SUGLI ANTICHI SENTIERI DELLA SALUTE: VIAGGIO TRA LE PIANTE TERAPEUTICHE DELLA NONNA
Erba di casa mia
da Osservatorio n. 8 – agosto 2000
dasilico
Terra di storia e sortilegi, la nostra, ove il mare fluttua l'ansia dell'infinito e la campagna scandisce il tempo lento della vita. Terra in cui l'olezzo della natura vibra nel polìcromo paesaggio, stemperandosi nel mistero della calotta celeste. Terra di boschi, orti, giardini, balconcini fioriti e tratturi non ancora violentati dal cemento. Sitibonda e pur prodiga di piante officinali dalle mille virtù terapeutiche. Con esse si curavano i nostri vecchi, non avendo a disposizione la vasta gamma degli odierni farmaci. Conosciute da Egizi, Greci e Romani, le erbe della salute per secoli hanno guarito ogni sorta di malanno. Grazie ai monaci che nel medioevo le utilizzarono nella preparazione di impiastri, filtri, infusi, decotti, tinture e pomate, si rivelarono una “farmacia” vivente aperta a tutte le ore. Oggi nei convegni si discute sui nuovi orizzonti della medicina fitoterapica, rivalutandone l'efficacia. Smorzate l'ironia e la diffidenza verso i rimedi della nonna, si riesaminano le antiche ricette, scoprendone la preziosità per l'alto contenuto di vitamine, alcaloidi e sostanze benefiche. Immettiamoci anche noi sugli antichi sentieri della salute, ripercorrendone qualcuno prima che il ricordo si perda irrimediabilmente.
Curiamoci con l'aglio
Un tempo sempre presente negli orti fasanesi per soddisfare il fabbisogno della famiglia e “venerato” in cucina, l'aglio cela eccellenti proprietà curative. «Un infuso di due bulbi in acqua zuccherata o latte, preso a digiuno, è un ottimo vermifugo», suggerisce un canuto contadino silvano, dalla cui memoria attingiamo uno straordinario ricettario medico ecologico. Riducendo l'aglio in poltiglia jinde u murtäre d'ottàume (nel mortaio d'ottone) e unendolo alla sugna, si ottiene a pumäte d'u diàvule (la pomata del diavolo), da usare calda contro i reumatismi e le verruche. Sotto forma di cataplasma, pestato con olio d'oliva, cura i calli dei piedi, la scabbia e la tigna. Da solo elimina le infiammazioni causate da punture di insetti, api e vespe.
L'erba viperina: un'amica
Ci imbattiamo nell'erba denominata dal volgo ièrva pelàuse (erba pelosa), dallo stelo a coda di scorpione e dall'inflorescenza fogliosa. In realtà si tratta dell'erba viperina (Echium vulgare l.), che deve il suo nome agli stami glabri e rossi, simulanti la linguetta di una vipera, e al suo habitat naturale: i terreni aridi e sassosi, ove i rettili son di casa. «È prodigiosa contro punture di scorpioni, morsi di vipere, tosse bronchiale, mal di gola, irritazioni cutanee e infiammazioni boccali, e - aggiunge il nostro interlocutore - come diuretico, depurativo, diaforetico (favorisce la sudorazione) e... per sconfiggere la malinconia».
Pozione magica con il lauro
Sulla via del benessere chiomeggia il lauro, il celtico lauer sempreverde, che ci avvolge con la sua presenza rassicurante. La scorza grigia sul vetusto tronco, i rami fitti, flessibili, ammantati di foglie dal margine ondulato, il bel colore verde cupo e l'odore gradevolissimo irretiscono lo spirito. Ben noto in gastronomia, è una cassaforte dello star bene: foglie e bacche si rivelano diuretiche, sudorifere, stomachiche, stimolanti. L'omonimo olio, ottenuto dalle drupe macerate in quello extra vergine di oliva, «evidenzia efficacia nella guarigione di emorroidi, reumatismi, contusioni» consiglia il nostro espertissimo amico, svelandoci che la sua bisnonna preparava una pozione atta a stimolare la digestione. La ricetta è molto semplice: si lasciano in infusione 10 foglie di lauro in un litro d'acqua, per 24 ore; indi si filtra il tutto.
Le tre B della salute
«Non est vivere, sed valere vita est» (la vita non è vivere, ma vivere in buona salute), chiosa Marziale negli Epigrammi. Con questo pensiero proseguiamo l'iter salutis. Il riflesso verde del basilicum, il reale basilico, dall'odore intenso, abbaglia e stordisce. La pianticella, di origine orientale, conosciuta da Plinio e Orazio, rallegra la stagione estiva. Mettendo a “dormire” 10 grammi di foglie in un litro d'acqua si appronta un infuso che frena il vomito. L'essenza e l'olio di basilico guariscono la dispepsia e frenano la caduta dei capelli.
