FASANO SELVA
Tre stirpi rombanti: Pezzolla, Guarini, Sabatelli
Il 9 e 10 giugno si accenderanno i motori per la 55^edizione della Fasano Selva. Presentiamo un articolo tratto da Osservatorio n°5 del 2006
“Pasqualone” Guarini, carrozziere e pilota di lungo corso, padre di Francesco e Quirico, anch’essi conduttori di auto da corsa.
Tre stirpi rombanti: Pezzolla, Guarini, Sabatelli
(da Osservatorio n. 5, 2006)
La parola magica di un evento che dura da sessant'anni? Tradizione. Già il termine stesso ha in sé il concetto di un qualcosa che si ripete nel tempo, qualcosa di duraturo e persistente, quasi intimo. Considerato da un'altra angolazione, “tradizionale” può far rima con “popolare” o, ancor meglio, “familiare”. Osservatorio ha pensato di entrare nella parola, ripercorrendo i fili delle passate edizioni per collegarsi al presente. Traits d'union fra i diversi momenti della corsa non possono che essere le famiglie dei piloti, dei meccanici e dei costruttori, che nel salto generazionale hanno mantenuto intatto il proprio rapporto col massimo evento motoristico cittadino. Pezzolla, Sabatelli, Guarini: il passato glorioso, il presente luccicante, il futuro roseo... Tre famiglie, per così dire, “da corsa”, tre distinti modi di vivere la Fasano-Selva tra esperienza, tecnica e colore, per una passione che nasce con i capostipiti e si mantiene intatta tramite i loro figli e i loro nipoti.
I PEZZOLLA
Probabilmente la famiglia più vincente nella storia dei motori fasanesi, i Pezzolla sono da sempre sinonimo di preparazione, talento, velocità, signorilità. Dalle trentuno edizioni disputate da Oronzo, al prestigio dei motori di Mimì, fino ad arrivare al talento del più giovane Vincenzo, il loro minimo comune denominatore è solo uno: la ricerca della perfezione tecnica al fine della vittoria.
Mimì
Entri nella sua officina e rimani stupito. Mimì Pezzolla è un nome sacro nelle corse, eppure il suo tempio è al passo con i tempi. Ci accoglie con la solita, timida gentilezza e con una disponibilità per certi versi imbarazzante. «Preparo auto per la Fasano-Selva dal lontano 1968 – esordisce Mimì –. La passione è nata grazie alla buonanima di mio zio Giovanni (padre di Oronzo, ndr), ma posso tranquillamente dire che sono preparatore già dalla culla: da piccolissimo, infatti, mi divertivo a modificare di tutto».
Cosa significa fare il preparatore?
«Mi piace dimostrare ciò che faccio e quanto valgo. Non si finisce mai di imparare e soprattutto in questo mestiere devi sempre aggiornarti se vuoi rimanere al passo con i tempi e se vuoi continuare a vincere».
Chi è stato il pilota che ti ha fatto più penare?
«Senza dubbio mio cugino Oronzo. Lui è peggio di me: è un bravo meccanico e per questo motivo ci tiene tantissimo alla perfezione delle auto su cui gareggia. Alla guida è preciso e veloce, ma lo è ancor di più nella messa a punto»
Chi è il miglior pilota?
«Sempre mio cugino Oronzo. Lui è stato ed è il miglior pilota che abbia guidato una mia auto. Però devo dire che anche mio figlio inizia a darmi grandi emozioni. Ha esordito con i prototipi e quest'anno corre con un'auto tutta nostra, una 126 con motore raffreddato a liquido che sviluppa tra gli 85 e i 90 cavalli di potenza».
Chi è il tuo più acerrimo rivale?
«È una rivalità sana, genuina: noi preparatori ci conosciamo tutti e non di rado ci scambiamo anche consigli. Se proprio devo fare un nome è quello di Giacomo Sabatelli: da sempre cerchiamo di arrivare uno davanti all'altro...».
L'auto più sensazionale che hai preparato?
«La mia vittoria personale è stata una 126 turbo, un'auto che nelle prime corse tendeva a rompersi e che alla fine son riuscito a far diventare vincente».
Fasano-Selva: solo passione o anche ritorno economico?
«Sicuramente c'è anche un indubbio ritorno a livello lavorativo. Più corse si vincono, più cresce la fama di preparatore, più aumenta il prestigio dell'officina. Infatti aumentano sempre più le richieste di nostri motori e nostri componenti».
Vincenzo
Ventitré anni, figlio di Mimì. Volto pulito, sicurezza disarmante, tanta professionalità e voglia di dimostrare il proprio valore, che, stando alle parole dei più esperti, ricalca il prestigio di famiglia. Quanto pesa nella sua passione il cognome che porta? «Tantissimo – chiarisce Vincenzo –. Sono un tipo che adora la competizione, quindi se mio padre o suo cugino (Oronzo, ndr) hanno fatto qualcosa di buono in questi anni, io voglio fare ancora di più, nel solco della tradizione di famiglia».
