DA OSSERVATORIO N.4 - APRILE 1988
Arrevate u Sabbete Sante
La tradizione del Sabato Santo e dei canti all'uovo
di Michele Jacovazzi (il fu U TAGGHIA TAGGHIA)
Forse ti sorprende, caro lettore, che tutt'a un tratto venga fuori col mio nome e cognome. Ma perché dovrei continuare a nascondermi dietro uno pseudonimo, se ormai tutto il paese mi conosce? Non c'è più una sola anima che si lasci abbindolare, sono irrimediabilmente sulla bocca di tutti, vengo additato al mio passaggio; spesso mi capita di sorprendere qualcuno che mi fulmina con gli occhi o di colpo si mette in guardia, forse temendo di trovarsi catapultalo sulle pagine di Osservatorio chissà per quale nefandezza. Eppure non sono così pericoloso... Intanto ho approfittalo della Santa Pasqua per celebrare il funerale di “U tagghia tagghie” e per resuscitarmi come Michele Jacovazzi, con tanti osanna ed alleluia. «Il fu u tagghia tagghie» vuole essere un'epigrafe un po' nostalgica e un po' augurale, chissà che non faccia fortuna come il pirandelliano Mattia Pascal. Vaneggio. Ma mi tengo ben stretto forbici e pungiglione…
Per l'occasione voglio riportarti a qualche settimana fa, e precisamente alla vibrante notte del Sabato Santo. Qui vige un'usanza singolare e curiosa, che è proprio il caso di rammentare a tutti i forestieri, gli smemorati, gli strafottenti, i tirchi, i taccagni, i pidocchiosi e i disgraziati che hanno il sonno pesante o fingono di averlo: appena terminata la Messa, i Fasanesi si riuniscono in comitive e vanno girando fino alle prime luci dell'alba, cantando sotto i portoni la caratteristica canzoncina di “U Sabbele Sante” per ricevere uova sempre uova fortissimamente uova. I pigri di natura, i battifiacca, i ciccioni, gli affetti da reumatismi e soprattutto gli ingordi e gli scrocconi, che hanno la fortuna di avere una mezza macchina, vanno fuori Fasano e invadono le masserie della zona, riempendosi i panieri di uova, ma rompendo anche le uova dei contadini (eufemismo), visto che in piena notte si piantano in cucina, mettono tavola, s'abbuffano e tracannano. “Benedicite” i proprietari, angeli e santi del Paradiso, puntualmente svegli, ordinati, bendisposti e prodighi ( ... prova un po', caro lettore, a spostare la visitina in un'altra notte qualsiasi). Questo per sentito dire, perché io le masserie non le ho viste nemmeno col binocolo. Il mio gruppo se n'è rimasto a Fasano e ha macinato chilometri a piedi, pur avendo percorso una fettina piccola piccola del paese; ci sarebbe voluta una notte di 24 ore per perlustrare e saccheggiare tutte le vie e tutti i quartieri. Invece era già l'una passata quando ci siamo ritrovati nel piazzale della Chiesa Matrice, freschi e pimpanti, pochi ma buoni e decentemente organizzati: Giovanni Adami e Sergio Fanigliulo alla schitarra, Stefano Palmisano al banjo (perdoniamolo), il sottoscritto, Angelito Amati, Rosa Adami, Gianni Muoio, Esmeralda Di Tano, Chiara Vinci, Filly Olive, Sebastiano Montilon, Elio Schiavone alla voce ( ... hai presente i Ricchi e Poveri?)
Il primo a beccarsi le nostre assordanti disarmoniche cacofonie è stato l'Assessore al Bilancio Sarcinella.
«Arrevate u Sabbete Sante, Madra Mari se mette lu mante:
Nanne avaie pe ce sci, Saula saule se ne partì.
I acchii San Pite da nanze: “Madra Mari cè vé truvanne”;
“Vaque truvanne lu mio figliuole, Sò tre giorne ca non lu trovo”;
Tu l'ha perse i jì l'icchiate, Riite i porte de Pelate; Riìte i porte de Pelate Staie tutte flagellate».
