DOCUMENTI INEDITI SUL CONVENTO DI SAN GIUSEPPE DI FASANO
Storia delle “Donne Monache”
da Osservatorio n. 1 - gennaio 2001
permesso manoscritto a firma del vescovo di Monopoli (1º giugno 1908) che autorizza le ultime “Donne Monache” di Fasano a lasciare anzitempo il convento
A chi pensa che sull'ex Convento delle “Donne Monache” di Fasano sia stato detto e discusso abbastanza, dedichiamo in merito una rilettura sulle righe di quattro secoli. Si percepirà la presenza sepolta di testimonianze passate in grado di fugare qualcuno dei dubbi che marcano una pagina seducente della storia patria. Il terreno d'indagine connesso alle claustrali che scelsero la via della realtà interiore rifuggendo il mondo, continua infatti a rivelare nuove suggestioni e novelli approcci. Ritrovare armonie e drammi consumatisi nel locale monastero permetterà di cogliere pensieri, affanni e silenzi femminili votati alla contemplazione di Dio.
Il ricordo riaffiora
15 giugno 1908. È sera. Le ultime sette suore rimaste nel Monastero di S. Giuseppe in Fasano raccolgono stancamente le loro misere cose. Sono vecchie, stanche, indigenti, malate, bisognose di cure. L'indomani, su loro richiesta e per concessione del Santo Padre, lasceranno il convento, trovando ricovero e conforto in casa di parenti e amici. La notte è calda. La luce fioca di un lume a petrolio illumina debolmente le loro lente sagome. Si riuniscono per l'ultima volta... Sulle antenne dei ricordi recuperano il tempo. Un bagliore improvviso scandaglia la tenebra della memoria: il raccontare scivola sulle labbra rinsecchite. Iniziano a fatica. Il dire si proietta lontano con inevitabili scricchiolii, turbolenze, inabissamenti. Pian piano il profumo della storia riguadagna la via.
Indietro tutta: riferimenti cronologici
1604. Giovanni Calefati dispone per testamento il lascito di duemila ducati da impiegare nella costruzione di un monastero di “Donne Monache” in Fasano. Il Calefati è uno dei più insigni benefattori fasanesi, il cui nome è legato a molte iniziative nel campo religioso e sociale.
1608. Iniziano i lavori per la costruzione della chiesa, dei locali addossati ai fianchi e alle spalle della stessa, e della cisterna per la raccolta delle acque piovane (1.605 “salme”, pari più o meno a 160 mila - 180 mila litri).
Gennaio 1630. Vincenzo Melingi, vescovo di Ostuni, nella sua Visitatio novae fabricae Monasterii Monalium terrae Fasani, stima i lavori eseguiti. «Die 4 mensis januari 1630. Idem R.mus Dominus Visitator, associatus a suis Assistentibus, et Reverendo Priore, et Francisco Antonio della Rizza, et Petro Calefato nepoti fundatoris, ac aliis multis de Capitulo et de populo, et a Domino Simeone Caiasso fabricatore ipsius fabricae, cum planta totius fabricae dicti monasterii in duobus foliis designata, accessit ad visitandam dictam fabricam» (dalla Visitatio Terrae Fasani de anno 1629 8 bris et januarii 1630). Trad.: «Il 4 gennaio 1630 lo stesso reverendissimo ispettore, accompagnato dai suoi assistenti, dal reverendo Priore, da Francesco Antonio della Rizza e da Pietro Calefati, nipote del fondatore, e da molti alti membri del Capitolo, da una quantità di popolo e dal signor Simeone Caiasso, costruttore del medesimo edificio con la pianta di tutta la struttura del detto convento disegnata su due fogli, andò a visitare detto monastero». «Risultò -come scrive Angelo Custodero - che per raggiungersi la somma di novemila ducati, quanta ne occorreva per finire il convento secondo il disegno, era d'uopo della rendita della altre opere pie per lo spazio di altri venti anni. Così il Vescovo ordinò che si supplicasse la Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari... acciò provvedesse; ma questa non volle saperne, e la fabbrica del convento Calefati restò abbandonata: si era solo elevata di 25 palmi la fabbrica della chiesa, ed edificate cinque camere basse a lamia, verso levante di essa» (cfr. G. Sampietro, Fasano: indagini storiche, rist. anast. Schena, 1981, p. 371).