Cos'hai provato al debutto?
«Non è una sensazione facile da descrivere. Correre per la prima volta la Fasano-Selva non è cosa da poco: è la gara dei fasanesi, e c'è il serio rischio di esagerare e fare cattive figure. Ci sono gli amici, i parenti, tutti gli occhi sono puntati su di te: subentra il lato squisitamente emotivo, che è difficile da controllare».
Cosa vuoi fare da grande?
«Innanzi tutto portare a termine gli studi universitari. Il sogno nel cassetto è fare il pilota professionista in una categoria veloce, magari un Dtm. L'obiettivo, però, è quello di avere una buona officina per lavorare al meglio, aggiornandosi e rimanendo al passo coi tempi, sulle orme di mio padre, che rimane sempre l'esempio da seguire».
Oronzo
Dulcis in fundo! Miglior pilota fasanese della storia, a detta di molti, Oronzo Pezzolla ha partecipato per la 31ª volta alla Fasano-Selva. «La più grande emozione la provai senza dubbio al debutto – afferma –. Per un fasanese è una sensazione stranissima correre sul percorso di casa: abituati al traffico giornaliero, si ha quasi difficoltà a tagliare le curve poiché pensi che possa arrivare qualcuno dalla direzione opposta».
Dopo trent'anni si prova ancora emozione?
«Ora mi emoziono quando vado a Laureto: sono più le volte che ho corso la Fasano-Selva di quelle in cui mi sono recato alla mia residenza estiva... Tornando al discorso di prima, ora mi viene più facile tagliare le curve che tenere la destra...».
Quanto ha contato tuo padre nella tua carriera?
«È stato il mio ispiratore, ma anche il mio limite e il mio “dosatore”. Intelligentemente aveva compreso il fascino ma anche la pericolosità di questo mondo e non mi ha mai permesso di esprimermi al massimo. Ha fatto bene: tanti miei colleghi e amici che avevano l'appoggio totale dei genitori si sono bruciati sia professionalmente che economicamente. Forte del suo insegnamento, cerco di inculcare la stessa sua misura ai miei figli, che se vogliono continuare a correre mi devono prima dimostrare di essere i numeri uno a scuola e nella vita. Invece oggi ci sono troppi genitori che credono di avere un fenomeno in casa e sperperano inutilmente autentici patrimoni in cambio della pura illusione».
Qual è l'auto che ti ha dato più soddisfazione?
«La prima, una Fiat 500, e la Skoda che mi ha permesso di vivere la Fasano-Selva da un'altra visuale, quella del pilota ufficiale con tanto di staff tecnico al seguito: una occasione che penso di aver meritato».
Tu sei anche un buon meccanico: quanto conta questo aspetto nelle corse?
«Tanto, perché mi ha permesso di vincere molte più gare. La conoscenza tecnica dei motori ti permette di essere maggiormente avveduto in determinati momenti, il che significa regolarità. Nella mia carriera non ho mai distrutto nessuna auto: solo due uscite di pista, ma a causa di “toccatine” e non di veri e propri incidenti».
I GUARINI
In principio fu “Pasqualone”, primo pilota fasanese per numero di corse disputate (oltre 300). Ora il suo mito si nutre di nuova linfa con i figli Francesco e Quirico, quest'ultimo ribattezzato “Pasqualone Junior”. Tra colore e folklore gli aneddoti di una “vita da corsa”, perché i “Pasqualone” sono lo spirito genuino della Fasano-Selva.
Pasquale
Lo vedi per la prima volta e comprendi subito il motivo del nomignolo: Pasquale Guarini detto “Pasqualone” è un omaccione di 58 anni e rappresenta l'ethos per antonomasia della Fasano-Selva. Come nasce il suo accrescitivo? «Alcuni amici mi fecero uno scherzo e mi scrissero “Pasqualone” sul parabrezza – spiega Pasquale –. Da allora quel nome mi ha sempre accompagnato e tuttora è passato sulle spalle di mio figlio Quirico, che per tutti è “Pasqualone Junior”. Devo dire che il soprannome mi ha portato fortuna».
Ricordi qualche episodio simpatico legato alla Fasano- Selva?
