OBIETTIVO SU...
C’era una volta la Selva di Fasano ... Il parere dei giovani sulla situazione della località
da Osservatorio n. 7 – luglio 1987
Selva di Fasano anni '30
Il motto inciso sulla facciata di una villa alla Selva di Fasano ammonisce il viandante: «Se qualcuno ti chiede dove si vive beatamente, sappi: o qui o in nessun luogo».
Sembrerebbe di essere sulle porte del Paradiso Terrestre, invece siamo “solo” alla Selva di Fasano! Per comprendere cosa ha spinto l'ignoto autore di questa frase, bisogna per forza di cose, aver scoperto tutta la magia della Selva: i tramonti, il panorama, la maestosità del verde, la freschezza delle correnti d'aria. Chi, infatti, può non rimanere ammaliato dall'incanto di un tramonto settembrino, quando il sole sembra adagiarsi sulla collina di Torre Moscia? Chi può trattenere il braccio che quasi d'istinto è proteso nel tentativo di toccare con mano le cime dei trulli disseminati nel verde fra Locorotondo ed Alberobello? E può essere solo un miraggio, alle prime luci dell'alba di alcune limpide giornate di luglio, quando affacciati sulle terrazze prospicienti il “Miramonti” si ha l'impressione di vedere le coste dell'Albania, o è realtà? È difficile poi descrivere le sensazioni che si provano, passeggiando, in una tarda serata di settembre, per Viale Toledo ben illuminato! Questo è il fascino della Selva, questa è la sua magia ammaliante, che resiste agli anni, intatta e minimamente scalfita.
Eppure, ne ha subito di trasformazioni questa collina!
Ultimo baluardo della Murgia Barese, che finisce all'Istmo Messapico, la Selva di Fasano, sotto l'aspetto ambientale ha perso quasi per intero la sua tipica flora mediterranea fatta di grandi distese di lecci (l'ultimo angolo ancora intatto sembra essere rimasto quello intorno alla Vernisina), cedendo il passo, via via alle esigenze dell'uomo.
La prima vera trasformazione iniziò con il tentativo dei nostri avi
di rendere produttivo da un punto di vista agricolo, quest'angolo di paradiso, realizzando sulla collina, con dei muretti a secco, le cosiddette terrazze che divennero coltivabili: migliaia di cesti pieni di terra furono trasportati, sulle spalle degli uomini, dalla valle. L'arrivo della società del benessere, portò nuove trasformazioni: la “casina” con il frutteto, fu soppiantata dalla “ villa” con i pini, gli abeti, i cedri e i tigli. La collina fu quasi presa d'assalto, con interventi intensivi e la costruzione di piccoli appartamenti condominiali.
Cosi, la vecchia “casina” che aveva il solo frullo in pietra, il resto era un insieme di “colore” di grande gusto, è stata soppiantata da tante cattedrali di pietra, con facciate alte fino ad otto metri. L'abbondante uso di materiale improprio ha deteriorato ulteriormente il paesaggio: un esempio evidente lo rappresenta l'uso delle tegole rosse, espressamente vietato dal regolamento edilizio del 1938 che contemporaneamente intendeva salvaguardare l'aspetto paesaggistico del territorio ed il lavoro dei “pescaroule”.
Sotto l'aspetto turistico, il principio ispiratore del cultore della Selva, lo si può racchiudere in una trilogia: “riposo, relax, divertimento” che ha sempre resistito, nonostante l'evolversi dei suoi frequentatori.
I primi “villeggianti” silvani furono i notabili del paese, che d'estate ‘‘folleggiavano” per la Selva. Uno dei ritrovi più abituali era il “Minareto” di don Damaso Bianco. Intere comitive, ballando e cantando nelle sere d'estate si trasferivano da una villa all'altra.