Con una certa meraviglia e incredulità apprendiamo che la “bella di notte”, pianta ornamentale dai fiori di colore giallo chiaro, rosso o viola, occulta tra le pieghe del suo manto impensabili proprietà terapeutiche. Previa essiccazione e cottura, le sue foglie - a dire di tanti anziani - sono formidabili nella cura di ferite e piaghe.
Il lumeggiare di un cespuglio di biancospino, poi, cattura la voglia solare del cuore. I fiori piccoli e bianchi, raccolti in corimbi sui rami spinosi, e i frutti, piccole drupe rosse che resistono a lungo dopo la caduta delle foglie, inneggiano all'amore. Le nonne, raccolti fiori e foglie in aprile, prima della completa fioritura, li facevano essiccare all'ombra sui cannicci. Sarebbero serviti, nella dose di un cucchiaino da caffè di fiori in 100 grammi di acqua, a realizzare un infuso per rinforzare il cuore.
Campanula, mirto e origano
La timida campanula, dal margine di un fosso, fa sentire la sua voce sottile. «Con un pizzico dei miei fiori in 100 grammi di acqua facilito la diuresi - sussurra -, e con le foglie ben schiacciate disinfiammo la bocca».
Fa macchia sulle crepe di un muretto a secco un bell'arbusto giovane di mirto (o mortella), dalla corteccia rossastra e non ancora screpolata. Una riserva di tannino con mirtolo, di cui sono gonfie anche le foglie. Un decotto di mirto, eseguito lasciando riposare 25 grammi di foglie e corteccia in un litro d'acqua per due giorni, è astringente. Anticamente lo si raccomandava pure nella cura delle forme catarrali delle vie respiratorie per le qualità toniche e balsamiche.
Altro inquilino delle strade di collina e dei boschi è l'origano, dall'aroma pungente. Con le sommità fiorite (15 grammi per ogni litro d'acqua) si elabora un infuso avente funzione antispasmodica e stimolante della digestione. «Necessitano tre tazzine al giorno per debellare le dispepsie da dilatazione gastrica», tiene a precisare una ottuagenaria nonnina, nostra conterranea.
L'ortica e la parietaria
Una pianta da cui tutti a torto rifuggono per la presenza dell'acido formico, fortemente irritativo, è l'ortica. Eppure il suo succo, introdotto con un po' di cotone nelle narici, arresta le emorragie nasali. Nei tempi andati l'infuso (grammi 40 in 1.400 grammi di acqua, da ridurre a 900 con l'ebollizione) era adoperato contro asma, gotta, dolori reumatici, renella, idropisia. Costituiva un rimedio sicuro per curare l'incontinenza infantile. Le balie sfarinavano una decina di grammi di semi di ortica, indi aggiungevano 50 grammi di farina di segale, acqua e miele. Amalgamavano bene il tutto e con l'impasto ricavavano frittelle che cuocevano al forno a legna. Il bambino incontinente ne mangiava una ogni sera, fino alla scomparsa del disturbo. Miracolosa, per arrestare la caduta dei capelli, la lozione di ortica, ottenuta bollendo 200 grammi di radici trinciate in un litro d'acqua e mezzo litro di aceto di vino bianco. Attenzione: va usata fredda; tiepida soltanto per lavare preziose stoffe di lana. Una seconda erba della quale diffidiamo perché scatena fastidiose riniti allergiche in soggetti predisposti è la parietaria, volgarmente denominata “fora-muro” o “spacca-pietre”. Inodore, dal sapore salato per l'alta percentuale di salnitro in essa presente, contiene nitrato di potassio, indispensabile per sanare cistiti, nefriti, coliche renali, bronchiti. Per l'infuso necessitano 10 grammi di pianta secca, raccolta durante la fioritura, e un litro di acqua bollente. Il sapore sgradevole si può correggere con zucchero e scorza di limone, arancia o mandarino.
Rosmarino, elisir di bellezza
Una brezza birichina scompiglia un cespuglio di rosmarino, il “medico” verde per eccellenza. Utile nelle febbri da tifo, negli stati di debolezza post-influenzale o stress, fa acquisire all'ammalato e al convalescente un nuovo vigore fisico e mentale. L'infuso (30 grammi in un litro d'acqua) serve nelle digestioni difficili e nell'emicrania. Nel meridione si è fatto largo uso, nel tempo, del vino di rosmarino, corroborante della vista nella misura di un cucchiaio prima dei pasti. Lo si ricavava lasciando macerare per circa 48 ore un mazzetto di rosmarino in un litro di vino bianco “particolare”. Per lenire i dolori reumatici è sufficiente aggiungere l'acqua di rosmarino a quella del bagno. La ricetta, tramandatasi oralmente di generazione in generazione, consiste nel lasciar bollire in 10 litri di acqua, per una ventina di minuti, dei rametti di rosmarino, salvia, citronella e petali di rose con un pugno di sale grosso. Si narra che la regina d'Ungheria, grazie all'uso costante dell'acqua di rosmarino, conservò la sua bellezza per tutta la vita, tanto da essere chiesta in sposa, all'età di settant'anni, dal giovane re di Polonia. Certo è che bagni, pediluvi, maniluvi, spruzzature, fumigazioni, attivano la circolazione a livello locale; stimolano la produzione di sudore con conseguente eliminazione delle tossine, disinfettano e disinfiammano.