19 novembre 1681. Le due germane di origine spagnola Palma e Francesca La Itta y Loio fondano il Conservatorio di S. Teresa, come si desume «da una lettera apostolica, in forma di Breve, spedita il dì 19 febbraio del 1698 dal Pontefice Innocenzo XII al vescovo di Ostuni, Benedetto Melazzo», dotandolo di tutti i loro beni (cfr. G. Sampietro, op. cit., p. 356). In un decennio, le religiose, stimate da tutta la comunità, raggiungono il numero di trenta, accrescendo con la loro dote il patrimonio del Conservatorio. Ben presto la casa dei La Itta si rivela inadeguata ad accoglierle tutte, per cui il General Parlamento dell'Università cede alle suore l'erigendo convento per monache, la cui costruzione (iniziata nel 1608 col denaro di G. Calefati, come innanzi riferito) si è interrotta per mancanza di fondi, per cui dopo 85 anni non è ultimata. I lavori di completamento e ristrutturazione, regolamente documentati, sono ricordati fino al 1774.
3 maggio 1694. Le suore s'insediano con grande solennità nel Monastero, destando nel popolo fasanese una commozione indescrivibile. «Adunatisi pertanto il clero e i magistrati, si portarono al Conservatorio, e dispostasi in ordine la processione, s'indirizzò verso la chiesa Matrice. Precedevano le religiose in cappa bianca, con i veli calati e coronate di spine, e innanzi ad esse la loro Superiora, Maria Cherubina, col Crocefisso inalberato. Seguiva il Capitolo e il clero. Venivano infine i magistrati con il numeroso popolo» (cfr. G. Sampietro, op. cit., p. 359).
La storia continua
La Priora, dopo l'insediamento, chiede al Papa di rendere di clausura il Convento e di «ricevere il sacro velo» con le consorelle. Innocenzo XII dispone che il Conservatorio sia elevato a «Monastero di clausura, sotto la regola di S. Maria Maddalena de Pazzis, con la soggezione dell'Ordinario del luogo, e con la facoltà a lui di prefiggere il numero delle Monache e la dote rispettiva per ciascuna di esse» (cfr. G. Sampietro, op. cit., p. 360).
12 aprile 1698. Il delegato apostolico, mons. Melazzo, dichiara con decreto il Conservatorio di S. Teresa elevato a Monastero, sotto il titolo di S. Giuseppe.
Dal 1694 fino al 1808 il Monastero rimane sotto la giurisdizione dei Cavalieri di Malta.
1809-1811. Il Convento passa sotto la giurisdizione di una commissione formata dal sindaco, da sei consiglieri del Comune e da un sacerdote.
1818. Il chiostro passa sotto la giurisdizione del vescovo di Monopoli.
30 aprile 1849. Il Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari riceve da alcune coriste del Monastero di S. Giuseppe di Fasano la richiesta di dispensare le proprie famiglie dal corrispondere loro annualmente la somma di 6 ducati, causa l'indigenza in cui le medesime versano.
1873. Dopo la proclamazione dell'Unità d'Italia, le leggi dello Stato sopprimono le Congregazioni religiose, incamerando nelle proprietà statali il loro patrimonio. Il monastero, divenuto proprietà del Demanio, viene dato in amministrazione al Comune di Fasano. Alle monache è consentito di rimanervi fino al 4 dicembre 1908 in attesa di nuovi ordini, ma l'età avanzata, le malattie, la miseria più nera le costringono a chiedere al Papa nel maggio 1908 il permesso (accordato con Decreto del 1º giugno successivo) di uscire dal Monastero prima della scadenza.
16 giugno 1908. È l'alba: le “Donne Monache” sono esauste. I ricordi notturni le hanno stremate ulteriormente. Il capolinea si delinea minaccioso all'orizzonte. Ogni giorno trascorso per loro è ormai «un caro estinto, un'urna piena di fiori e cenere» per dirla con Ippolito Nievo. Durante il giorno lasciano il Monastero, che rimane in totale abbandono per oltre tre anni.