«Ce ne sono a bizzeffe. Una volta alla Vernesina mi si aprì lo sportello dell'auto, ma il massimo della comicità l'ho raggiunto quando andai a sbattere con la Fiat 700 proprio sotto casa mia (la famiglia Guarini ha una casa nei pressi del Canale di Pirro, ndr): scesi dalla macchina e gridai a mia madre “Méine a paste!”. Ricordo che la gente rideva a crepapelle. Anche quando emigravo in altre località non perdevo mai la mia verve comica. In passato non è che si potessero spendere grosse cifre: dormivo in macchina lungo il percorso e mi portavo da casa il cibo necessario. A volte capitava che andavo a sbattere e per mangiare ero costretto ad aspettare la riapertura del tracciato: se avevo fame come dovevo fare? Allora presi l'abitudine di portarmi una teglia di cannelloni a fianco. Una volta fui addirittura costretto a metter tavola: 40 cannelloni sbranati in poco tempo da me, Franco “Sissinello” e Franco u Fiusche... Esperienza indimenticabile».
Quale è stata la maggiore soddisfazione?
«Quella che ancora deve arrivare: una volta la voglio vincere, 'sta benedetta corsa. Ho sfiorato la vittoria in diverse edizioni. Una volta avevo il miglior tempo e andai a sbattere in una delle ultime curve: arrivai al traguardo di culo, letteralmente di culo... e purtroppo persi. Ma mi rifarò».
Chi è stato il tuo più grande rivale?
«Tutti sanno che il mio unico vero rivale-amico è Giacomino Sabatelli. Però a Fasano ha vinto sempre lui: è più freddo, è una lince. Io, invece, sono il tipo che si riscalda facilmente e non di rado rischia di fare qualche fesseria (eufemismo, ndr). In più, sono pure perseguitato dalla sfortuna, come quella volta che avevo il miglior tempo e fui costretto ad arrendermi perché mi trovai davanti mio figlio Francesco che aveva dei problemi tecnici e mi fece perdere tempo. Peccato».
Francesco
Il 25enne Francesco è il maggiore dei “Pasqualone Boys” e non può non risentire della passione del padre: «Sono cresciuto a pane e corsa – dice –: adoro condividere quest'hobby con gente che la pensa come me».
Che rapporto hai con tuo fratello Quirico?
«Siamo in perfetta simbiosi. Lavoriamo a stretto contatto sulle nostre auto da corsa. In tale maniera aumenta la nostra coesione: lui s'impegna per me ed io m'impegno per lui».
Hai tifosi al seguito?
«Sì, sono tutti coloro che mi danno una mano per preparare l'auto. Arrivano in officina nel tardo pomeriggio e rimaniamo fino ad oltre mezzanotte per perfezionare la meccanica. Per noi è così: non vogliamo spendere tantissimo, anche perché preferiamo correre dopo aver fatto mille sacrifici».
Qual è la parte del percorso che più ti si addice?
«Mi piacciono molto il punto vicino a Cesaretta e la mitica Juppa, mentre la parte che mi piace meno è l'ultimo chilometro... Mi fermo sempre prima!».
Quirico
Ventitré anni, ma già un colosso, Quirico Guarini è conosciuto come “Pasqualone Junior”. Di lui si dice già un gran bene. Ma gli pesa il nome d'arte? «No, per me è un onore».
Preferisci un punto particolare del percorso?
«Ne adoro ogni singolo metro, ogni singola curva...».
Cosa significa per te correre la Fasano-Selva?
«Vuol dire fare sacrifici un anno intero per preparare l'auto all'appuntamento sacro!».
Com'è il rapporto con gli altri uomini della famiglia?
«Sono il più piccolo e credo di essere fortunato ad avere i consigli di mio fratello e mio padre: il nostro rapporto è ottimo».
L'allievo supererà il maestro?
«A vedersi. Sono molto scaramantico: porta male fare pronostici anche perché un altro detto recita che i morti si contano solo dopo la guerra... Non si vince a parole, ma coi fatti».
Il mattacchione, il romantico, lo scaramantico: non c'è che dire, i “Pasqualone” sono proprio una “famiglia da corsa”.
I SABATELLI
La famiglia di Giacomino Sabatelli è un'altra “stirpe rombante” fasanese. Per bravura, esperienza e simpatia si colloca di diritto tra le figure storiche della corsa di casa nostra. Vincenzo lavora con il padre, mentre Silvestro si è “messo in proprio” ed ha alle spalle già una discreta esperienza.
Giacomo
La sua officina è un pezzo di storia della Fasano-Selva: foto in bianco e nero, componenti di motori sparsi qua e là... Al centro c'è lui, Giacomino, con l'immancabile sigaretta tra le dita. Sguardo vispo e furbo, parlantina veloce, comicità innata, Giacomino è il classico mago del motore. «Ma sono anche un piccolo costruttore – tiene a precisare –. Solo io e Mimì (Pezzolla, ndr) siamo in grado di costruire questi piccoli gioielli. Le minicar ci danno grandissime soddisfazioni perché riusciamo a esprimere il nostro talento».
