LETTERA APERTA ALLA COLLINA SILVANA
Cara Selva, ti scrivo...
Da Osservatorio n. 7-2001
il “Circolo del Littorio” (oggi casina municipale) in tutto il suo antico a superbo splendore
Salve, cara vecchia collina silvana! Mi inebriano gli arcobaleni di emozioni che continui ad elargire a profusione. Alla tua corroborante ombra un sortilegio lievita ricordi della lontana infanzia, che veementi ripopolano la mente. Allora bastava una corsa a perdifiato tra platani e castagni per scatenare una fragorosa tempesta di sentimenti. Un cespuglio di more mature graffiava i pensieri, giulebbando il palato. Nel paniere delle sensazioni si schiudevano umili i lupini, i cui petali violacei, forieri d'amore, si offrivano ad eleganti farfalle in volo. Delicate danze di libellule dilatavano l'animo di chi suoi tuoi sentieri, Selva, cercava nelle notti di plenilunio la profondità del proprio essere libero. Libero di viaggiare nel preludio delle aurore e dei tramonti incastonati in giorni vissuti densamente. Libero di tuffarsi nel gioco sottile della fantasia per rivisitare la poesia della realtà. Libero di fondersi col temerario Icaro proteso verso il sole o coll'impavido Ulisse che varca le frontiere dell'ignoto.
Oggi, con gli occhi della maturità, torno a rivivere nel tuo grembo la mia estate. Da innamorata adagiata nelle proprie ansie cerco rifugio nei tuoi generosi amplessi. Sussulto però ai martellanti colpi con cui folli escavatori, giorno dopo giorno, ora dopo ora, fendono il tuo corpo. Vedo le tue zolle soccombere sotto anonime colate di cemento e un senso d'impotenza mi dà le vertigini. Guardo il paesaggio fuggire dietro di me, prima ancora di averlo potuto scrutare. Capto nelle brezze mattutine conflitti e tensioni, che affannano la tua vitalità. Non un lamento, né imprecazioni! Come perla scaturita dal difetto della conchiglia, tu ti ergi regina sulle barbarie architettoniche, che deturpano le tue flessuose forme. Riesci a sorridere debolmente, ma con fierezza. Tra le pause del vento si allunga la tua voce: evochi memorie di ieri, indugiando su quelle vive e doloranti di oggi. Le parole si perdono nel cielo, seguendo stracci di nubi sfilacciate... si allargano e si richiudono a ventaglio, per scomparire nell'inedito libro dell'universo.
Intanto ogni mònade silvana si ricompone e la vita scorre in una ridda di immagini lungo l'ossimoro del tempo.
Nei campi assolati le stoppie mosse riproducono il rumore acuto e aspro di sempre, le querce risuonano di grida e i fiori di magnolia, candidi come mani di neonati, inondano l'aria di olezzi orientali. Tornano i temporali con il carico di lampi serpeggianti come bisce; le cromie ridisegnano i boschi; la luna pende piena nell'aria, e le pietre si animano.
I pensieri diventano versi di arcane liriche dedicate a te, sinuosa signora dalle pendule chiome argentate.
Stammi bene, diletta amica dei sogni trascorsi e di quelli avvenire. Il tuo domani è anche il mio, anzi il nostro!
di PALMINA CANNONE
Le foto che illustrano questo articolo, dal caratteristico formato “cartolina postale”, risalgono agli anni Trenta e fanno parte della preziosa collezione della famiglia De Carolis. Mostrano una Selva che non c'è più, perduta nei meandri della nostra memoria collettiva.
di Redazione
25/08/2015 alle 12:15:50
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