Ma all'assessore non gliene fregava niente. Hai voglia a sgolarci una, due, tre volte, nessun risultato. Non un uovo, una caramella, una briciola di pane, una scorza, un rifiuto ( … non tassato). Avremmo potuto gettare una bomba e la famiglia Sarcinella sarebbe rimasta beatamente a dormire. Pure tu, Valeria, nostra carissima amica, che avevi giurato ci avresti aspettato? «Ritenta, sarai più fortunato » sentenziava una volta la cartina delle chewing gum non vincenti. E noi non ci siamo arresi. Toh, … imboccata via Fogazzaro, ... un portone misteriosamente socchiuso. Esplosione di gioia, assaporamento di uova, evviva quelle anime così caritatevoli da aspettarci in piedi e da lasciar la casa aperta. Evviva cioè le famiglie Sibilio, Soleti, Schiavone (così si leggeva sulle larghette dei campanelli). Mai come inquesto caso ci siamo sentiti tenori e soprani. Eppure, né si accendeva una luce, né si affacciava qualcuno. La pazienza ha un limite, non ci restava che far la faccia tosta e salire sopra. Ma spalancato il portone ... lutto era sinistro e lugu bre. A qualcuno son venute in mente le parole che un avo illustre trovò iscritte su una porta famosa: «Per me si va nella città dolente / per me si va nell'eterno dolore / per me si va tra la perduta gente / [ ...] lasciate ogni speranza voi ch'entrate». Qualcun'altro ha ciancicato che quella casa era vuota e disabitata a causa di un incendio. Fu soltanto un'invenzione? Non ce ne vogliano gli inquilini se ancora occupano serenamente l'abitazione. Sta di fatto che nessuno s'è fatto vivo e prima che si facesse vivo Caronte, ce la siamo data a gambe.
Raggiunto Corso Perrini, abbiamo tirato il fiato, quand'ecco che i nostri occhi di lince guercia hanno individuato una luce accesa dalla casa all'angolo. Forse un poveretto era andato in bagno e magari la nostra esecuzione canora l'avrà aiutalo a scaricarsi. Bel ringraziamento, la luce si è spenta e ci siamo beccati l'acqua. Ignobile gesto! Ven detta! Tremenda vendetta! Anatemi, scomuniche e maledizioni! Propositi di sfondamento del portone e di recisione dell'apparato intestinale, … noi che propugniamo il rispetto e la non violenza. Per un caso strano è passata prima la Sicurezza, che è tutto fuorché la Sicurezza, poi i Carabinieri, ma non siamo stati arrestati. Il terrorismo è continuato sotto la casa del commerciante Gabriele De Luca, n. 104. «Che s'era preso, “la papagna”? ». Incredibile, ore due, uova zero; ma la partita era appena cominciata. E bisognava continuare all'attacco. Quella vergognosa disfatta poteva aver fine solo andando a trovare qualche conoscente, e allora di corsa in via Fogazzaro, n. 95. Mentre la famiglia Corrente non se l'è sentita di lasciare le coperte, ... 'o miracolo: è comparsa la prima anima dai meandri della notte. Forse un miraggio? No, era Franca Boggia, subito raggiunta dal papà Felice, ai quali avremmo fatto un monumento... , “le mie prime quattro uova”, sembra il titolo di un film. Da una persiana è sbucato pure Gianni Pantaleo, che praticamente questa notte se la passa sempre in bianco. Infatti, benché cambi casa di frequente, puntualmente lo vengono a scovare. E lui che fa? Ci dà un uovo, dico uno. Però da quando son nato non mi ricordo di aver mai visto un uovo di quelle proporzioni. Sembrava un uovo di struzzo. Da dove l'avrà tirato fuori? Chi si è messo a covarlo? Quale prosperosa gallina custodisce segretamente in casa?
