DUE SUGGESTIVI “SEPOLCRI” AL ROSARIO E ALLA MADONNA DELLE GRAZIE
L’amore che nasce dal dolore
da Osservatorio n. 4 - aprile 2007
altare della reposizione nella chiesetta della Madonna delle Grazie
Un gigantesco ventaglio di anthurium bianchi, virtualmente svettante verso l'infinità del cielo, ha accolto quest'anno i numerosi fedeli che, come sempre, la sera del Giovedì Santo e il Venerdì Santo hanno visitato il “sepolcro” della Chiesa del Rosario.
L'omonima Confraternita, nota non solo ai fasanesi ma anche ai forestieri per le particolari scenografie con cui allestisce il proprio “sepolcro”, ha proposto stavolta alla comunità, come elemento centrale della rappresentazione, un raffinatissimo calice fiorito, realizzato con garofani bianchi spruzzati d'oro. Sul calice, l'ostia eucaristica da cui si dipanavano i raggi che, attraverso il suddetto ventaglio, irradiavano l'intera umanità, a significare che: «Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo». Impreziosivano il quadro i simulacri di Gesù nell'orto degli ulivi e dell'Addolorata, in mezzo a tante ciotoline di fili di grano, giallini e fragili, fatti germogliare al buio nei giorni della Quaresima, a memoria di riti e penitenze lontane. A rendere le piantine più suggestive, la credenza popolare di un loro potere “miracoloso” contro il maltempo.
Osservando il “sepolcro”, riaffiorava alla mente il Vangelo di Giovanni, ove la vita costituisce il valore centrale: Gesù portatore e nel contempo garante di una vita “eterna” che Dio comunica ai suoi figli e che avrà la sua ultima consumazione al di là di questo mondo. L'evangelista ci presenta, infatti, Cristo come «il pane della vita» (Gv 6, 35-48), «la luce della vita» (Gv 8, 12), «la risurrezione e la vita» (Gv 11, 25). Il Signore, donando se stesso fino alla morte, ama la vita e la desidera per tutta l'umanità, anche e soprattutto per gli emarginati, gli infelici, i sofferenti, i diseredati. Offrendo la sua vita rende agli uomini un servizio supremo di amore.
Questa “vita crocifissa”, per dirla con don Pascual Chàvez, Rettore Maggiore dei Salesiani, è la rivelazione dell'amore divino, lontana anni luce dalla visione scandalosa e stolta, proiettata dai modelli della società del terzo millennio, tesi molto spesso verso l'egoismo, la mancanza di solidarietà, l'indifferenza, l'ingiustizia, il potere, il benessere a tutti i costi. Questa “vita crocifissa” assume per i credenti la rivelazione dell'amore di Dio per l'uomo: è essa stessa il “Vangelo della vita”, culminante nella resurrezione.
Questo il messaggio forte e chiaro che la Confraternita Maria SS.ma del Rosario ha voluto sottolineare anche con il secondo “sepolcro”, allestito dal medesimo sodalizio nell'antichissima cappella di Santa Maria dell'Arco, detta ora Madonna della Grazia o delle Grazie. Qui il Nazareno è stato rappresentato idealmente abbracciato da un semicerchio di candide violacciocche. Le parole di don Tonino Bello: «E le stigmate, lasciate dai chiodi nelle nostre mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d'ora le luci di un mondo nuovo», invitavano i visitatori alla riflessione e al raccoglimento.
«La fede pasquale spinge il credente a lottare contro la morte, credendo nel Dio risuscitatore che vuole l'uomo partecipe alla sua stessa vita divina» ha sottolineato il direttore spirituale don Carmelo Carparelli, soddisfatto per la marea di visitatori, unitamente al presidente e agli amministratori della Confraternita del Rosario, nonché all'artefice indiscussa e inimitabile dell'ideazione, progettazione e sviluppo coreografico, Luisa Guida, coadiuvata da validi ed efficienti collaboratori. Molto lusinghieri i riscontri dei devoti, che hanno sostato in silenziosa preghiera dinanzi a entrambi i “sepolcri d'autore”.
di Palmina Cannone
di Redazione
29/03/2015 alle 08:31:32
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