Le virtù della malva
Nella panoramica delle risorse che le sostanze vegetali offrono per la cura e il benessere del corpo, non possono essere ignorate le innumerevoli virtù della malva. Già Orazio raccontava che i Romani la usavano nell'alimentazione quotidiana perché ne conoscevano le virtù terapeutiche. Amata e apprezzata dai nostri padri, essa continua a ingentilire viottoli e prati con la sua ininterrotta fioritura di un grazioso colore rosa-lilla da marzo a ottobre. Sia nei fiori che nelle foglie è presente un alto contenuto di tannino, glucosio e vitamine A, B e C in mucillagine, sostanza beneficamente attiva. Essa ha la proprietà di aderire a mo' di guanto alle mucose, placandone lo stato infiammatorio. Si spiega così la sua funzione emolliente nelle affezioni della bocca, delle vie respiratorie e degli occhi. A contatto con la cute ha un effetto analogo: la disinfiamma, la libera dalle impurità e la protegge dalle aggressioni degli agenti esterni, rendendola morbida e vellutata. I fiori, inoltre, sono pregni di un olio essenziale e di un glucoside, la malvina.
Questa breve e incompleta excursio nel pianeta della flora farmacologica ci ha fatto incontrare piante guaritrici da portare a casa, magari solo per inventare un angolo di giardino inedito da mostrare con orgoglio agli amici. Piante-specchio di ancestrali miti, paure e speranze, da rispettare e salvaguardare nella opaca giungla dell'attuale degrado.
di Palmina Cannone
Quel profumo di lavanda
Chi non ricorda con un velo di nostalgia la fragranza di lavanda che aleggiava sovrana nei cassetti di biancheria della nonna? Deliziosamente carezzevole, avviluppava le membra, inebriando l'olfatto. Nella Bibbia leggiamo che per profumare gli altari si ricorreva a rametti di lavanda con mirto. La denominazione della pianta deriva dal latino lavare: i nostri antenati la adoperavano per profumare l'acqua del bagno e del bucato. Molto in auge nel Rinascimento, fu gradita da Caterina dei Medici e Lucrezia Borgia, che ne fecero largo uso. La regina Elisabetta I d'Inghilterra, nella sua distilleria privata, creò pregevolissimi profumi alla lavanda. La pianta si presenta come un arbusto con foglie lanceolate e vellutate grigio-verdi, usate anche in cucina per insaporire arrosti, carne alla griglia e sughi. Deliziosi i fiori viola raggruppati in spighe, molto appetibili per le api, che producono un miele apprezzato dagli intenditori e ideale per affogarvi le “cartellate”.
Utile nella cura domestica delle piccole patologie, la lavanda ha potere battericida e antinfiammatorio. Rivela efficacia nelle affezioni infettive dell'apparato respiratorio, digerente (coliti, diarree, enteriti, vermi intestinali), urogenitale, della bocca (ascessi, afte, gengiviti), della pelle (piaghe, ferite, scottature, eritemi, foruncoli). Le proprietà della lavanda sono molteplici: corroborante, calmante, eccitante. Gli storici “sali” tanto usati dalle signore dell'Ottocento che, a causa dei busti troppo stretti imposti dalla moda, svenivano sovente, erano preparati versando sul carbonato di ammonio: alcool puro, ammoniaca, olio di cannella, garofano, bergamotto, rose e lavanda. La pianta è pure antivelenosa: infatti i cacciatori alpini usano l'omonima essenza quando i loro cani vengono morsi dalle vipere. L'infuso (macerare un cucchiaio da frutta di fiori in acqua bollente per 10 minuti, indi filtrare), nella misura di tre tazze al giorno durante i pasti, è calmante e lenisce infiammazioni bronchiali e asma. Chi soffre di acne può provare i benefici effetti della lozione ottenuta lasciando in infusione, per 10 giorni, 100 grammi di fiori in un litro di aceto bianco. Si filtra e si aggiunge un cucchiaio di lozione nell'acqua di detersione quotidiana.
di Redazione
22/04/2015 alle 17:32:59
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