17 novembre 1911. Con delibera n. 96, il Comune di Fasano concede in uso alla Confraternita del SS. Rosario la chiesa e alcuni locali annessi (al piano terreno: chiesa con altari, rifacimenti, statue, ecc., sagrestia e coretto; al piano superiore: grande coro, cantoria, matroneo, campane), da destinare all'esercizio del culto.
1947-1948. Gli stessi locali, a norma di legge, vengono “ritrasferiti” in proprietà al vescovo della diocesi.
Per quanto ci riguarda, in futuro sfoglieremo nuovamente l'album dei ricordi delle nostre monache. Nell'archivio della loro storia altri remoti eventi attendono di essere registrati: fotogrammi di verità passate, che propagano ancora forti vibrazioni.
«Fateci uscire»
Riportiamo la trascrizione integrale della lettera con cui le “Donne Monache” di Fasano chiedono al Papa, nel maggio 1908, di poter uscire dal Monastero prima della scadenza del loro soggiorno, che era stata fissata al 4 dicembre successivo.
Santo Padre,
le monache carmelitane professe del Convento di San Giuseppe di Fasano in diocesi di Monopoli in numero di 4 coriste e 4 converse, tutte di gravissima età dai 70 ai 95 anni, prostrate ai piedi della S.V. implorano umilmente quanto appresso. Prima d'ogni altro esse confessano con dolore che nello scorso novembre (1907, n.d.r.) essendosi ridotte a 5 le coriste, credendo per assoluta ignoranza che le leggi eversive tenessero conto solamente delle coriste e non anche delle converse professe e temendo perciò di essere cacciate dal loro Monastero, domandarono ed ottennero dal Governo di poter vivere insieme nel loro Convento almeno per un altro anno. Fanno osservare poi che dopo ottenuto il detto permesso è morta qualche mese fa anche un'altra corista. In questo grave stato di palpiti esse mentre domandono perdono del male fatto, chiedono la facoltà di poter uscire dal Convento prima ancora del 4 dicembre venturo, in cui finisce l'anno di permesso. E lo domandano esse sia perché l'età loro avanzatissima ed i loro gravi acciacchi richiedono altri agi di vita, sia perché la meschina loro pensione non permette di invitare altre domestiche in loro aiuto nel Convento, specie perché esse per tirare innanzi finora hanno già dovuto, con permesso della S. Sede, vendere molti oggetti del Monastero non inventariati dal Governo.
Il permesso di uscita viene accordato il 1º giugno 1908. Eccone la trascrizione, tratta dal Registro dei Rescritti, vol. 1, parte I, n. 69.
Per le speciali facoltà a Noi delegate dalla S. Sede col presente Rescritto, perdonando in nome di Dio alle Religiose Carmelitane di Fasano le irregolarità commesse, permettiamo che escano dal Convento, dichiarando liberi e sciolti dal sacro legame di clausura esse ed il sacro recinto dal giorno dello sgombero. Concediamo loro che, uscite, si alloghino, anche separatamente, in case private e per quanto è possibile presso i propri parenti, restando soggette all'Ordinario di questa Diocesi, a norma dei Sacri Canoni e delle pontificie disposizioni. Vogliamo che vivendo in casa, conservino l'abito della loro Religione ed osservino coscienziosamente, per quanto possono, la ritiratezza, i voti professati e le prescrizioni delle Regole. Potrà ciascuna scegliere il proprio confessore tra i più provetti degli approvati per ambo i sessi, e da lui prendere nei bisogni ordinarii gli opportuni consigli e le dispense dagli obblighi particolari. Raccomandiamo loro la pietà e la edificazione, affinché si preparino degnamente al grande passaggio ed all'incontro col Celeste Sposo. Ordiniamo che il presente Nostro Decreto sia letto innanzi a tutte le Religiose, prima di ordinare l'uscita dal chiostro.
Monopoli, dalla Curia Vescovile
1º giugno 1908
Francesco Vescovo di Monopoli
Segue una nota del cancelliere can. Leonardo Masulli attestante che le “Donne Monache” lasciarono il Convento il 16 giugno 1908.
di Palmina Cannone
di Redazione
31/05/2015 alle 12:05:33
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