Quando è cominciata la tua avventura con le corse e con i motori?
«All'età di 6 anni, addirittura prima di andare a scuola. Poi, quando ho iniziato a frequentare la scuola elementare “Collodi”, mi ricordo che all'uscita mi fermavo sempre ad ammirare la splendida moto da corsa di Mimì Pizzaridde. Volevo fare il meccanico di motociclette, ma poi le auto sono diventate la mia vera passione».
Chissà quanti aneddoti simpatici potresti raccontare...
«Una marea, ma il più comico è legato ad un mio vecchio corridore-amico. Erano i giorni immediatamente precedenti alla corsa e avevamo fretta di terminare il nostro lavoro. Il suo motore era fermo (senza testata) sul banchetto e io stavo girando a mano la chiave davanti alla puleggia del volano. Lui non capiva e mi chiedeva cosa stessi facendo, così gli risposi, scherzando, che stavo facendo il rodaggio. “Fallo fare a me” disse lui, e si mise a girare la chiave al posto mio per una mezz'oretta, ignaro di cosa stesse realmente combinando. Gli ricordai di non riscaldarlo troppo e, visto che tra i due pistoni c'era la lampadina a mano che s'era riscaldata appena appena, a un certo punto gli gridai: “Uè Pe', mo' lo fai ingrippare 'sto motore”, e scoppiammo a ridere tutti e due. Cosa poteva riscaldare una piccola lampadina? Il pilota in questione era Beppe Cosolo, che di motori non capiva nulla, ma quando saliva in auto volava».
Altri piloti che ti hanno dato grandi gioie?
«Oltre a Cosolo, non posso non ricordare Pinuccio Colabello, il mio ex operaio Piero Napolitano e Oronzo Pezzolla, che a mio avviso è sempre il migliore in assoluto».
Chi è il più spettacolare?
«Oronzo, sempre lui! Però mi fa piacere ricordare che le uniche auto che lo hanno messo in difficoltà come avversarie erano e sono quelle preparate da me».
Cos'è per te la Fasano-Selva?
«Per i forestieri è un simbolo, figuriamoci per un fasanese che la vive da quarant'anni. La Fasano-Selva è la “Montecarlo” delle cronoscalate: i piloti che vengono da fuori ci tengono tantissimo a fare bella figura con quelli del posto».
Silvestro
Cresciuto sotto l'ala protettiva di papà Giacomo, Silvestro si è “messo in proprio” da circa tre anni, ma con 33 primavere alle spalle è già un grande esperto della Fasano-Selva. Com'è stato il suo approccio alla corsa? «Sono uno dei pochi che non ha mai voluto correre – confessa Silvestro –. Ho sempre adorato fare il meccanico. Le minicar, ad esempio, sono spettacolari, perché rappresentano il massimo della preparazione e perché per farle volare ci vuole davvero tantissimo tempo, esperienza, bravura e dedizione. Chi sa preparare le minicar può lavorare su qualsiasi altro mezzo».
Com'è il rapporto dei piloti fasanesi con la loro corsa?
«Quasi morboso. I fasanesi vanno bene su qualsiasi percorso, ma per noi la Fasano-Selva è un autentico banco di prova, perché la voglia di dimostrare il proprio valore porta a strafare. Questo discorso vale sia per i piloti che per i meccanici. Personalmente sto facendo esperienza e sto ancora seminando: dall'anno prossimo spero di raccogliere anch'io i frutti di tanti lavori e sacrifici».
Qual è la tua specialità?
«Ora mi occupo della preparazione totale delle auto: faccio tutto da solo, così non devo dividere né i meriti né le colpe con nessuno».
Vincenzo
Il più piccolo dei figli di Giacomo Sabatelli, Vincenzo, di ventisei anni, fa ben sperare anche lui come pilota di minicar. Chi sono i suoi più agguerriti avversari? «In casa, nella stessa mia officina – afferma Vincenzo –: Piero Napolitano è un esempio da imitare, anche perché ha vinto il campionato italiano. Fuori dalla macchina, però, siamo grandi amici e mi aiuta molto a migliorare».
Cosa vedi nel tuo futuro?
«L'officina, e un ruolo che mi permetta di rimanere nel mondo delle corse».
Che aria si respira nei giorni precedenti alla corsa?
«È un'atmosfera strana, quasi da festa patronale: è bellissimo e indescrivibile. Quando va male tendi a maledirla, ma non aspetti altro che di poterti rifare nell'edizione seguente, pensandoci per un intero anno».
Qual è il punto che più ti piace e quello che più temi del percorso fasanese?
«Dalla curva della Vernesina in poi... nel bene e nel male. Se vai forte lì, il pezzo di sotto è come se non contasse nulla».
di Redazione
06/06/2012 alle 18:17:25
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