In via Giovanni XXIII, invece, l'uovo ce lo siamo beccati addosso! Questo è riprovevole e inammissibile, denota assoluta inciviltà. Anche perché il lanciatore antropopite co beota arteriosclerotico non ha avuto il coraggio di esporsi. Per la legge dantesca del contrappasso, come minimo lo colga una pioggia di escrementi di uccelli! La rabbia è stata placata solo all'ultimo piano di un appartamento della stessa strada, quando abbiamo finalmente ghermito le 3 uova della signora Lanzisera, orfana questa notte del popolare giovialone figlio Felice, anche lui a “scorribandare” per Fasano. Ma al 2° piano dimorano due personaggi noti sulla piazza fasanese, che non potevano sfuggire alla nostra brama di uova.«Tuppe, tuppe a stu pertone / Japre patrome i damme l'ove / I ce l'uùve namme i vu dé / Lu jaddenare taggia spascé / Jìsse 'mba Pite cu li mutande / Damme l'uuve du Sabbete Sante / Jìsse jìsse pii mutandoume, / Damme l'uuve dii paparoume» . Mba Pite è il profumiere Pietro Di Tano, che comunque ha avuto la decenza di non uscire “pii mutandoume”, bensi con un pantalone avano e una giacca ... casual. In elegantissima vestaglia biancoazzurra a strisce (evidentemente in sintonia con la promozione del Fasano in C2) si è presentata invece la moglie Franca, briosa e sorridente, con 6 uova (record provvisorio) nientedimeno nella custodia di cartone (che finezza!). Il prossimo anno assisteremo a un vero e proprio pellegrinaggio alla casa dei signori Di Tano.
Sconsiglio invece la crociata in via Piemonte, 17/A, dove solo i signori Guarini V. e Olive V. ci hanno aperto e propinato due bicchieri d'acqua, mentre gli altri inquilini Schiavone L. Pantaleo P . - Vinci C. Meo C. - Martellotta Renna - Mele Bello Burzo C. - Semeraro Susca S. sono evidentemente dei gran “scorzoni”. Attributo che non si addice invece alla maestra Rosa Ventrella (via G. Leopardi, n. 23) che, tra lo stupore di tutti, ha stabilito il record mondiale di uscita sulla soglia, peraltro sfoggiando un elegantissimo vestito blu (… sicuramente non era il pigiama). Rosa ha giustificato record e look sospirando di essere appena tornata dalla “caccia alle uova” e gentilissima ce ne ha date 5. Intanto di fronte è spuntato il sig. Tagliente che forse abbiamo svegliato di soprassalto ed è venuto fuori barcollante e spaesato (forse si chiedeva che ci facessimo in piedi a quell'ora cantando come dei matti). E mentre noi ci spolmonavamo con la canzoncina, zitto zitto s'è ritirato. L'ha sostituito sul gradino il sig. Donato Lapertosa, che ha cominciato a fissarci con piglio severo, immobile, in pigiamino celeste, con le braccia conserte. È venuta fuori una stonatura orripilante. Tuttavia sette uova sono un bel malloppo e il sig. Donato più di tutti meritava il nostro ringraziamento e i nostri auguri: «Palomme voule i sì / Buna Pasque a segnerì / I palomme voule i no / Buna Pasque a lor signò».
Alle tre abbiamo incrociato altri impavidi cercatori d'uova (senza una chitarra!) tra cui Cosimo Castrignano, Oronzo Perrini, Margherita ed Anna Cofano, Cinzia e Pallina Cardone, Adriana Cedro, Loredana Panzetta e altri. In questa santa notte di pace e solidarietà abbiamo riunito i gruppi e fatto immediata visita a Ottavio Narracci. Il quale ha esibito i riccioli spettinati, il pigiamino azzurro a quadrettini, e, alla “paninara maniera”, le Timberland al posto delle pantofole. Ottavio ha salutato il letto e, infilatosi il giubbotto giallo abbagliante, s'è unito alla combriccola. «Giallo, morirai senza assaggiarlo» (… l'uovo): gli inquilini di via Gramsci, n. 51, Peccarisi Quaranta - Cofano Neglia - Catigna Mandolla - Maggi De Leonardis andranno a finire nel girone degli avari. I cori calcistici indirizzati ai pargoli Peccarisi sono improvvisamente diventati teppistici («All'uscita eh eh, all'uscita l'avete avé!», «E violenza sarà!», «La senti questa voce ... »).
