MEDAGLIONI FASANESI
Nicola De Caro
Carrellata di personaggi illustri fasanesi pubblicati su Osservatorio e pubblicati sul volume "Medaglioni Fasanesi" di Secondo Adamo Nardelli
Nicola De Caro
(da “Osservatorio”, marzo 1997)
Quando Nicola De Caro, nel 1932, conseguì la laurea in giurisprudenza, su “piazza” c'erano soltanto sette avvocati: don Vincenzo Bianchi, don Saverio Amati, don Peppino Stella, don Nino Ruppi, don Achille Monopoli (con prevalente attività nel capoluogo pugliese), don Vittorio Saponaro, don Ottavio Pezzolla, e un operatore della giustizia di nome Luigi Russi, sulla cui targa all'esterno dello studio in corso Garibaldi 45, si leggeva oltre al titolo di ragioniere la qualifica di patrocinatore legale.
Nicola era nato all'inizio del secolo, nel 1907, primogenito di ventidue figli dati alla luce dalla coppia feconda dei suoi genitori: donna Rosa Ferretti, d'origine monopolitana, e don Carlo De Caro, impiegato presso il Credito Agricolo e Commerciale Fasanese. Ma nel corso degli anni solo sei ne sopravvissero, tre maschi e tre femmine: Nicola, Mario, Tonino, Angelina, Maria e Ada. Toccava a Nicola trastullare l'ultimo fratellino nato, muovendo il piede collegato con uno spago alla culla mentre studiava.
Dotato di capacità intellettive non comuni, frequentò con profitto, a soli 8 anni, la prima classe del ginnasio inferiore di Monopoli. Quando il padre si ammalò e fu costretto a lasciare l'impiego, Nicola divenne il capofamiglia di fatto. Il pensionamento del genitore ridusse le entrate familiari in un momento nel quale il fabbisogno aumentava. Fu giocoforza cercarsi un lavoro che l'istituto di credito dove aveva lavorato il padre gli offrì con retribuzione “avvantizzia”. Per arrotondare, non disdegnò in aggiunta lavori stagionali più umili presso un conservificio locale.
Ma non abbandonò mai gli studi: quando il padre gli rimproverò l'assenza dal lavoro gli annunciò che stava per discutere la tesi di laurea in giurisprudenza, facoltà alla quale si era iscritto dopo aver abbandonato il corso di farmacia. Aveva vinto sconfiggendo la ristrettezza finanziaria, l'avversa fortuna e ogni altro ostacolo che lo avrebbe collocato ai margini della società fasanese: lui era diventata l'avvocato Nicola De Caro, con abitazione in largo Seggio n° 5 e studio in piazza Ciaia n° 13.
La sua grande capacità d'individuare e raccontare gli aspetti ridicoli di fatti e avvenimenti non fu mai alimentata da rancore o sentimenti d'invidia, ma da una profonda intelligenza, capace di soppesare fatti e cose in modo realistico, sdrammatizzandoli. L'avv. De Caro non risparmiò nemmeno se stesso dalla sua arguzia e dal suo senso dell'umorismo.
Tutti i suoi strumenti di lavoro e lo stesso ambiente assunsero un unico colore: verde. Era verde l'intestazione della carta da lettera, il colore delle veline, quello del nastro della macchina da scrivere, l'inchiostro per i timbri e la stilografica, il sottovetro della scrivania. A chi gli chiedeva il perché rispondeva prontamente: «Come il colore delle mie tasche».
Durante il ventennio fascista, con il grado di capo-manipolo della Milizia, comandava i balilla che in occasione delle manifestazioni gli sfilavano con l'«attenti a destra», al canto di «Fischia il sasso, il nome squilla», concludendolo con gli ultimi versi: «Ai nemici in fronte il sasso, agli amici tutto il cor». Non era alto di statura fisica, ma nemmeno troppo basso. Quando a Fasano venne Renato Ricci, il capo dell'Opera Nazionale Balilla, fu anche un bel giorno per Nicola De Caro, che nella sua qualità, con altri papaveri provinciali e locali, dovette affiancarlo, specie quando il grande gerarca si portò alle “fogge vecchie” per posare la prima pietra della casa del balilla, che poi regolarmente non sorse.
L'incarico politico lo rese assai popolare nell'ambito della scuola locale per le connessioni strettissime che il regime aveva creato tra questa e le sue organizzazioni giovanili, in modo da poter pilotare l'educazione dei ragazzi in senso littorio.
Molte nubili insegnanti posarono gli occhi con intento matrimoniale sul giovane e brillante avvocato e gerarca, divenuto già valente civilista. Ma Nicola, intento a godersi un po' la giovinezza, non abboccò preferendo con la sua brigata di amici seguire e applaudire nelle piazze viciniori, a scopo di fraterno incoraggiamento, le ballerine dell'avanspettacolo passate dal teatro di Fasano.
La sua resistenza crollò dinanzi alla professoressa di lettere, terrore degli studenti, Elena Malinconico, che condusse all'altare. La nascita di Rosellina completò un quadro di serenità familiare che Nicola, al di là dei problemi comuni a tutti, potè godere durante la sua esistenza.
Tantissimi episodi dimostrano il suo umorismo profondamente umano. Un giorno, in piazza Mercato, nel box gestito da Ninuccio a Fràume, l'avv. De Caro fermò il suo sguardo sul prezzo dei fagiolini. Ninuccio prontamente esclamò: «Comandi, avvocato!». «Quanto costano i fagiolini?». «Avvocato, questi sono i primi: vanno a cinquemila al chilo». E l'avvocato di rimando: «Ninuccio, da tanto tempo tengo il desiderio di farmi un anello, mi pesi un fagiolino?».
Quando in Pretura c'era la consuetudine che l'avvocato più anziano, durante le cause civili, avesse il privilegio di sedere accanto al magistrato, con le battute pronunziate da quell'alto scanno metteva in croce i suoi colleghi e di buon umore il giudice.
Nel dopoguerra Oronzo Guarini, inguaribile socialdemocratico, attrasse nel suo partito molti professionisti. Non risparmiò De Caro, del quale era amico, e lo trascinò nella lista elettorale provinciale nel 1951. Ebbe pochissimi voti. A chi gli chiedeva la ragione, facendo scattare il suo spirito umoristico rispondeva: «Come puoi essere eletto se tua moglie non vuole e non ti vota?». Questo non gli impedì di condurre importanti battaglie politiche attraverso la stampa locale.
È stato un uomo di grandissima intelligenza, di provata umanità, ricco di spiritualità, custode dei valori della famiglia e dell'amicizia: una persona onesta. Quando si posseggono tali qualità si è di diritto protagonisti della storia della comunità in cui si vive. Nicola De Caro fu «raro licor in picciol vaso».
di Redazione
08/10/2012 alle 11:37:04
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