinamento alle concrete esigenze del pubblico, nei fatti, e per fatto di coscienza, fu Luigi Pepe. Ma chi era e qual era la funzione di quest'uomo schivo e modesto?
Conseguita la maturità classica, fu assunto provvisoriamente al Comune di Fasano. A seguito di pubblico concorso venne nominato capufficio dei servizi demografici del nostro Comune dal 12 dicembre 1947, dirigendo i seguenti settori: stato civile, anagrafe, leva, pensioni, servizi elettorali, statistiche, censimenti, passaporti e servizi distaccati di stato civile e anagrafe delle frazioni. Delegato alle funzioni di ufficiale dello stato civile e successivamente a quelle di ufficiale di anagrafe, nel 1957 venne nominato a tutti gli effetti vice segretario capo facente funzioni. In seguito tali funzioni gli furono confermate fino alla copertura del posto di vicesegretario capo. Assorbito dal lavoro, assunto subito dopo la maturità classica, e raggiunta la autonomia economica appena 20enne, l'iscrizione universitaria alla facoltà di legge fu del tutto inutile. La passione per i motori, la sua predilezione per gli amici “popolani”, la tendenza alla parificazione sociale che segue ai grandi eventi straordinari della storia, le guerre in particolare, portarono Luigi Pio Pepe (al cui nome era stata aggiunta la targa religiosa così com'era accaduto all'amato papà Francesco Pio Pepe) nel mondo che più aveva desiderato: quello popolare.
Fu grande amico di Leonardo Latorre detto Giolitti, carrozziere, e dei meccanici Vito Sibilio e Achille Boggia. Un rapporto più stretto ebbe con Agostino Di Bari, provetto meccanico e abile motociclista, che passò con intelligenza e bravura nel settore dell'imprenditoria cinematografica e teatrale. La passione per i motori era per don Luigi, come tutti lo chiamavano, sconvolgente. Partecipò a una Fasano-Selva automobilistica. Una Fiat 509 fu per molto tempo oggetto della sua passione motoristica. In occasione d'una scampagnata alla Selva presso la casina Attoma, alla quale parteciparono Luigi, Agostino Di Bari con la Moto Guzzi, e Ninì Attoma addirittura con un cavallo del Gruppo Artiglieria Piceno di stanza a Fasano nel quale prestava servizio, “Ginetto” - come lo chiamava affettuosamente la madre donna Vittoria Càtera con minacce di guai a chi glielo toccava - non resistette al desiderio di farsi un giro con la Guzzi. La cavalcò e percorse viale Toledo in direzione della Casina Municipale, all'altezza della quale sbandò e cadde. Non fu facile fermare la disperazione di donna Vittoria e delle sorelle di Luigi, Ninì e Palmina, e la grande preoccupazione di don Ciccio Pepe. Fu questo malaugurato incidente a procurargli una menomazione permanente a una gamba che non gli impedì, tuttavia, per la compostezza dei suoi movimenti, di conservare nella deambulazione l'eleganza di sempre.
Non volle mai saperne di partiti né di incarichi di prima fila. Pur avendo il titolo di segretario comunale, non volle accedere alla speciale carriera.
Nel 1955 si unì in matrimonio con Michelina Pezzolla. L'unione venne allietata dalla nascita di tre figli: Francesco detto Ninni, Vittoria e Bernadette. Il profondo affetto per il padre comm. Giuseppe Pezzolla indusse Lina a chiedere al marito di coabitare col suocero. Così fu. Il Luigi sbarazzino, gioioso, fuori orario, al contatto con un uomo saggio, esperto, misurato e discreto, apprese che la vita, oltre alle scampagnate, è in grado di offrirci altre cose. E Luigi si convertì opportunamente, assumendo anche il ruolo serioso della vita. E per noi, suoi tenaci amici, non fu più il Luigi d'un tempo. Aveva messo la “testa a posto” con la serietà di chi prende i voti. Banalizzando una frase di Sallustio, secondo la quale la vera amicizia consiste nel «volere le stesse cose e non volere le stesse cose», il patto delle allegre serate si era infranto, ma restava il nostro obbligo di consentire a Luigi il suo diritto-dovere di godersi la famiglia e farsi godere da essa. L'amicizia fu salva: anche noi volemmo le stesse cose di Luigi.
Per quarant'anni ha servito i cittadini fasanesi, senza rumori, ostentazioni o esibizioni. Quando per ottenere un certificato di nascita o di residenza o di altra natura occorrevano tempi lunghi, ad abbreviarli c'era lui, don Luigi Pepe, che lasciava il suo ufficio e passava dietro lo sportello per dare una mano e sopperire alle urgenze di tanta povera gente che non aveva santi in paradiso. Certo, è raro che un burocrate di rango elevato sia antiburocrate, cioè che rinunzi ai privilegi dell'ossequio e, perché no, in qualche caso all'omaggio materiale, dimostrando che, se si vuole, tutto può avvenire in minor tempo. Tutti gli interpellati, dipendenti comunali in servizio e fuori servizio, alla domanda «Che tipo era don Luigi Pepe?», hanno unanimemente risposto: «Era un gran signore. Pur essendo superiore, salutava lui per primo». È pensabile, per la vastità dei settori da lui diretti, che qui a Fasano, per opera sua e per disponibilità dei suoi collaboratori, nacque una scuola di cortesia con il pubblico, che sopravvive tuttora, salvo casi sporadici di scostumatezza di natura personale.
L'umiltà, la modestia, la disponibilità ad aiutare quanti ne hanno bisogno nei limiti delle possibilità, sono segni di una nobiltà d'animo che onora chi li possiede. Anche nel Rotary Club di Fasano, del quale fu tra i fondatori, non volle mai assumere cariche di prima fila, fedele alla sua ritrosìa.
L'amicizia, per Luigi Pepe, era un valore altissimo. Non era tra quelli che dicono: «Io per te in caso di bisogno farei l'impossibile», frase che maschera l'indisponibilità a fare anche il possibile. Né era tra quanti nelle sventure dei propri migliori amici trovano sempre qualcosa che non dispiace. Se mai è esistito un antiburocrate amico della povera gente, questo fu lui, Luigi Pepe, burocrate di alto grado, uomo intelligente, sensibile, buono. Ha fatto per i concittadini, senza clamori, molto più di quanti nel clamore improduttivo nascondono la loro inettitudine. Alla sua morte, anche un pezzo di cuore dei suoi amici cessò di battere.
di Redazione
11/01/2013 alle 19:22:02
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