Per fortuna che a pochi passi, in via Enrico Toti, ci aspettava un tesoro sicuro. La cara Pamela Balestra ha il papà proprietario di un alimentari e all'alimentari di regola si vendono le uova. La povera Pamela, si sa, è una tappa fissa delle nostre “cantate all'uovo”. Chissà quanto ci vorrà bene, la sua faccia stravolta e le palpebre che si chiudono da sole sono la sua inequivocabile dichiarazione d'amore. Peraltro complimenti per il pigiamino naif e la permanente quasi a posto. Mentre Pierfilippo “versione by night” ci ha fatto la grazia di non farsi vedere. Alle 6 uova della simpatica Pamela (cui rinnoviamo l'appuntamento per l'anno prossimo) si sono aggiunte, come una manna dal cielo, le 3 uova della signora Ippolito, cui diamo “il premio della magnanimità”, essendo stata l'unica a venir fuori di sua spontanea volontà, senza che le avessimo rotto il campanello (eufemismo). Pierino Lacirignola, invece, non è venuto fuori perché nemmeno la moglie sapeva dove fosse finito alle quattro di notte, mentre la dolce signora di casa Sgura Sabatelli è apparsa nientemeno che col suo ringhiante cane da guardia pronipote di Cerbero, uno Yorkshire terrier microscopico, tutto fumo e niente arrosto; per noi, invece, quattro uova son state un bell'arrosto. Fumo invece, anzi smog londinese, sotto l'abitazione di Donato Monopoli, noto dottore, che se avessimo avuto tra le mani, avremmo sicuramente ridotto a paziente. “Malesangue” e attacchi di isterismo anche solto casa Zizzi, proprio di fronte all'ospedale; solo dopo un quarto d'ora è sbucata quella faccia angelica di Giacomo, che con una corda ha calato dalla finestra un secchiello. Con un sadismo da far rabbrividire lo stesso marchese De Sade, lo tirava su ogni qualvolta tentassimo di afferrarlo.
Poi non so quale buon Dio lo abbia fatto desistere dai suoi giochi atroci. Improvvisamente è diventato Babbo Natale: nel secchiello c'erano Wafers e Coca Cola, di cui ho un sottilissimo ricordo. Il dolce ristoro e il recupero delle facoltà mentali ci ha consentiti poi di raggiungere, in via Lapertosa, l'abitazione del giornalaio Carparelli. A chiamare tutti i figli ci abbiam messo un'infinità. Ma lo sforzo non è stato vano: mentre Alessio e Luciano ci sovrastavano dal balcone, Adriano s'è fatto le scale recando 10 uova. “Abbenedica!” Sicuramente andranno in Paradiso. Ha fatto seguito il raid a casa della prof. Grazia Di Tano e a casa di Laura Pinto, altre candidate al Paradiso. La nottata si è conclusa nella palazzina di Maria Potenza, la prima così ospitale da farci entrare in casa. Stimata maestra d'asilo per centinaia di piccini, ha immediatamente colto i nostri desideri infantili, prendendoci per la gola con ovetti di cioccolato ( ... che tutti prendano esempio!). Non ha perso tempo Manuela Cupertino, pigiamino lilla e calze bianche della nonna, con cui ci siamo piacevolmente intrattenuti tra una chiacchiera e un cioccolatino (la proporzione è diversa, mille grazie Manuela).
Alle cinque e mezza eravamo stremati, le gambe indolenzite, le menti ottenebrate e tanta voglia di letto. Ci siamo lasciati e non so neppure che fine abbano fatto le uova. Della frittata solo l'idea ... Ho conosciuto invece “l'ovosincrasia”, una nausea tale che non voglio sentir parlare di uova almeno fino al prossimo “Sabbete Sante!”. Tu, caro lettore, aspettami con la tua scorta… Però che scemi a non fare un salto alla Pollipoli.
di Redazione
06/04/2012 alle 19:43:30
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