1945: LA TRAGEDIA DEL CARABINIERE MONTALBANESE PASQUALE GUARINI
Massacrato dagli aguzzini di Tito
Da Osservatorio n. 2 – febbraio 2001
L’appuntato dei carabinieri Pasquale Guarini
A qualche mese di distanza dall'intitolazione di una strada di Montalbano al suo nome, è opportuno tornare sulla figura del carabiniere martire Pasquale Guarini, per un approfondimento storico delle circostanze in cui si svolse la tragedia di cui il nostro sfortunato concittadino fu protagonista. È ancora vivissima, nella comunità montalbanese, l'emozione per l'avvenimento vissuto in quella domenica dello scorso novembre (il 19), quando la popolosa frazione di Fasano ha finalmente coronato un sogno atteso da anni: quello di poter ricordare i propri caduti delle due guerre mondiali con un monumento commemorativo. Disegnata dalle matite dei geometri comunali Francesco Leone e Leonardo D'Adamo, l'opera è stata realizzata dal giovane scultore salentino Matteo Marraffa. È stata quella l'occasione per inaugurare il “Parco delle Rimembranze” che accoglie il monumento ai caduti, e “battezzare” la nuova “Via Martiri delle Foibe - Carabiniere Pasquale Guarini”: una doppia intitolazione che ricorda contemporaneamente tutti i morti delle foibe e in particolare il milite montalbanese, appuntato dell'Arma, tragicamente scomparso durante le persecuzioni anti-italiane dei comunisti jugoslavi agli ordini del maresciallo Tito.
«Splenda perpetua sui figli della Pace la luce del bianco cielo quieto, quando il buio delle nostre sere nasconderà le loro croci»: così recitava l'invito della cerimonia organizzata dal Comune di Fasano e dalla Circoscrizione di Montalbano-Speziale. Già... «il buio delle nostre sere»..., il buio di chi nasconde quelle croci, un buio che troppo spesso tende a rimuovere dalla memoria collettiva fatti e avvenimenti che, invece, ogni padre dovrebbe raccontare a suo figlio e ogni scuola dovrebbe insegnare ai propri alunni. È proprio questo il buio che da troppo tempo permane anche attorno alla vicenda del carabiniere Pasquale Guarini.
Il dramma del nostro concittadino ha inizio, come tanti altri, nel maggio 1945, con un epilogo che è rimasto avvolto nel mistero e nell'omertà per quasi cinquant'anni. L'appuntato dei carabinieri Pasquale Guarini, nato a Montalbano, classe 1920, “scompare” nel maggio del '45 assieme ad altri commilitoni di stanza nella caserma di Gorizia. I militi, si scoprirà in seguito, furono catturati dalle bande partigiane del maresciallo Tito mentre erano in caserma. Dopo un breve periodo di prigionìa nelle carceri titine, furono caricati su alcuni camion e “trasferiti” direttamente... nell'inferno delle foibe. Morirono tutti, lasciando le rispettive famiglie in preda alla disperazione. Nessuno di quei carabinieri “partiti” con l'appuntato Guarini fece mai ritorno a casa. Quasi tutti erano giovani carabinieri meridionali, mandati al confine orientale per servire la Patria. Tutti furono prelevati in caserma dai brutali partigiani comandati da Tito, futuro dittatore comunista della Jugoslavia. Avevano la sola colpa di essere italiani. Furono deportati in un campo di concentramento, ridotti in schiavitù e, infine, massacrati di botte e gettati, ancora vivi, in una profonda voragine naturale, una “foiba”, come la chiamano da quelle parti. Ancora oggi, ad oltre mezzo secolo di distanza, i martiri italiani delle foibe non godono di una degna e cristiana sepoltura: i loro resti sono ancora lì, “infoibati” in quei pozzi senza fondo, immolati a migliaia sull'altare del comunismo titino.
Alcuni anni fa, in seguito a difficili ricerche, è stato il figlio di Pasquale Guarini, Giovanni (oggi carabiniere in pensione, residente in Friuli), ad accertare la fine orrenda che fecero quei carabinieri tra i quali era suo padre, insieme a tanti altri cittadini italiani massacrati in quel modo barbaro dai comunisti slavi dopo il 25 aprile 1945, e uccisi quindi senza motivo, dato che, almeno per l'Italia, la guerra era già finita. La “pulizia etnica” in Istria, in Dalmazia e nella Venezia Giulia riguardò circa 12.000 italiani, e tra essi c'erano i carabinieri che diedero la loro vita per cercare di difendere quelle popolazioni.
Lo studioso Marco Pirina, membro del Centro Studi e Ricerche Storiche “Silentes Loquimur”, che ha sede a Gorizia, è riuscito a stabilire, fra le tante, l'esatta foiba dove fu gettato il nostro concittadino Pasquale Guarini: è sita nel Comune di Tarnova, oggi territorio sloveno. In quell'abisso giacciono i resti di un martire la cui memoria dev'essere cara a tutti i fasanesi, specie alle nuove generazioni.
«È bene che certi fatti siano conosciuti - scriveva il papa Paolo VI - perché si comprenda a quali delitti e a quali follie hanno condotto teorie barbare che hanno preteso di sostituirsi ai principi della morale naturale cristiana».
di MASSIMO VINALE
di Redazione
24/06/2015 alle 12:30:30
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