LA SCOMPARSA DEL DOTTOR GIUSEPPE TAURO
Un medico che sapeva ascoltare
da Osservatorio n. 2 - febbraio 2001

Il dott. Giuseppe Tauro, deceduto il 5 febbraio. Aveva 64 anni.
Il dottor Giuseppe Tauro, ufficiale sanitario per circa vent'anni nella nostra città, è morto improvvisamente il 5 febbraio, colto da un malore subito dopo aver terminato le visite ambulatoriali. Aveva 64 anni.
Peppino Tauro era nato a Fasano il 9 novembre 1936. Si era laureato in Medicina e chirurgia all'Università di Bari, specializzandosi poi all'Università di Pisa in “Igiene e sanità pubblica” e in “Puericultura e dietetica infantile”. Nella città toscana era stato allievo del prof. Giuseppe Caroli, illustre cattedratico e nostro concittadino. Il dott. Tauro aveva iniziato la sua carriera di medico condotto nel 1967, esercitando il ruolo di ufficiale sanitario fino al 1987, anno in cui aveva scelto di fare solo il medico di famiglia nel suo ambulatorio privato.
Sulla figura del dott. Tauro ospitiamo una lettera-testimonianza dell'insegnante Maria Pia Zizzi e un ricordo del giornalista Gianni Custodero, suo amico e paziente.
Su questa riva hai camminato silenzioso, austero e schivo verso ogni preambolo, adulazione ed esteriorità.
Hai camminato... quando la buganvillea rosso-brillante e il gelsomino bianco, avvinti al graticcio verde, celavano in modo pittoresco il muro della tua casa silvana. E quando il tuo giardino cominciava ad addormentarsi quasi in preghiera, e gli alberi distorti e nudi si apprestavano ad ascoltare l'abisso del cadere fragile delle foglie, allora, come ogni giorno, i tuoi passi risuonavano lungo viale dei Pini, viale dei Castagni, viale Nuovo, viale Toledo, viale S. Donato... E quando scoccava l'ora solare, a fine ottobre, scendevi al tuo paese, mentre il buio della notte ancora si opponeva al chiarore del mattino. Poi la luce svelava il volto assorto del giorno che stava per cominciare e ti coglieva sul posto di lavoro, nel tuo studio di antica memoria, sito in corso Perrini, dove attendevi i tuoi clienti che erano sicuri di trovare là il loro medico di base, l'amico di fiducia.
Tante volte ti abbiamo chiesto: «Perché così presto?». Tu abbozzavi un sorriso, tra il sornione, l'indescrivibile e il misterioso, e poi sorvolavi volutamente e non rispondevi.
Per i tuoi fedeli e affezionati clienti, per la tua famiglia, la tua giornata era troppo breve: «Diamoci da fare». Così cominciavi, così finivi, rivolgendoti ai tuoi vecchietti mattinieri come te, e a tutti coloro che ti si avvicinavano per un consiglio, una ricetta, una visitina e una “siringhina”. Con le tue risposte brevi, incisive, scuotevi la persona, fugavi i falsi timori e guarivi il male fisico e psicologico, infondendo fiducia. «Diamoci da fare». Tu non perdevi tempo e ti davi da fare per ascoltare le ragioni degli altri, anche quelle più segrete. Ascoltavi e rispondevi con voce sommessa, sorvolavi sulle inezie, ti interessava il problema, il bisogno vero. Non avevi tempo per coltivare rancori, pregiudizi, per dar peso a parole e gesti sgraditi. Non avevi tempo per affanni senza senso; camminavi spedito, ma sostando agli angoli delle strade, per parlare con l'amico, il collega, il cliente e i parenti che incontravi lungo i tuoi percorsi serali. Tutti ti hanno incontrato pellegrino instancabile su questa riva, andavi guardando in avanti e attorno, lasciando le orme dell'uomo che pur tra gli affanni e le fatiche della vita cercava sempre le giuste ragioni.
Lunedì sera, 5 febbraio, dopo aver percorso l'abituale tragitto per le strade del tuo paese, sei tornato a casa, luogo eletto a fissa dimora dei tuoi affetti più cari. Il cuore pervaso dalla quiete che incombe sulla terra quando giunge l'ora fatale, mentre da lontano le colline sono diventate più scure, e si sono allungate e distese verso di te. «Una porta si chiude, la voce del dolore si effonde nell'aria. Luce, pace e abbandono trasformano il tuo volto. “Costui mi è gradito” dice Dio» (Charles Peguy).
Maria Pia Zizzi
Pensava solo alla salute degli altri
Non volevo crederci, non voglio crederci ancora. Eppure l'impietosa evidenza delle date - 5 e 6 febbraio - conferma una notizia terribile: Peppino Tauro non è più tra noi. L'ho saputo per caso il mercoledì, ne ho avuto conferma da due necrologi nella Gazzetta e da una breve notizia del Quotidiano. Avevamo la stessa età, lo ricordo dai tempi della prima media: era un ragazzo taciturno diventato serio anzitempo; poi andò in collegio. Ci siamo incontrati di nuovo negli anni dell'Università e dell'associazione universitaria in corso Vittorio Emanuele, sulla farmacia, accanto al Purgatorio.
Siamo stati sempre amici, anche se ci siamo perduti di vista per lunghi periodi: amici di quelli che non hanno bisogno di molte parole per dirlo e per dimostrarlo. Sapevo che c'era, era a Fasano, e che potevo contare su di lui. Una volta, trent'anni fa, mi prescrisse una lozione miracolosa; quando ho avuto guai al cuore devo a lui ed a mio figlio, un altro Giuseppe, se, grazie a una fleboclisi e ad un ricovero quando non ero più in grado di oppormi, posso raccontare quella disavventura. In ogni occasione, per telefono, nell'ambulatorio di corso Perrini o alla Selva, è stato sempre pronto, con la parola giusta, il consiglio giusto e la medicina giusta, a rispondere ad ogni richiesta. I malati, veri o immaginari, molte volte sanno essere assillanti e petulanti, specialmente quando il medico è un amico. Ma Peppino non ci faceva caso: credo che non abbia mai perso la pazienza. Con nessuno, ma, soprattutto, con chi si affidava a lui come medico. Si preoccupava più della salute degli altri che della sua: ad un amico comune, Pasquale Di Bari, ha sempre chiesto della mia. Ed era la prima cosa che mi chiedeva quando ci incontravamo. L'ho visto l'ultima volta alla Selva, in un tardo pomeriggio autunnale, durante la sua solita passeggiata... No, non voglio crederci.
Gianni Custodero
di Redazione
31/05/2015 alle 12:16:13
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