Ospiti eccellenti di queste “baldorie” erano i “galantuomini” baresi, che cosi cominciarono ad essere sempre più i frequentatori
della collina fasanese. A poco a poco, con l'evolversi della società,
i galantuomini ed i notabili lasciarono il posto ai “perveneau” che
fissarono alla Selva la loro fissa dimora nelle serate mondane. Tutto questo fino al '68, anno in cui la contestazione giovanile segnò la fine di un'epoca e di un certo tipo di mondanità: così, il sax di Fausto Papetti lasciò il posto alle nuove mode giovanili.
Ora, da un po' di tempo, Fasano incomincia a pensare al turismo
in maniera diversa: la Selva, non è più intesa solo come momento
di “villeggiatura”, ma rappresenta per Fasano ed i suoi abitanti la
vera risorsa di ricchezza economica.
La Selva, nelle sue offerte turistiche sul mercato internazionale, è all'avanguardia ed ha un grande vantaggio rispetto ad altre località
che vanno per la maggiore: può proporre un abbinamento fantastico: il “soggiorno mare-collina”. La vacanza quindi viene proposta abbinando una mattinata trascorsa al mare, su una costa ancora incontaminata, con un mare verde smeraldo, ed un magnifico riposo pomeridiano nella quiete e nel verde silvano.
E su questa risorsa, molti capaci operatori stanno giocando tutte le
loro carte: è il caso del presidente della società Itala, Vito Muoio, che ha trasformato il suo albergo, la Sierra Silvana, in una vera oasi.
I risultati sono evidenti: da qualche anno le richieste di posti letto
superano l'offerta. Ed a sentire gli operatori turistici, se la Selva
avesse mille posti letto, non si avrebbe difficoltà a venderli tutti.
Attualmente infatti, gli appena trecento sono del tutto insufficienti.
Negli ultimi anni, pur restando sempre forte il richiamo della SeLva purtroppo, il capitolo “divertimento” è andato sempre più scemando.
Che cosa allora può far ritornare a vivere la ‘‘favola” della Selva? L'idea del compianto Aquilino Giannaccari, un luminare in fatto di intuizioni turistiche, per anni direttore dell'Azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo di Fasano, era quella di dare alla Selva le vesti di una piccola Montecarlo, o di proporre le attrattive delle Dolomiti di Ortizei.
Oggi queste necessità si ripropongono in maniera drammatica:
Selva conserva tutto il suo fascino ambientale, è popolata da migliaia di persone, sarebbe un suicidio lasciare gli abitanti rintanati nelle proprie ville o nei propri alberghi. Urgono seri interventi di programmazione perché questa massa esca dal proprio guscio e ritorni a far rivivere i fasti antichi alla Selva.
Lo stato di abbandono della Casina Municipale è sintomo di evidente decadenza, l'inagibilità del Palazzo dei Congressi, non porta ulteriore impulso e nuova linfa agli alberghi, che con l'utilizzo di questa struttura potrebbero allungare la “stagione turistica” di molti mesi l'anno. Ma sono tanti gli interventi da programmare, se si vuole portare la Selva ad essere una delle capitali del turismo pugliese: la mancanza di un centro commerciale va colmata al più presto, sono necessari urgenti interventi per creare delle strutture sportive capaci di “accontentare” la sempre crescente richiesta giovanile. Ipotizzare campetti di calcio, un maneggio, un campo di boowling, una piscina coperta, sono elementi indispensabili per far compiere alla Selva il salto di qualità nell'offerta turistica. Ma soprattutto è necessario ricreare le premesse perché il villeggiante, il turista, la sera possa uscire, andare a ballare, o programmare una serata alternativa con uno spettacolo culturalmente valido.
Nuovi impulsi potrebbero anche venire dal restaurato Minareto, di proprietà della Regione: fra le varie ipotesi, non dispiacerebbe quella di adibire la struttura ad ostello della gioventù, magari predisposto ad accogliere come in un “college”, studenti stranieri.
Un fatto comunque è certo: gli innamorati che ancora affollano la Selva, a dispetto di quanti “piantando” pietre e cemento rischiano di distruggerla, continuano a baciarsi all'ombra dei lecci e ad accarezzarsi alla fioca luce dei vecchi lampioni.
di Michele Iacovazzi
di Redazione
22/12/2014 alle 15:57:19
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