MEDAGLIONI FASANESI
Fernando Attoma Pepe
Carrellata di personaggi illustri fasanesi pubblicati su Osservatorio e pubblicati sul volume "Medaglioni Fasanesi" di Secondo Adamo Nardelli

Fernando Attoma Pepe
(da “Osservatorio”, gennaio 1998)
«Dal sonno alla morte è un piccolo varco» (Gerusalemme liberata, c. IX ott. 18). Nella notte del 13 dicembre, Fernando Attoma Pepe è salito sulla passerella, e al nocchiero del vascello disarmato che naviga sulle acque e nell'aria sconosciute, secondo le consuetudini della Marina Militare ha chiesto di salire a bordo per superare il varco: «Permesso accordato».
Così questo meraviglioso soldato, coraggioso combattente, non esponendo il suo corpo alle rovine dell'agonia lo ha conservato integro al pari della sua personalità morale, come si conviene a un brillante ufficiale della Marina. Croce di guerra con tre stellette; invalido di guerra per ferita da arma da fuoco al braccio sinistro.
La salma di Fernando era esposta nel grande salone arredato con divani di damasco rosso, fronteggiati da specchiere di cornice dorata. Sulle pareti carta di francia. Librerie supplementari a tutta altezza con le centinaia di libri di Fernando. Alle pareti i quadri degli antenati: il padre ing. Giuseppe Attoma; la madre Chiara Pepe; la moglie Marisa Attoma Pepe; e sull'altra parete i ritratti dello zio avv. Nicola Attoma e consorte. Sulle finestre e sulle porte doghe in legno dorato con lo stemma dei Pepe (una volpe appoggiata a un albero). Un ambiente dall'aria borbonica.
Si leggeva sul volto di Fernando la serenità di chi ha compiuto tutto il proprio dovere e può presentarsi al giudizio finale senza tremare.
L'orazione funebre commossa e appassionata che il dott. Giovanni fanizza pronunziò sul feretro di Fernando è un compendio di grande valore affettivo e biografico, affidato a uno stile di rara bellezza.
Io credo che saremo in molti a desiderare una tavola rotonda per definire dimensioni e pregi di una personalità così ricca di cultura e di virtù maturate non già tra i mobili insonori delle biblioteche ma nei tumulti dell'esistenza, guerra compresa, e tra importanti mutamenti storici. Fernando credeva innanzi tutto nei valori. Ha sempre profondamente rispettato i suoi simili senza far mai pesare la sua superiorità culturale, anzi dissimulandola. Intellettuale di altissimo rango, più che affollare la vetrina delle sue conoscenze e portarle in trionfo usava la ricerca per acquisire i valori.
Quando da ragazzo frequentava le organizzazioni della O.N.B. e della G.I.L. considerava “dovere”, quindi valore, sia quello di andar bene a scuola, sia l'attività ginnico-sportiva e paramilitare in nome della Patria, del Duce e del Re. Infatti, continuando a fare entrambe le cose divenne comandante della G.I.L. di fasano e vicecomandante provinciale. È da supporre che la sua formazione adolescenziale e giovanile contribuì non poco alle sue scelte militari.
Quando Fernando entrò in Accademia a Livorno aveva appena 18 anni, e vi fu spinto da una serie di presupposti morali che aveva maturato senza alcuna influenza esterna, nonostante fosse consapevole della guerra e dei pericoli che essa comportava. Ed ecco che “la Patria”, il dovere di difenderne il “sacro suolo”, emergono nella sua coscienza come valori assoluti. Molti marpioni, invece, esentati dagli obblighi militari, si presentavano alle Università in divisa fascista, e senza proferir parola si guadagnavano il 18, l'elemosina universitaria.
Da più d'un anno, per quanto di mia conoscenza, Fernando si preparava spiritualmente al “grande viaggio”. Sovente, quando stava a Fasano, sotto mezzogiorno attraversava via del Balì per recarsi nella chiesa Matrice, dove è presumibile che svolgesse le sue riflessioni religiose. Era un cattolico vero, come vero era in tutto ciò che manifestava. Che Fernando stesse meditando intensamente sulla morte è testimoniato dalla sua lettera inviata prima del decesso al Corriere della Sera, e pubblicata sul numero del 29 dicembre 1997, nella quale riportava le citazioni di Strabone secondo le quali nell'antica Grecia l'età limite per la sopravvivenza dei vecchi era di 60 anni, trascorsi i quali, se ancora in vita, dovevano essere eliminati per riequilibrare l'economia della comunità.
Così Fernando concludeva la sua nota: «Non me la sento di continuare questa citazione. Siamo 9 milioni noi vecchi e gli under 65 sono 35 milioni!».
Adesso non ci sono più i limiti di età. Thomas Robert Malthus, economista britannico (1766-1834), atteso che la popolazione cresce in progressione geometrica mentre i mezzi di sussistenza crescono in progressione aritmetica, affermava che il riequilibrio si stabilisce con le guerre e le pestilenze. Non avviene forse questo alle soglie degli anni Duemila? I tempi cambiano. L'uomo cambia difficilmente. I momenti dello spirito vanno vissuti anche quando sono dolorosi. È vero, caro Fernando, i miei occhi non ti vedranno, ma tu, autentico galantuomo, mare di intelligenza, vulcano di memoria, continuerai a interferire con il mio pensiero e con il mio cuore.
di Redazione
10/08/2012 alle 11:26:27
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